Prologo

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"Ehi dormiglione!! La colazione è pronta, dai che altrimenti facciamo tardi"
Simone quella mattina saltellava da una stanza all'altra di quella che da tempo era diventata casa. Quella mattina di settembre che sprigionava raggi di sole da ogni prospettiva, era il primo giorno di elementari di suo figlio e lui, Simone, non stava più nella pelle.
D'altro canto quel piccoletto, ancora assonnato e seduto a letto coi piedi penzolanti, aveva lo sguardo basso verso il pavimento, non l'ombra di un sorriso.
"Tesoro, tutto okay?" si era avvicinato suo padre, inginocchiandosi per arrivare alla sua altezza.
"Sì papà, sono solo un po' preoccupato, tutto qui".
Prontamente Simone gli accarezzò una guancia, prima di chiedergli il motivo del suo broncio.
"È che ho paura dei miei nuovi compagni, e se nessuno vuole essere mio amico?"
Simone aveva riso, piano, quasi sussurrando all'assurdità che aveva appena sentito.
"Amore di papà, ti assicuro che non sarà come dici tu. Sono certo che riuscirai a farti tantissimi amici, ti fidi di me?"
Dopo la rassicurazione del padre, il piccoletto gli aveva lanciato le braccia al collo in un abbraccio che intenerì Simone e lo aveva spinto a pensare alla gioia che gli aveva portato negli ultimi anni.

Simone aveva passato un periodo molto buio diversi anni prima dell'arrivo del figlio.
Lavorativamente parlando non poteva lamentarsi, era riuscito nei suoi intenti e nonostante sforzi che erano sembrati vani all'inizio, era riuscito a diventare un ottimo ingegnere biomedico.
Per lui, come per suo padre Dante, era stata una grande soddisfazione da poter condividere con tutti i suoi cari, al di fuori di uno, una sola persona con cui aveva condiviso tutto e gli sembrava addirittura scontato pensare di poter condividere l'ennesimo momento di gioia con Lui.
Lui, che non era mai riuscito ad accettarsi; Lui, che aveva sempre lasciato entrare insicurezze in quella bolla che entrambi avevano costruito insieme e che pensavano fosse solida e resistente da poterli proteggere.
Quella bolla era tutto al di fuori che solida, era una bolla di sapone, che al primo ostacolo poteva solo scoppiare.
E così successe tra loro, la loro storia paragonabile alla più instabile delle menti.
Anni di sofferenza avevano portato Simone a chiudersi in sè stesso, a prendersi una pausa da tutto, dal lavoro, dagli amici, da Roma.
Roma che pullulava di sogni e speranze per due ragazzini di un liceo scientifico, che avrebbero voluto amarsi senza condizioni.
Poi la scelta di adottare, unica luce alla fine del tunnel più buio.
Simone aveva toccato veramente il fondo in quel periodo, meno di come aveva fatto Lui, ma lo aveva pur sempre toccato.
L'adozione per lui fu come uno spiraglio, un appiglio alla vita, una ragione per vivere senza di Lui.
E dopo non ricorda quanti incontri, infinite pratiche burocratiche, potè finalmente stringere tra le braccia un fagotto di pochi mesi, lasciato fuori un ospedale in una cesta.
Si erano cercati, si erano trovati, una sensazione di salvezza reciproca.
E da allora erano diventati inseparabili.
"Dopo corri a lavarti i denti, mi raccomando Manuel!" urlava Simone dalla cameretta di suo figlio, intento a sistemare il letto e qualsiasi cosa fuori posto che era entrata in contatto con quel tornado di 6 anni.
"Finisco di bere prima il latte col nesquik, papà" rispose Manuel dalla cucina e Simone sorrise, sorrise della sua quotidianità con quel piccoletto, della sua routine con quell'ammasso di ricciolini biondi.

Quella mattina il traffico di Roma era incessante, ogni speranza di poter arrivare in tempo era vana.
Stanco di attese e clacson estenuanti, Simone decise di parcheggiare un po' più lontano dalla scuola elementare; un po' per evitare di fare ulteriori ritardi, un po' per passeggiare con suo figlio che era anche una delle sue cose preferite.
"Eccoci qui" annunció sorridente abbassandosi per sistemare il colletto della polo di Manuel, come sempre fuori posto.
Quest'ultimo osservó con attenzione l'edificio giallo dove avrebbe dovuto passare i prossimi anni della sua vita e pensò che non dovesse essere così male, considerato che contava di un giardino con delle altalene e un chiosco proprio di fronte il cancello d'entrata.
"Papà, qualche mattina facciamo colazione qui prima di scuola e lavoro?" disse indicando la vetrina del chiosco, ricca di cornetti e brioche dalle più svariate farciture.
Simone sorrise un po' malinconico a tale visione: gli ricordava il baretto fuori il suo liceo, dove aveva passato ore ed ore con i suoi compagni, con Lui, dove avevano consumato innumerevoli colazioni insieme, progetti, piani rivoluzionari, teatro di tantissime dolcezze.
"Certo Manu, che ne dici di domani mattina?" e suo figlio sorrise annuendo felicissimo.
La campanella aveva tardato a suonare quella mattina, ma eccola qui adesso, che indisturbata si faceva spazio tra decine e decine di bambini.
"È arrivato il momento, Manu" inizió Simone, "ricordi quello che ti ho detto prima?" e vedendo il figlio annuire, continuò "ti voglio tanto bene, e ti prometto che ti piacerà questa scuola, troverai tantissimi amici"
Manuel lo abbracció forte, ricambiò la sua sentenza d'affetto e si affrettò ad entrare a scuola.
Simone lo osservò salire i gradini davanti l'edificio con uno zaino più grande di lui, lo osservò fino a quando la sua figura si mescolò con quella di altri ragazzini intenti a trovare la propria aula.
Era contento, quella mattina, una sensazione di spensieratezza si faceva spazio prepotentemente e lui la lasció fare.
Si sentiva in pace.
Non sapeva, però, che quella pace interiore sarebbe stata stravolta da un incontro fortuito e prestabilito allo stesso tempo, che avrebbe alterato il suo equilibrio tanto agognato.

I ragazzi che si amanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora