Capitolo 1

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𝐓𝐑𝐈𝐒𝐓𝐀𝐍

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𝐓𝐑𝐈𝐒𝐓𝐀𝐍

L'aeroporto era pieno di persone.

Fin troppo, per me. Ma dopotutto era lunedì, nell'aeroporto di Londra. Gli stranieri, pensando nessuno possa avere la loro stessa idea, prendono l'aereo sempre il primo giorno della settimana per trovarlo vuoto, ma vengono costantemente fregati da chi torna dalle vacanze.

Si potevano sentire i grugniti di disapprovazione delle donne con i bagagli sulla schiena e i bambini che piangevano perché avevano fame, mentre i padri facevano finta di niente e si guardavano intorno per trovare una via di uscita, senza riuscirci però.

Il numero di persone presenti era direttamente proporzionato al numero di persone che si potevano trovare in una discoteca il sabato sera.

Si stava talmente appiccicati da non poter far mezzo passo senza toccare i culi di persone sconosciute o di pestare i loro piedi.

L'unica cosa ragionevole sarebbe stata quella di aspettare che la marea di persone se ne andasse e prendere un hamburger, ma non solo costava un occhio della testa, i posti erano tutti pieni.

Inoltre sarebbe stato lo stesso complesso arrivare fino alla paninoteca, tanto valeva arrivare all'uscita con i piedi interi e le scarpe non distrutte al punto tale di buttarle.

Cercai di scansare per l'ennesima volta una valigia lasciata in mezzo alla strada, ma, così facendo, non feci caso a quello che stava succedendo alle mie spalle.

Mi sbilanciai in avanti, rischiando di cadere su un'anziana donna davanti a me, quando un paio di mani si aggrapparono con forza alla mia camicia e qualcosa di appuntito si conficcò nella mia schiena.

Portai d'istinto le braccia all'indietro, per impedire alla persona di cadere ulteriormente e, con lei, far cadere anche me.

Le posai su qualcosa di morbido e appena mi resi conto di cosa fosse, levai subito le mani, lasciando che la donna potesse rialzasi e sistemarsi.

«Cazzo, scusami», disse.

Mi girai verso di lei. Le sue guance erano arrossate e guardava le sue mani, come se avesse appena commesso un crimine.

«Tranquilla. Piuttosto tu? Stai bene?».

Annuì e mi guardò dritto negli occhi. «Non mi sono fatta niente, c'eri tu davanti».

«Allora posso andare», dichiarai e feci per girarmi dall'altra parte.

«Non puoi», dichiarò e mi fece girare subito verso di lei, prendimi per il polso.

«E perché no?». Alzai un sopracciglio e la squadrai dalla testa ai piedi soffermandomi sulle forme più pronunciate del suo corpo che erano più appariscenti per via del suo vestito aderente in lana.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 06 ⏰

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