"Senti Marti, non ne ho idea" sospiro al telefono. " come sarebbe a dire non ho idea!?" Ribatte lei scocciata. Martina è la mia migliore amica. Ci conosciamo dalla prima elementare, e nonostante frequentiamo licei diversi, riusciamo sempre a tenerci in contatto. Siamo una l'opposto dell'altra. Lei è la tipica ragazza che fa strage di cuori, quella alla quale tutti sbavano dietro. Ogni volta che usciamo assieme tutti gli occhi sono puntati su lei. È simpatica, socievole, intelligente... E soprattutto è così bella. Alta e snella. "Senti, ora vai e glielo dici" mi sprona dall'altra parte della cornetta. " Si, certo , come no. Vado la e dico: mamma , papà, salutatemi perché vado a vivere negli Stati Uniti.?" Borbotto ironica. Lasciate che mi spieghi. Come avevo precedentemente detto, i miei credevano che il mio desiderio di trascorrere un anno all'estero, negli Stati Uniti fosse una sbandata momentanea. Così quando un paio di mesi fa riproposi la cosa, impallidirono. " Chiara, capiamo alla perfezione che vuoi essere indipendente e fare nuove esperienze. Ma un anno è troppo. Ci pensi quanto verrebbe a costare?" Protestò mio padre. Avevo le lacrime agli occhi per la frustrazione. "Ma mi avevate promesso che ci avreste pensato " ringhiai a denti stretti. Quella dei soldi era una balla. In famiglia non sono mai mancati, anzi. " ma me Lo dici te come facciamo un anno senza la nostra kiki?" Si lamentò mia madre. Kiki è il modo in cui mi chiamano sin da quando avevo due anni. Tutta colpa di mio fratello Luca, non riusciva a dire il mio nome. Citrullo. Stava iniziando una terribile guerra. L'arma dei miei era cercare di dissuadermi facendomi commuovere. Un'arma che presto avrei usato anch'io. "La vostra Kiki è grande, deve lasciare il nido" mormorai dolcemente. In quel momento entrò Luca in cucina, e dopo aver addentato una mela disse:" se la ami davvero, la lascerai andare" citando la fata madrina di Shrek. Lo guardai torvo. Lui mi sorrise e mi fece l'occhiolino. Nel frattempo gli stava scendendo della saliva dai lati della bocca. Lo guardai disgustata. Lui scoppiò a ridere, spruzzando la saliva per tutta la cucina. "Bleah", mi lamentai. Mia mamma lo guardò sconcerata. " penso sia ora di andare a dormire" annunciò.
"Allora?" Riprese Martina dall'altro lato della cornetta. " ci incontriamo in centro" le mormorai prima di riattaccare il telefono. Mi butto sul letto. Fuori fa una caldo tremendo, d'altronde siamo agli ultimi di agosto. Mi guardo allo specchio. I capelli castani sono aggrovigliati in uno chignon. I ciuffi ribelli scappano, scivolandomi sulle spalle. Dal soggiorno sento delle urla e dei gorgoglii. Corro, pensando che qualcuno si stia soffocando. Vedo mio fratello. Non sta morendo o altro, sta CANTANDO. O almeno ci sta provando. Per quanto io ci tenti , non riesco a decifrare la melodia. Si ferma e mi fissa, prima di iniziare a ghignare. " che hai da guardare " balbetto. Mi ero ripromessa di tener ferma la voce. " sembri uno zombie. Sei brutta" dice lui. Realizzo di indossare solo dei pantaloncini corti sporchi di caffè e una canotta bianca . Per giunta sono senza trucco. " invece tu uno zombie lo sei a tutti gli effetti. E sei ancora più brutto" ribatto prima di andarmene a testa alta.
Dio, quanto lo odio
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Nonostante tutto
Novela JuvenilChiara, una normale diciassettenne , ha un solo sogno: fare un anno di studi negli Stati Uniti per scappare dalla monotonia.