Capitolo 1

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Non tutti gli eroi nascono per portare a termine una missione o per fermare il nemico inarrestabile della storia, alcuni di essi, si ritrovano semplicemente nel mondo con la vana speranza di riuscire ad arrivare al giorno dopo, possibilmente, vivi e vegeti.

Questo è il caso di Pimcy Parvalson, un giovane quindicenne che non aveva nulla di normale, nemmeno il nome, il ragazzo era una creatura mista, nata da un amore impossibile tra Polly la giovane elfa domestica di famiglia e Sir. Edward Rotgar Parvalson, il figlio del suo padrone.

Molti anni prima della nascita del giovane Pimcy, l'antica famiglia purosangue dei Parvalson comprò un convoglio di schiavi nella malfamata Nocturne Alley e tra un incantesimo proibito e l'altro li obbligò, in barba alle nuove regole in difesa delle creature magiche, a lavorare nella propria magione senza riconoscimenti, né compensi.

La cara Polly era un'elfa domestica assai particolare, intanto era di fattezze assai più umane dei suoi simili, dato l'intreccio del suo sangue con quello del popolo fatato e inoltre, possedeva un carattere ribelle, completamente differente da quello degli altri elfi domestici.

Quando Edward crebbe abbastanza, iniziò a notare le fattezze non propriamente consuete di Polly e contro ogni previsione se ne innamorò perdutamente, ci vollero anni di corteggiamenti prima che anch'ella lo vedesse con i magici occhi dell'amore, ma alla fine accadde e sbocciò il più antico tra i sentimenti.

Inizialmente gli amanti tentarono di sopire i loro sentimenti, fino a quando la passione e il forte desiderio non li spinse ad amarsi incondizionatamente e senza badare alle conseguenze, così, nacque il giovane Pimcy il primo mezz'elfo della storia del mondo magico.

Pimcy aveva acquisito parte dei tratti fisici da entrambi i genitori, le fattezze erano umanoidi, seppur fosse più basso della media dei suoi coetanei, arrivava a stento al metro e cinquanta, era di corporatura snella e nerboruta, non pesava più di trentacinque kg vestito e la sua pelle era rosea molto chiara.

Possedeva inoltre un viso davvero straordinario, il naso e gli occhi li aveva ereditati dal padre, questi erano di colore grigio, della stessa tonalità del mare d'inverno e le orecchie erano simili a quelle umane, ritte e a punta al fianco della testa e un po' allungate.

Proprio come la madre anche Pimcy poteva vantare di aver ereditato dei poteri dal suo retaggio di sangue elfico, era in grado di praticare molti incantesimi in maniera spontanea e senza l'uso della bacchetta, che in ogni caso data la sua condizione raziale non avrebbe potuto richiedere.

Alla nascita il giovane elfo venne nascosto al mondo magico, date le sue fattezze umanoidi e di conseguenza inspiegabili, se non palesando la verità, a causa di questo il ragazzo passò l'intera infanzia e giovinezza in totale solitudine, nascosto nella magione dei defunti Parvalson, morti poco prima della sua nascita e lasciando al figlio, Edward, l'interezza dell'eredità di famiglia.

All'età di undici anni e dopo che Pimcy scoprì dell'esistenza della scuola di magia e stregoneria, aspettò con trepidante attesa l'arrivo della sua letterina, un'attesa lunga anni perché mai arrivò.

Polly motivata dall'amore incontrastato per lui, gli sussurrava parole menzognere all'orecchio ogni volta che lui le chiedeva se fosse arrivato l'invito.

<< Vedrai che arriverà amore mio, stanno solo valutando in quale casa metterti... >> diceva lei.

<< Ho sentito la preside proprio oggi e dice che l'hanno inviata amore mio, aspettiamo... >> continuava giorno dopo giorno la madre.

E ancora:

<< Forse non riescono a trovarci, domani manderò tuo padre a parlare con la preside amore mio. >>

Questo avvenne ogni anno per tre lunghi e inesorabili anni, ovvero, fino al compimento dei 14 anni del giovane.

Pimcy ormai demoralizzato e molto triste, venne informato del perché nessuno l'avrebbe mai contattato per andare alla scuola e con la pazienza e il tatto che solo una madre può avere, venne reso partecipe delle loro preoccupazioni e del perché nessuno era a conoscenza della sua esistenza.

<< Io non... non capisco. Dite che non sono come gli altri, dite che sono diverso... Perché? >> chiese il giovane confuso.

<< Non sei diverso amore mio, sei... speciale >> rispose la madre dolcemente.

<< Io non voglio essere speciale! Io voglio essere come gli altri, voglio avere degli amici, voglio vedere il mondo! >> urlò lui di rimando.

<< Voglio vivere! >> aggiunse con le lacrime agli occhi.

Sia per Polly che per Edward quelle parole furono più dolorose di una maledizione senza perdono e fù solamente in quel momento che capirono quanto furono stati egoisti nel mantenere il figlio sotto quella campana di vetro.

I due genitori discussero per molto tempo della questione, i giorni divennero settimane e le settimane si trasformarono in mesi, la questione era sempre la stessa, la paura di cosa avrebbero potuto fargli se si fosse palesato, di loro non si interessarono granché, ma del loro amato figlio, quello si.

Quando infine trovarono una quadra che potesse accomodare tutti, Pimcy aveva già compiuto quindici anni e seppur d'un anno più vecchio il suo umore non era mutato da quel giorno, si era chiuso ancor più in se stesso da quando aveva pronunciato quelle due semplici e innegabilmente pesanti parole.

Durante una giornata qualunque i genitori lo raggiunsero nei giardini della tenuta Parvalson, sita sulla cima di una collina nelle verdeggianti Highlands Scozzesi distante qualche giorno dalla capitale, Inverness, i loro possedimenti si estendevano per migliaia di ettari di verde tutti intorno al castello, ovviamente erano al sicuro dagli occhi dei Babbani grazie a centinaia di incantesimi anti-scrutamento e respingi Babbani.

Pimcy era come sempre attorniato da svariate creature magiche di proprietà della famiglia, creature dalle quali era attratto e che al contempo erano attratte da lui e dalla sua discendenza.

Proprio in quel momento stava cercando di capire che cosa fosse quell'essere in piedi davanti a lui, era alto poco più di 20 centimetri e di color bluastro, possedeva piccole gambette di una tonalità leggermente più chiara e braccia del medesimo colore, mentre la faccia era di un blu più scuro del corpo e ben definita, grossa quasi quanto il busto e dalla forma ovale, si potevano notare senza sforzi dell'immaginazione occhi tristi; un nasino adeso al volto e una piccola bocca corrucciata.

Il padre e la madre osservarono per un'istante la bestiolina, poi spostarono lo sguardo sul figlio e infine lo incrociarono tra loro addolorati e consapevoli di ciò che avevano davanti agli occhi.


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