Capitolo 3

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Il giorno successivo Pimcy si svegliò completamente sudato e agitato, durante la notte aveva avuto un susseguirsi di incubi che lo vedevano perdente durante l'udienza e poi rinchiuso data la sua condizione particolare e non dichiarata, aveva percepito la vera solitudine che solo la rinomata prigione di Azkaban poteva dare e l'impossibilità di vedere sua madre e suo padre gli aveva dato il colpo di grazia.

Quando scese in cucina e vide la servitù indaffarata a pulire; sistemare e correre di qua e di là, si incuriosì al punto dal chiedere a chiunque cosa stesse accadendo e soprattutto dove fosse sua madre, tuttavia, nessuno seppe o volle dargli una risposta concreta e ciò costrinse il giovane a cercare la madre in tutta casa.

Dopo oltre un'ora di ricerca in tutta la tenuta di famiglia con scarsi risultati, comprendendo i possedimenti esterni alla casa: la stalla; il laghetto e la zona relax dove la famiglia si ritrovava nelle giornate particolarmente afose, il giovane elfo demotivato e demoralizzato si apprestò a tornare in casa prendendo la direzione delle cucine.

Fù proprio in quella stanza che vide sua madre al fianco del padre, intenta a stringere la mano a una donna molto giovane, una trentina d'anni al massimo, dal portamento regale e con un viso straordinariamente bello, che rispondeva calorosamente alla stretta.

La figura era alta quasi un metro e ottanta e molto snella, possedeva un fisico tonico e asciutto, la carnagione era abbronzata e donava un senso di unicità all'insieme della donna.

Si distingueva inoltre per l'eccentricità nel suo modo di vestire, infatti, portava un paio di pantaloni da uomo a quadrettoni grandi di color viola e neri, una maglietta a maniche corte con lo stesso motivo dei pantaloni, ed infine ai piedi un paio di scarpe da uomo eleganti in vernice, stile classico.

Al suo fianco appoggiato al tavolo della cucina, c'era invece un rifinito bastone da passeggio di pregevole fattura, sulla testa dello stesso svettava un ornamento ben lavorato e dettagliato con precisione da mani esperte, rappresentante un fiero Corvo Nero d'ebano.

La donna si voltò ben prima dei suoi genitori, come se avesse percepito la presenza di Pimcy e accogliendolo con un sorriso benevolo e un'espressione stupita, si avviò in un paio di passi verso di lui.

<< Il giovane Pimcy deduco? >> chiese ben consapevole della risposta.

<< Si signora! Sono io >> rispose il mezz'elfo educatamente.

<< Via, via! Puoi chiamarmi signorina; preside, oppure Lucy. Tutto, ma non signora! >> esclamò lei con tono affettuoso.

<< Si signora! >> replicò Pimcy incantato dalla bellezza della donna.

<< Cioè signorina, scusi, scusi! Preside, cioè Lucy... >> aggiunse poco dopo balbettando e scatenando in lei una gioiosa risata divertita.

<< Sei uno strano ragazzo! >> disse poi la donna tra una risata e l'altra.

<< Mi piaci! >> sentenziò alla fine, prima di girarsi nuovamente verso i genitori di lui.

Pimcy era basito, nemmeno si era presentato che già aveva fatto una figuraccia con la preside di quella che sarebbe potuta essere la sua futura scuola, ma cosa che più lo destabilizzò fù la frase dopo.

Mi piaci!

Che cosa voleva dire? Pensò il giovane nelle sicurezza della sua mente, perché aveva detto una frase tanto ambigua e intima? Il giovane quindicenne non si dava pace per trovare la risposta a quel quesito, tuttavia, in quel momento erano i suoi giovani ormoni a ragionare, di certo non il suo cervello.

Pimcy imbarazzato si avvicinò al tavolo dove sedevano tutti, si verso una tazza di Tè aggiungendo un po' di miele, del quale andava ghiotto e poi prese posto al fianco del padre.

Hogwarts - E i misteri delle caseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora