𝐍𝐎𝐕𝐄

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𝐈n settimana Cloe passò un sacco di ore in sala a provare diverse coreografie che però non poté ballare in puntata: la diciottesima, infatti, non venne registrata causa positività di alcuni professionisti, e perciò tutti ebbero più tempo per dedicarsi alle coreografie o brani da cantare e alle assegnazioni degli altri insegnanti.
Quel giorno in particolare si tenne la prima gara di tecnica classica richiesta dalla Celentano per compensare le gare di improvvisazione andate, a suo parere, tutte a svantaggio di Carola.

Cloe era parecchio giù, certa che quelle gare non avrebbero fatto altro se non peggiorare la sua situazione, rendendola a rischio eliminazione nella classifica complessiva e facendo abbassare di parecchio la poca stima che la Celentano aveva di lei.
Eseguì quanto era nelle sue capacità per cercare di non fare una figura oscena, ma sapeva che non avendo mai fatto danza classica il risultato non poteva che essere largamente insufficiente.

Rientrati in casetta e sedutisi sulle gradinate i cinque ballerini coinvolti ipotizzarono la classifica che venne poi mostrata da Maria: Cloe fu piazzata al quarto e penultimo posto, appena prima di Christian che ripeteva più o meno da quando avevano lasciato lo studio di aver fatto più schifo di lei.

«Continuo a sostenere che non sia giusto.»

«Io invece penso sia equo.»

Christian e Carola battibeccavano cercando di far capire l'uno il punto di vista dell'altra ma non riuscendo a trovarsi e comprendersi. Cloe si mantenne invece silenziosa giocando distrattamente con l'orlo del calzino, con il morale sotto la suola delle scarpe e il timore che iniziò a manifestarsi come mai prima di allora di tornare a casa e non accedere al Serale: perchè la Celentano l'aveva più volte criticata, o comunque le aveva trovato dei difetti, ma mai l'aveva messa in sfida, e quindi il pericolo concreto di lasciare il programma, da parte sua, non c'era mai stato.
Anzi, le uniche sfide giunte erano state una mandata da Veronica Peparini, e un altro paio come esito di classifiche di ballo per una giornata no o una musica non ideale per improvvisare.

«Cloe, che pensi?» la interpellò Maria, trovandola stranamente taciturna.

La ragazza si strinse nelle spalle.
«Io sono d'accordo con Chri, del fatto che non è molto giusto che queste gare vadano tutte a nostro svantaggio. In un ballerino sono importanti sia l'improvvisazione sia la base di classico, ma se non sai fare l'uno o l'altro non vuol dire che sei scarso, io credo. Sono arrivata qui senza aver messo nemmeno una volta nella mia vita le scarpette da danza classica, eppure sono riuscita ad entrare, e le conoscenze che ho le ho acquisite senza studio di danza classica: non la snobbo, questo no, ma dico solo che si può ballare anche senza questa. Insomma, esistono ballerini di diversi stili, non trovo giusto che uno debba essere cacciato da un programma di ballo perchè non fa danza classica, altrimenti se avessero voluto che tutti facessero danza classica dicevano prima che i banchi non erano di ballo ma di danza classica. Dobbiamo migliorare, questo sì, e metterci in gioco anche in altri stili, ma non trovo che si debba valutare un ballerino solo in base a quanto sa adattarsi non suoi, credo sia libero di portare sul palco ciò con cui si sente a suo agio: perchè non lodarlo nel suo ma continuare a criticarlo e giudicarlo su cose che non gli si addicono?»

«Ecco, quello che voglio dire.» borbottò Christian allargando le braccia.

«Tu non hai mai studiato classico per scelta, Cloe?» chiese Maria, risvegliandole i fantasmi del passato.

Sospirò.
«Mamma mi ci voleva iscrivere, ma mi hanno chiuso la porta in faccia perché non andavo bene fisicamente, ero 'troppo magra, quasi consumata, poco graziosa'. A quel punto mamma non ha mollato e mi ha mandata a fare hip hop: lì non importava a nessuno se avessi un bel collo del piede, indossavo le scarpe; non importava a nessuno se avessi le cosce grosse o le gambe come due stuzzicadenti, avevo i pantaloni addosso e non le culotte o il tutù che, secondo quelli della scuola di danza dove sarei dovuta andare, mi avrebbero messo in ridicolo. Poi, con il passare del tempo, ho capito che anche caratterialmente l'hip hop faceva per me: ero super energica, attiva, allegra, e mentre ballavo potevo ridere o cantare o fare le espressioni che preferivo, mentre a classico vigeva l'ordine, l'equilibrio e la rigidità che io mai avrei potuto avere. Mi hanno scaricata in mezzo alla strada perchè non potevo ballare, e io ho fatto della strada il mio posto nel mondo, usando l'arte che vi si sviluppava come mezzo per affermarmi.»

𝐈𝐍 𝐏𝐔𝐍𝐓𝐀 𝐃𝐈 𝐏𝐈𝐄𝐃𝐈 || Alex WyseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora