A te che porti il nome
della più soffice punizioneIl basket è uno sport di contatto. È fatto di passaggi, di tocchi, di spinte non troppo amichevoli. È fondato su strategie di accostamento, di vicinanza, di scontro. Spesso, è inevitabile che due giocatori si avvicinino troppo mentre giocano. Sta nella natura di un cestista, il magnete che lo spinge verso l'avversario che possiede palla.
E questo Manuel lo sa bene.
Conosce i suoi istinti da quando è un bambino. Ha studiato le tecniche, si è allenato abbastanza da capire che per riprendere palla è necessario stare col fiato sul collo di qualcuno. Ha giocato per anni, e per anni è stato abbastanza professionale da non distrarsi mai per un tocco di troppo.
È naturale toccarsi, in un gioco come quello.
E per l'appunto, questo Manuel lo sa bene.
Eppure.
Eppure, quel giorno, per un tocco di troppo la sua gola inizia a seccarsi.
La partita è iniziata da poco, ma di contatti ce ne sono stati fin troppi. Tutti tra le stesse due persone, contendenti e protagoniste di quel gioco. Tutti accompagnati da un sorriso candido, una tecnica di approccio eccessivamente dolce nei confronti di un avversario.
Tutti benzina per un motore di rabbia, fiamma sull'alcol puro.
Tutti tra il capitano Balestra e il nuovo compagno di squadra di Manuel.
Carlo. È questo il nome dell'artefice delle disgrazie che si stanno abbattendo su tutti i loro compagni. È lui il criminale, creatore di confusione e distrazione, velo rosso sulla vista di Manuel incapace ormai di focalizzarsi. È lui che fomenta l'odio del suo capitano, che gli fa digrignare i denti, che lo spinge a perdere palla proprio sotto il canestro avversario.
È lui la condanna della squadra.
Carlo è un ragazzo di alta statura. Ha il viso scarno e gli zigomi rialzati, gli occhi fitti e chiari quanto l'oceano di giorno. Sul suo volto aleggia sempre un'espressione saccente, e nella sua voce vibrano spesso delle note provocatorie e sicure. I suoi pettorali sono ben definiti, in parte visibili tra i tagli della canottiera.
E lo sguardo di Simone, su quel petto, si è posato un po' troppo spesso.
Manuel lo ha notato fin da subito. Ha assistito al palese flirt di Carlo prima dell'inizio della partita, così come alle continue interazioni tra i due ragazzi. È stato zitto, ha subito il fuoco della gelosia in silenzio, ha resistito a tocchi e provocazioni senza scoppiare neanche una volta.
Che poi, non avrebbe neanche il diritto di scoppiare.
Simone e lui non stanno neanche insieme.
Ma nonostante questo, Manuel fa fatica ad ignorare le proprie reazioni. Tenta di creare folate di vento nella propria testa, di far volare via quella nebbia fatta di rabbia. Prova a seguire con lo sguardo la palla, a rispettare gli schemi, a correre senza che gli tremino le gambe.
Tuttavia, i suoi sforzi si rivelano vani.
Perché non gli tremano solo le gambe, ma anche mascella e cuore. Perché gli schemi non riesce a ricordarli, e gli occhi alla fine vanno a posarsi sempre su di lui. Perché Manuel ha smarrito la testa, molto tempo fa, ed è successo troppo in fretta perché riesca a recuperarla.
Ora, dunque, non può far altro che ascoltare il cuore.
Manuel sente il sangue ribollire nel polso all'ennesimo tocco tra i due. Segue la scena con attenzione, tenendo le labbra secche appiccicate in una linea retta. Vede Carlo spuntare da dietro, avvolgere le braccia intorno al corpo in movimento di Simone, rubargli la palla sfilandogliela con eleganza dalle dita e respirare a manetta sul suo collo. Osserva Simone sgranare gli occhi, leccarsi le labbra, e giura di vederlo rabbrividire.

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Spogliatoi
Fanfiction"Sei sicuro che lo vuoi fa qua?" bisbiglia Manuel sulle sue labbra, portandogli un pollice sulla guancia. Simone si scosta un po', giusto per poter incontrare i suoi occhi. "L'amore con te lo farei ovunque."