Pensieri

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Mi svegliai di soprassalto sentendo la porta dell'appartamento sbattere. La luce fievole che penetrava dalle tende della mia camera si impadronì dei miei occhi causandomi un leggero mal di testa. Non avevo idea di che ore fossero e fondamentalmente non mi importava; i giorni di malattia dal lavoro sarebbero durati ancora una settimana. Mi rigirai tra le lenzuola e la mia guancia sinistra entrò in contatto con la superficie umida del cuscino, non capendo contrassi le sopracciglia fino a che non iniziai a ricordare ogni singolo momento.
Momenti sfortunatamente non distinguibili tra loro, fatti solo di lacrime. Mi ero lasciata andare e infettare da quella ferita aperta che soggiornava dentro di me da parecchi anni. Da quando avevo conosciuto Kevin. Riuscivo solo a non sentirmi adatta all'amore, a non sentirmi voluta.
Prima di addormentarmi la sera prima ricordai di aver pensato al motivo per cui solo in quel momento mi ritrovavo a piangermi addosso; era stata lei. L'ultima goccia. Un'esplosione. Una consapevolezza.
Sentii la porta della camera aprirsi lentamente, restai dov'eri. Il materasso si piegò leggermente mentre delle mani grandi e protettive mi accarezzarono i capelli.
"Helen ha chiamato, vuole pranzare con te. Vuoi che ti accompagni o preferisci del rum?" Ancora una volta August mi leggeva come fossi un libro.
Mi aveva sicuramente sentito piangere e mi dispiaceva, da morire, perché non credo sia piacevole sentire i singhiozzi di qualcuno mentre scopi. Rimasi impassibile. Si allungò verso di me e appoggiò il mento sopra la mia testa. Un sussurro. "Non me ne vado Emma"

In realtà lo fece, parecchi anni dopo. In una guerra che non era neanche la sua, quella dell'esercito. Lunga storia anche questa, ma mai ho provato a biasimarlo, so che quelle parole erano vere. Lui non voleva andarsene.

Comunque successivamente mi tolse le lenzuola di dosso, si alzò andando verso il bagno della camera e fece scorrere l'acqua nella doccia. Mi girai sulla schiena e lo guardai, "Perché lo fai, perché continui a prenderti cura di una come me?" Sorrise. Trovava che fosse una domanda lecita ma aveva la risposta. August non credeva minimamente in quelle frasi fatte del tipo gli amici fanno questo oppure perché ti voglio bene. Lui ti dava la risposta che meritavi, alla tua fottuta domanda.

"Emma Swan, hai perso tante cose. Ammettiamolo, da quando sei nata fino ad oggi, l'universo non ha fatto altro che prenderti per il culo, spingerti e farti cadere. A volte a causa di altri, altre volte anche per colpa tua. Ma, dovesse colpirmi un fulmine adesso, non permetterò che tu perda anche te stessa. Sei tra le cose più preziose che ho e che tu hai. Non perderti Ems"

Lo guardai, una lacrima solitaria sul mio viso, allungai una mano e gli accarezzai la guancia. Il solletico piacevole che mi provocava la sua ispida barba sapeva di casa. "Sai che odio quando mi chiami Ems" Ridemmo come i bambini sperduti che eravamo. Mi alzai e mi fermai poi sulla soglia del bagno, "Grazie".
Glielo sussurrai guardandolo negli occhi.

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