STRAPPARE LUNGO I BORDI #02.

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22 maggio 2022
Circuito di Catalogna, Spagna


Lavoravo per Max da soli due mesi, e già sentivo di star impazzendo. Stare dietro a lui e alle sue sfuriate improvvise alla mad Max era a dir poco faticoso, perché nessuno aveva il coraggio di andare da lui quando stava così, quindi toccava sempre a me andarci e puntualmente mi prendevo una valanga di insulti gratuiti che mi sarebbero bastati per tutta la vita. Poi però mi chiedeva scusa, e tutto tornava apposto.

Max era fatto così, lo era da bambino, lo era stato da ragazzino e lo era anche adesso, un completo idiota totalmente indifferente alle conseguenze delle sue azioni in qualsiasi situazione, che solitamente toccava a me mettere a posto, perché la metà delle volte finiva con la sua dressing room distrutta e qualche parola di troppo verso il capo, che non lo licenziava in tronco e sbatteva fuori a calci nel culo solo perché Max era il gioiello della Red Bull, e l'unico pilota che gli aveva riportato a casa il mondiale piloti dopo otto anni di digiuno. Poi però vinceva, come a Jeddah, a Imola, a Miami o come oggi in Spagna, quindi andava tutto bene, le dressing room restavano intatte e Max era felice, e quando era felice lui allora lo erano tutti.

Dall'altra parte invece c'era Charles, la persona che mi frullava continuamente in testa da tre anni, e con cui mi scambiavo a malapena quattro parole ogni volta che ci beccavamo per sbaglio nel paddock, solo perché mi sembrava da maleducati non salutarlo. Già avevo fatto la figura della persona di merda quella volta, non mi sembrava carino continuare. Questo era tutto, niente di più e niente di meno. Mi trovavo in un limbo fatto di imbarazzo e sensi di colpa da cui mi era impossibile uscire, visto che fondamentalmente mi ci ero buttata io stessa, ma che alla fine mi stava anche bene, perché le relazioni umane che non fossero Max o la mia famiglia non facevano assolutamente per me.

Per questo mi vivevo le mie giornate in pace, mi alzavo la mattina, andavo a lavoro, mi incazzavo con Max e poi tornavo in hotel, per farmi una bella dormita prima di tornare a casa il giorno dopo. Era tutto un programma accuratamente studiato per evitare situazioni spiacevoli di qualsiasi genere, a cui non avrei sicuramente saputo far fronte, come ad esempio quella che mi ero appena ritrovata davanti all'esterno del circuito ormai vuoto, mentre attraversavo il parcheggio per raggiungere la macchina.

Ecco, ritrovarmi a qualche metro di distanza da Charles, che urlava e litigava in Francese con qualcuno al telefono era decisamente una situazione spiacevole, soprattutto perché - per sbaglio - mi ero piazzata davanti a lui e ci eravamo guardati negli occhi per tipo dieci secondi, prima che attaccasse la chiamata. «Scusami, non volevo farmi gli affari tuoi, stavo solo passando e ti ho sentito.»

«Tranquilla, credo mi avrà sentito anche mia madre.»

«Probabilmente si.»

«Già.»

Io avevo annuito, perché non sapevo più che cazzo dire, e mi ero semplicemente limitata ad allontanarmi piano, per non sembrare una che stava per scappare via a gambe levate - lo stavo facendo -, e ci sarei anche riuscita, se lui non mi avesse fermata.

«Stai andando via?»

«Si, stavo andando in hotel, tu?»

«Dovrei andare anche io, ma non ho voglia.»

«Quindi che fai?»

«Ti va di fare un giro?»

A me era venuto una specie di flashback della notte a Monaco, quando mi aveva chiesto di "andare a fare un giro" che alla fine si era concluso nel suo letto matrimoniale, tra le sue lenzuola. Per questo avrei voluto dirgli di no, perché avevo ancora un mezzo trauma di quella notte, ma siccome sono una persona che non pensa mai con la testa gli ho detto di sì, perché fondamentalmente sono stupida.

𝐒𝐓𝐑𝐀𝐏𝐏𝐀𝐑𝐄 𝐋𝐔𝐍𝐆𝐎 𝐈 𝐁𝐎𝐑𝐃𝐈 | CL16Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora