Doppia vita?

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Entro in stanza, mi chiudo a chiave e mi accendo una sigaretta, un'altra.
Quella sigaretta che piano piano si consuma, mi rappresenta.
Mamma non arriva, e penso che tornerà tardi, intanto mi immergo nei miei pensieri.

Non mi è mai piaciuto fumare, ne bere, ne fare cose tanto trasgressive per ottenere un po di notorietà.
Perché lo faccio? Boh, forse non lo so nemmeno io.
Forse per avvicinarmi alla morte, perché quella sigaretta dimostra la fine.
E smettiamola di credere a tiziano ferro, nesli, alle canzoni, ai cantanti, ai sogni.
"Arriverà la fine, ma non sarà la fine", "siamo fatti per amare",
Non sono altro che frasi, parole buttate li, messe a caso.
Viviamo in un mondo che esiste nell'inesistenza.
Non esiste la vita, quella vera, quella che vale la pena di essere vissuta.
Non esistono i sogni, gli obbiettivi.
Non esiste l'amore, tantomeno l'amicizia.
Smettiamola di prenderci per culo, smettiamola di rassicurarci.
Io, almeno io, sono stanca.
Stanca di andare avanti, di amare a vuoto.
Sono questi pensieri che girano nella mia testa, ormai da due anni, solo che peggiorano, aumentano, mi mangiano viva.
La vita non è come le fiabe.
Non esiste il "lieto fine", il "vissero felici e contenti".
Qui vincono i cattivi, gli stronzi.
Ed è per questo che dobbiamo far parte di quella categoria.
Perché qui, in questa vita, i buoni restano fottuti.

Il tempo di finire la sigaretta e sento mamma rientrare.
-Alice, scendi immediatamente!-Sento urlare, sembra ed è incazzata.
Il cuore mi batte all'impazzata.

-dimmi- balbetto. Se avevo qualcosa da nascondere fino a un secondo fa, grazie a questa mia espressione da demente e finta bugiarda, l'ha già capita.

-guarda cosa ho trovato? Le scarpe che tanto volevi in quel negozio a Roma, ora le vende anche quel negozio sul lungomare- dopo queste parole, recupero cent'anni di vita, le sorrido, prendo le scarpe nuove, e salgo in camera.

C'è qualcosa sotto, qualcosa che non riesco a spiegarmi, qualcosa che aumenta il mio dubbio quando sento sbattere la porta.
Mamma se ne è andata di nuovo.
Faccio per seguirla, ma trovo un biglietto da visita vicino la credenza.

"Alessio Montepulcino.
Medico chirurgo, specialista in ginecologia"

Decido di prendermelo, e salgo in camera.
Prendo una lavagna e inizio a scrivere indirizzi, numeri, nomi, attaccare tutto ciò che collegava quell'uomo e mia mamma, dare una spiegazione a tutti i miei dubbi.

Ho sempre odiato i dubbi.
Eppure la mia vita ne è piena.

Riscendo, continuo a cercare, ancora e ancora.
Ma nulla.
Un cognome, una faccia, una spiegazione.
Chiamo mamma, ma sento il telefono che squilla a casa.
Continuo a chiamare finché non lo trovo sotto al divano.

Ma questo non è il suo telefono.
Dopo averlo collegato al computer, trasferisco sia sul Mac che sul tablet tutti i dati, messaggi, foto, contatti, in modo da analizzarli con più tempo.

Scorro le immagini, ma vedo perennemente gatti, fiori e il cielo.
Un cielo che cambia colore, tante sfumature di azzurro, blu, bianco, rosa, arancione, giallo.
Strano come lo stesso soggetto possa cambiare colore, o forma.
Mi soffermo sempre a pensare, é sempre stato un mio difetto. Da un argomento la mia mente passa automaticamente ad un altro.
Continuo a scorrerle, finché la prima foto è di un uomo, in camice, forse quel chirurgo.
La stampo e l'attacco subito insieme agli altri indizi.
Mia mamma mi nasconde qualcosa, e quel qualcosa mi spaventa.

Mentre cerco di analizzare il tutto, quel maledettissimo sonno prende il sopravvento e mi costringe a nascondere quella dannata lavagna e andare a dormire.
La butto sotto al materasso e mi stendo sul letto.
Sono le 11.37 PM e mamma sta ancora in giro.
È l'ultima frase che riesco a pensare, gli occhi si chiudono e il corpo si abbandona.

Disastro "me"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora