"Dai muoviti, inizia la lezione" urlo a Valentina dall'altra stanza. È la mia amica più cara e compagna di camera da ormai 6 anni, pur essendoci conosciute a 10, proprio in questa accademia. A dir la verità è una specie di istituto dove le ragazze senza genitori, maltrattate e senzatetto vengono accolte per studiare e cercare di cambiare vita. Questo grazie alla preside della nostra scuola, che ci ha aiutate ad uscire da quelle situazioni di disagio.
"Vale?"
"Sì sì arrivo" mi risponde prendendo velocemente lo zainetto con dentro i libri per i corsi del mattino. Usciamo dalla camera e ci avviamo verso la stanza dove si tiene il primo corso.
"Alice cosa c'è adesso?" chiede la mora di fianco a me mentre attraversiamo il corridoio.
"Mmh, biologia" rispondo ripensando agli orari di oggi.
"Che palle" aggiunge sbuffando.
Arrivate nell'aula 27 prendiamo i posti in fondo e aspettiamo l'arrivo del professore.
"Buongiorno ragazze" ci saluta il docente.
"Buongiorno professore" diciamo in coro.
"Oggi parleremo di genetica"
...
"Bene, per oggi abbiamo finito. Studiate da pagina 26 a 38. Giovedì inizierò le interrogazioni. A domani" annuncia il professor Maldini.
"Arrivederci professore" comunichiamo debolmente al signore di fronte a noi.
"Due ore di biologia non si possono sopportare, sono esausta" afferma Valentina appoggiando la testa sul banco.
"Ora c'è psicologia giusto?" chiedo per prendere il libro corretto.
"Sì, quel coglione di Cooper è meglio che oggi non ci sia" Ridiamo all'unisono dopo la sua frase. D'altronde è vero, lo odiano tutti. Aspettiamo per più di cinque minuti, stranite che non sia ancora arrivato il professore di quest'ora. Il signor Cooper è sempre puntuale e odia le persone che ritardano anche solo di pochi minuti.
"Forse è morto" pensa ad alta voce Valentina.
"Prega che lo sia" rispondo senza scrupoli. Può sembrare un po' rude, ma ne vale la pena. E' letteralmente la persona che odio di più al mondo. Anzi, la seconda. Sentiamo un ronzio di voci provenire dal corridoio e ci prepariamo per l'arrivo del professor Cooper. Mentre il suono si fa sempre più vicino inizio a riconoscere la voce della preside, ma non quella della persona con cui sta parlando. Curiosa del perché ci sia la dirigente sporgo la testa in avanti per cercare di intravedere chi ci fosse insieme a lei. Ma non faccio in tempo che essa entra all'interno dell'aula. Ci alziamo tutti in piedi ed enfatizziamo un buongiorno. Io, ancora incuriosita, giro lo sguardo verso la porta. Noto un uomo sulla quarantina, di bell'aspetto e abbigliamento, che ci osserva. I suoi occhi saltano da una parte all'altra della classe, finendo su ognuno di noi. Quando i nostri occhi si incontrano mi rigiro velocemente verso la preside. Quest'ultima invita sorridente il signore ad entrare.
"Salve a tutte. Il mio nome è Oscar Isaac, sono il vostro nuovo docente di psicologia" Mi giro verso Valentina, lei fa lo stesso e rimaniamo a bocca aperta.
"Nuovo docente di psicologia?" ripete a bassa voce scandendo tutte le parole, incredula. Io faccio sì con la testa non smettendo di guardarla negli occhi. Cerchiamo di trattenerci ma una piccola risata scappa a tutte e due. Purtroppo i due superiori vicino alla cattedra se ne accorgono.
"Scusatemi cosa ci sarebbe di così divertente?" Ci giriamo rapidamente verso il nuovo professore e il nostro sorriso scompare.
"Ci scusi" prendo la parola.
"Non è un comportamento adeguato, lei è in punizione" dice tutto ad un fiato. Rimango senza parole. Il nuovo professore mi ha appena messo in punizione e non sono passati neanche cinque minuti da quando è arrivato.
"Mi scusi non mi sembr-" cerco di rimediare, senza successo.
"Le ho per caso dato la parola?" chiede deciso e in modo serio l'uomo moro davanti a me. Mi rassegno rimanendo zitta senza sapere cosa fare e per evitare di dire altre cavolate. I suoi occhi marroni puntano diritti verso i miei. È come se riuscissero a leggermi l'anima. Finisco però col distogliere lo sguardo e guardarmi le unghie delle mani, rosicchiate per via dell'ansia e dello stress accumulato i giorni precedenti.
Devo però ammettere che, anche se mi ha messa in punizione senza un valido motivo, i movimenti, il linguaggio e le espressioni di quest'uomo sono notevoli. Decisamente meglio di quello scorbutico di Cooper. Immersa nei miei pensieri non mi accorgo che la campanella è già suonata e che quindi la lezione si è conclusa.
"Vorrei che per domani mi consegnaste un tema con un argomento a vostro piacere. Entro le 8:30" ci comunica il docente. Ci alziamo tutte e riordiniamo lo zaino. Mentre metto a posto gli oggetti ancora presenti sul mio banco, Valentina si avvicina di più a me.
"Alice scusami per prima, non sono riuscita a dire niente e ora, per colpa mia, sei in punizione"
"Stai tranquilla, non è sicuramente colpa tua. E poi sono proprio curiosa di conoscerlo meglio durante questa punizione" dico facendo nascere in lei una risatina.
"Va bene, allora ci vediamo dopo" mi saluta prima di uscire dalla stanza. Siamo rimasti solamente io e lui adesso. Metto lo zaino in spalle e mi dirigo verso la cattedra.
"Lasci pure lo zaino, non le serve" Lo poso senza emettere alcuna parola o espressione. Mi incammino verso di lui sentendo i suoi occhi fissi su di me. Arrivata di fronte ad esso unisco le mani dietro la schiena, cosa che faccio sempre quando sono agitata o sotto pressione.
"Ha capito l'errore che ha commesso?"
"Si, mi scusi" annuisco in modo veloce senza smettere di guardare gli oggetti sulla cattedra.
"Non mi sembra sincera, perché non mi guarda negli occhi?" Lentamente alzo lo sguardo, quasi avendo paura. Esso finisce proprio sul marrone delle sue iridi. Mi ricordano il legno che ti riscalda tramite il fuoco, un riccio che si richiude in sé stesso e la terra da cui nasce la vita. Sono affascinanti. Ma non riesco a trattenerli. Distolgo lo sguardo e mi rimetto a fissare i libri sulla cattedra, giocherellando con le dita.
"Sono sincera professore, ho capito il mio errore. Mi dispiace" ripeto, sperando possa lasciarmi andare a fare la pausa insieme alle altre. Sento di nuovo il suo sguardo su di me, anzi, non l'ha mai tolto.
"Come ti chiami?" chiede curioso dopo aver fatto una breve pausa.
"Alice Smith" rispondo a voce non troppo alta. Sento la sedia cigolare e i passi del professore venire verso di me. Inizio ad agitarmi senza saperne il motivo. Rimango immobile e lui si piazza di fianco a me, non troppo distante. Questo gesto mi provoca una scia di brividi, non so se positivi o negativi.
"Alice Smith" ripete a bassa voce. Mi allontano velocemente dalla parte opposta alla sua.
"Mi scusi dovrei andare" affermo velocemente. Vado verso lo zaino, lo prendo in spalle e mi incammino in direzione della porta. Non riesco però a superarla, per via della sua mano che mi frena afferrandomi il braccio destro. Mi giro rapidamente verso di lui, non aspettandomi quel gesto. I nostri sguardi si incontrano. Il contatto con la sua mano mi fa avvampare, probabilmente sono rossa come la mela mangiata stamattina.
"Non volevo metterla a disagio, mi perdoni". Non sapendo cosa rispondere faccio un piccolo cenno con la testa, come per perdonarlo. Si sente solamente il rumore dei nostri respiri, noi muti come pesci. Solo dopo alcuni secondi si rende conto che la sua mano sta ancora tenendo il mio braccio, quindi la toglie velocemente.
"Bene, ora può andare" mi congeda in modo elegante, come se non fosse successo niente.
"Arrivederci" dico prima di voltarmi e uscire di fretta per raggiungere la mia amica.
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Brown eyes || Oscar Isaac
FanfictionAlice Smith, studentessa diciassettenne introversa, timida e solare. Oscar Isaac, professore brillante, empatico e affascinante. Un giorno i loro corpi si incontreranno, prima sfiorandosi poi facendo fatica a lasciarsi andare.