2. Cenere a coriandoli

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Uso questo spazio non per dirvi della storia di ieri o quella di domani, né per lasciarvi i miei soliti link social o del gruppo telegram che creerò domani per sclerare insieme sugli aggiornamenti.

Oggi ci tengo a chiedervi una cosa, con tutto quello che ne può conseguire, anche a costo di risultarvi antipatica: posto che non voglio rimproverare nessuno, vi vorrei chiedere per cortesia di non scrivermi sotto ogni capitolo commenti che sono costituiti solo da "aggiorna". Sia perché ormai un po' mi conoscete e sapete che c'è un calendario e che lo rispetto anche a costo di postare come ora alle 23.14, sia perché da autrice vi assicuro che non è bello.

E non è bello perché non posso rispondervi adeguatamente se non "trovi il calendario sul mio profilo", non è bello perché mi faccio in quattro in quattro per scrivere capitoli che siano leggibili e perciò ci vuole un impiego di tempo non indifferente, non è bello perché abbiamo tremila ansie ogni giorno e un hobby non può causare ansia. Scrivo perché mi vedo a fare questo, nella mia vita, perché amo farlo e non voglio dover mollare le mie storie perché diventa spiacevole dover aggiornare con la fretta di farvi contenti.

Odio deludere le persone e odio da morire dover scrivere questo commento, perché mi sento davvero antipatica, ma oggi purtroppo questa cosa è diventata particolarmente evidente.

Spero possiate capirmi, almeno un poco. Vi lascio al capitolo, sperando che vi piaccia.

Per qualunque cosa mi trovate nei commenti (rispondo sempre a tutti, non fatevi problemi) e sui vari social, che trovate citati in ogni storia.

Mi scuso ancora una volta se sono stata antipatica, un abbraccio a chi legge e grazie, davvero grazie, per il sostegno che mi dimostrate.

Gaia


2. Cenere a coriandoli 


C'è qualcosa in lei che gli sfugge e Luigi non si sa spiegare – quando ride, mentre le passa una salvietta struccante sul viso, con una delicatezza che non gli è familiare, e nemmeno gli sa dire cos'abbia tanto da ridere.

Passano la notte a chiacchierare, con quella distanza che si scava tra di loro come una percezione sbagliata, costringendolo a sfiorarla accidentalmente perché spera sempre di avere la conferma che, nonostante tutto, Carola è reale. Lei che lo guarda, con gli occhi sgranati come se facesse fatica a crederci, che lui le sta tamburellando sul ginocchio come per scandire il ritmo dei propri pensieri, e frammenti di mascara secco che e sfregiano la pelle come una macchia d'inchiostro.

Le ha scritto una canzone addosso, fatta di mascara secco e rossetto che sbava oltre il confine delle labbra, e adesso che si tratta di cantargliela, a Luigi mancano le parole. Gli trema la voce, mentre le pone una domanda dietro l'altra, ma mai quella di cui avrebbe bisogno di sentire la risposta – rimarrai?

Carola gli racconta di casa sua, delle galline del padre, delle scottature che ha preso a mare, delle videochiamate con Luca e Albe, di quando ha scoperto che sarebbe dovuta tornare a Roma: ha il primo giorno domani, una prova, e ancora non si è nemmeno risolta a cercare casa. Non sono così svampita, commenta lei alzando gli occhi al cielo, ma non volevo rassegnarmi all'idea di dover tornare.

Non si rassegna nemmeno Luigi, quando si trovano seduti dal divano al letto, con lei che si è appropriata di una sua maglietta – non dice mai di avere sonno, ma le gira un po' la testa: Luigi sbuffa, le dice di stendersi e che sarà un miracolo se non farà mandare il malocchio a Luca da qualche adorabile vecchietta del sud.

«Non mi va di dormire» sbiascica Carola, quando lui si volta per spegnere l'abat-jour sul comodino. «Parliamo?».

Luigi le dice di sì, dolcemente – ma, quando la guarda, si rende conto che ha così tanto da chiederle che non ha abbastanza voce per farlo: la sente come fosse viva, la distanza tra di loro, l'ennesimo cuore pulsante di cui si deve far carico (assieme a quello di lei).

La smetti di ballare senza di me? || CaroligiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora