Uno - Laila

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Mentre cammino per tornare a casa non riesco a fare a meno di continuare a imprecare fra me e me. La verità è che mi sono ritrovata in questa storia senza rendermene conto. Ho un lavoro che amo, sottopagato e faticoso è vero, ma sto facendo quello che ho sempre voluto. Il mondo dell'alta finanza può essere dannatamente crudele.
Il padre di James dopo avermi assunta come stagista mentre ancora finivo l'università mi ha offerto un posto subito dopo la laurea, sono brava e lo speravo, ma avrebbe benissimo potuto non tenermi nella sua azienda. Invece ho firmato il contratto e poco dopo mi sono ritrovata a far saltare in aria il matrimonio del figlio. Ed ecco perché James mi odia. Non potevo sapere che la sua fidanzata avrebbe finito per scappare in Australia con mio fratello ma lui mi reputa la responsabile del suo fottuto matrimonio mai avvenuto. Come se io avessi architettato un piano alle sue spalle per fare accadere ogni cosa. Come se lui, poi, la avesse amata davvero. Ripeteva ogni volta che lo sentivo parlare coi i suoi colleghi alle cene che l'unico motivo per cui voleva sposarla erano i soldi e il fatto che fosse sempre obbediente e lo accontentasse in tutto. Probabilmente la fuga con mio fratello è stata l'unica decisione che ha preso in tutta la sua vita da ricca viziata. Avrebbe potuto aspettare un altro momento per uscire dal guscio no? Dannazione a lei. E a quella merda di mio fratello che con il suo sorriso fa aprire le gambe a tutte.
Tanto lui adesso non ha a che fare con James. Non ha un idiota che continua a mettergli le mani addosso a ogni ora e non fa altro che sussurrargli all'orecchio tutte le posizioni in cui vorrebbe scoparlo.

Arrivo a casa e apro la porta guardandomi intorno. Il mio appartamento ha solo due stanze, una da letto e un salottino con cucina. È quello che posso permettermi con lo stipendio che ho ma è il mio spazio e lo amo. Un luogo sacro dive poter gettare oggetti ovunque e non vergognarmi della mia voce stonata sotto la doccia.

Lancio come sempre le scarpe vicino la porta e mi butto sul divano.
Il trillo del telefono mi fa sobbalzare, alzo la cornetta convinta che sia il mio fidanzato Michael e sorrido.

- Ciao bambolina.

Il sorriso diventa smorfia e sto per mettere giù quando la sua voce mi blocca.

- Se metti giù vengo fino a casa tua e sappiamo entrambi che poi non mi limiterei a parlarti.

- Vaffanculo, James. Dammi tregua. Non ti stanchi mai di sentirti rifiutato?

James ride e lo immagino passarsi la mano fra i riccioli mori. Sono così morbidi quei riccioli, perfetti da accarezzare al mattino, morbidi... Laila smettila con questi pensieri.

- Tu non mi rifiuti mai, Laila. C'è una cena domani sera. Passo a prenderti alle sette.

- Domani è il mio giorno libero, trovati una modella o una troia qualunque delle tue amiche.

- Non era una domanda, Laila.

 James che mi chiude la telefonata in faccia mi fa innervosire come non mai. Prendo un cuscino e lo lancio per terra con tutta la forza che ho.

Urlo mentre sbatto la testa contro lo schienale del divano.

Perché deve rendere la mia vita un inferno? Lui arriva, prende quello che vuole e se ne va e ogni volta penso che sia l'ultima ma poi sorride e torna di nuovo. E la cosa davvero imbarazzante è che io glielo permetto.

La prima volta è nata quasi per sbaglio. Ero rimasta in ufficio fino a tardi e lui era venuto a portarmi un caffè. Non avevamo mai parlato prima, se non per qualche documento o scambiato i soliti convenevoli agli eventi. Era arrivato con una camicia bianca con i primi due bottoni aperti e jeans scuri, un sorriso malizioso e si era seduto allungandomi il caffè senza dirmi nulla. Ne avevo bevuto un sorso e avevo tossito.

- É senza zucchero - avevo borbottato.

- Mi somiglia allora. - aveva scherzato in risposta. Ma qualcosa nel suo sguardo mi aveva fatto capire che stava cercando di dirmi molto di più. Adesso lo so, cercava di farmi capire che niente fra noi sarebbe mai stato dolce. Mai.

Si era avvicinato e io ero arrossita. La foto di me e Michael sulla scrivania mi fissava quasi a intimarmi di stargli lontana ma quando le sue labbra si erano posate sulle mie una scarica elettrica mi aveva attraversata. Desiderio puro, oro colato. Niente a che fare coi baci che mi scambiavo di solito con quello che sono convinta sia l'uomo della mia vita.

Si era spinto fino a farmi appoggiare al muro e io avevo allacciato le mani dietro al suo collo spingendo in alto i fianchi. Mi ero strusciata contro di lui, incapace di capire cosa stesse succedendo al mio corpo. La mia mente aveva messo la quinta e non c'era nessuna possibilità di premere il freno.
Aveva infilato la mano fra i nostri corpi fino a sfiorarmi sopra le mutandine e i miei gemiti si erano sentiti distintamente nella stanza.
Era stato quel rumore a farmi ripiombare nel mio corpo. Avevo aperto gli occhi, mortificata dal mio comportamento e prossima alle lacrime per il tradimento, ma ciò che era peggio era l'uomo davanti a me che rideva apertamente.

- Ma che brava ragazza. Sembra che il tuo fidanzato non ti scopi a sufficienza. Magari un'altra volta lo farò io, quando avrai messo su un paio di tette decenti e qualche chilo su quel culo secco che ti ritrovi.

Avevo passato la notte a piangere mentre raccontavo alla vicina di casa cosa avevo fatto. Mi sentivo umiliata e ferita come non mai, ma soprattutto ogni volta che Michael mi chiamava per dirmi quanto gli mancavo un crampo mi prendeva lo stomaco e lo stringeva in una morsa senza possibilità di uscita.

Avevo promesso a me stessa che non sarebbe più accaduto, che mi sarei tenuta lontana da lui, non che mi aspettassi che sarebbe tornato all'attacco. Un mese dopo à una festa avevamo bevuto troppo e mi aveva trascinata in un ciclo di umiliazioni e errori che sembra non avere fine.

Non che lo ammetterei mai ma, in realtà, è diventato la mia ancora per tenermi lontana dalla quotidianità delle mie giornate. Forse per questo è così difficile lasciarlo andare, sbattergli la porta in faccia e non aprirla più. Alcune persone ci servono per sopravvivere ad alcuni giorni, siamo convinti che siano quelle che amiamo, quelle che ci supportano e ci ricordano quanto siamo fortunati. Ma, alle volte, sentiamo il bisogno di qualcuno che ci ferisca, qualcuno che non sentiamo alla nostra altezza, qualcuno di cui non ci sentiamo all'altezza. Qualcuno che ci afferri e ci faccia precipitare.
Spero solo che James non mi trascini così a fondo da non poter più risalire.

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