Chiamata

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Tornai in taxi, rigirandomi quel pezzetto di carta tra le mani mentre un sorriso regnava sul mio volto da diversi minuti. Mi sentivo stranamente bene, come se la mia vita non stesse aspettando altro. Un cambiamento. Notai la scrittura elegante di quei numeri, mai l'avresti detta di un medico. Quando arrivai a casa la trovai vuota, molto probabilmente August era a lavoro e io lì. Con niente da fare se non riposare per quel stupido incidente. Incidente però che non mi aveva poi fatto chissà che torto visto i risultati. Iniziai a riflettere su me stessa, sul fatto che ero consapevole del mio orientamento ma che mai mi era capitato di cadere così per una sconosciuta. La mia ultima relazione seria inoltre era stata con un uomo, quindi mi sentivo un po' disorientata ma comunque a mio agio. I miei pensieri si posarono involontariamente sulla sua figura: i capelli corvini, le labbra rosse e carnose e quella cicatrice. Quasi impercettibile ma così in risalto da completarla. Poi automaticamente il mio cervello la paragonò al mio ex, Kevin. Una smorfia si formò sul mio volto desiderando ancora di più quella donna, rendendomi conto dell'effettiva differenza. Mi destai, non sapendo cosa fare optai per una doccia e un pomeriggio di cazzeggio.
Sera giunta sentii la porta di casa e mi allungai sul divano per incontrare lo sguardo di August.

"Ehilà, giornata impegnativa?"
"Manco immagini. Tu, tutto ok la visita?"

Mugugnai in risposta e involontariamente si formò un sorriso sulle mie labbra.

"Birra?"
"Sì August ma non vorrei morire di fame"
"Scusi principessa, lei non ha avuto il tempo di cucinare?"
"Scusi maggiordomo, vuole per caso trovarsi la casa in fiamme?"

Il ragazzo rise di gusto e si sedette affianco a me circondandomi le spalle con il braccio sinistro.

"Sei di buon umore"
"Già.. È-è successa una cosa oggi" Rimase in silenzio, guardandomi il profilo mentre ero intenta a (non) ascoltare la tv. Incredibile quanto mi sentissi a casa con lui. Gli allungai il biglietto col numero, bevendo poi un sorso della mia birra. Lui rimase in silenzio, e dopo aver visto di cosa si trattava tornò a guardarmi.

"È un numero di telefono. Di una donna. Voglio dire, non- non una donna a caso. Il mio medico" Un altro sorso dalla bottiglia. August cambiò posizione in modo da lasciarmi più spazio. Sembrava avermi letta nel pensiero, necessitavo di più aria, nessuna pressione.

"L'hai incontrata, quando sei venuto a prendermi in ospedale. E niente, ho il suo numero"

Abbassai lo sguardo e iniziai a giocare con le mani. Sapevo perfettamente cosa stava pensando August, semplicemente non volevo affrontare l'argomento.

"È una bella donna" -Mi girai di scatto verso di lui e lo trovai con quello sguardo. Lo stesso che un fratello dedica a chi ama, capisce e chi considera famiglia- "Un po' l'avevo capito l'altro giorno, quando era entrata e tu ormai cadevi a terra" -sorrise e feci lo stesso ma divenne improvvisamente serio.

"Emma, se credi che sia una cosa giusta lo è anche per me. Lo sai come sei stata per Kevin, e non è passato tanto tempo, però se tu sei pronta per conoscere nuove persone allora, vai. Chiamala"

"Te l'ho mai detto che sei perfetto?"

"Te l'ho mai detto che ho voglia di pizza?"

Scoppiammo a ridere come dei bambini. In quel momento decisi di voler imprimere nella mia mente quell'istante, stavo capendo che niente dura per sempre e neanche le seconde possibilità. Se avevo l'occasione di poter incontrare la persona giusta dovevo farlo e basta. Ero stata inutilmente male per Kevin e il mio passato senza mai guardare oltre, dovevo riprendere in mano la vita.

Continuò poi così, tra cibo da asporto, birra, e chiacchiere. La mattina seguente -finalmente sabato- August era già intento ad organizzare la serata mentre io giravo per l'appartamento in pigiama con gli occhi assonnati. Andai in cucina con l'intenzione di godermi la mia dose di caffè quando: "Sai stasera potresti invitarla con noi e gli altri"
Con altri intendeva il nostro gruppo di amici e con invitarla insomma sì, intendeva lei. Dunque mi bloccai, con la tazza piena di quel nettare degli dei e lo sguardo fisso nel vuoto. Non sapevo cosa dire, sarebbe stata effettivamente una buona idea chiamarla per il sabato sera ma magari non voleva vedermi, o magari era troppo affrettato oppure...

"Emma? Ci sei?" -mi ripresi e iniziai a guardarlo- "Sai cosa? La chiami ora, forza"

"Dico, sei per caso impazzito?"

"Ti sto aiutando. Non mi sono scordato il discorso di ieri, quindi bevi quel caffè e chiamala"

Rimasi a guardarlo ancora un po' poi bevvi tutto d'un sorso la mia tazza e gli diedi ragione. August aveva sempre maledettamente ragione. Presi il mio cellulare e composi il numero del biglietto mentre camminavo avanti e indietro per il salotto. Feci partire la chiamata involontariamente senza essere effettivamente pronta, realizzai quindi cosa stavo facendo ed entrai nel panico.

"Emma calmati, è una semplice chiamata a una semplice donna" -Di nuovo, ha ragione-

"Pronto?" -Mi fermai, caddi nel nulla più completo, davanti a me l'irrazionalità totale- "Pronto, chi è?"

"Emma avanti rispondi, per Dio ma che stai aspettando" -Mi girai verso August che iniziò ad incitarmi gesticolando-

Pensai che era il momento di smetterla con le stronzate, e presi coraggio. "E-ehi ciao Regina, sono Emma"

Silenzio. Volevo scomparire.

"Emma, hai fatto presto" -la sentii ridere- "Va tutto bene, non hai problemi con le medicazioni vero?"

"Oh, nono sto bene. Ho ecco, ho chiamato per l'uscita. N-non so se ricordi, comunque se magari stasera fossi libera potremmo, non so, andare da qualche parte"

"Certo, perché no"

"Ok, bene sì allora wow ok. Ti invio un messaggio dopo con tutti i dettagli" -sorrise leggermente per il mio imbarazzo e ormai stava diventando un abitudine. Lei che sorrideva della mia goffaggine e io che cadevo sempre di più-

"Aspetto il messaggio, a stasera Emma"

Out Of Town GirlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora