«Sai, da piccolo eri bruttino.»
Jean aggrottò la fronte quando sentì quella frase. Eren la pronunciò con una tranquillità tale da farlo sorridere.
«Ah, davvero? E adesso come sono? Sentiamo» chiese dopo una boccata di fumo. Afferrò il posacenere e lo poggiò sulla pancia. Con una braccio dietro la testa osservava Eren che, girato su un fianco, gli accarezzava il petto.
Avevano appena finito di fare l'amore ed erano entrambi sovrappensiero mentre si riprendevano dall'orgasmo. Eren si era fatto particolarmente silenzioso e poi se n'era uscito con quella frase.
«Adesso sei un fico da paura.»
«Lo dici solo per prendermi per il culo, vero?»
Eren scoppiò a ridere e Jean sorrise a sua volta. Eren si accoccolò su di lui e Jean cominciò ad accarezzargli i capelli, che si erano fatti più lunghi. Sembrava essersi fatto piccolo piccolo tutt'a un tratto. A diciotto anni pareva ancora un bambino da proteggere.
Jean spense la sigaretta, lasciando il mozzicone sul posacenere, che lo ripose sopra il comodino. Abbracciò forte Eren e gli lasciò un bacio sulla fronte e uno sul labbro.
«Che schifo, lo sai bene che non mi piace il retrogusto di catrame...» si lamentò Eren gonfiando le guance.
«Guarda che sei proprio fastidioso oggi.» Se la rise. «Persino a letto tutto il tempo a lamentarti. Ti ha fatto così male oggi?»
Eren arrossì un poco. Nonostante stessero insieme da due anni, parlare così apertamente di cosa provasse durante i rapporti lo metteva in difficoltà. Non che non gli piacesse, ma detestava dover per forza dire ad alta voce ciò che aveva provato.
«Oggi ero un po' teso» confessò Eren alla fine. Ma Jean l'aveva intuito appena era arrivato a casa sua.
«Adesso stai bene?» chiese. Eren lo guardò e gli diede un bacio sulle labbra, annuendo.
«Sì...»
Restarono di nuovo in silenzio. Eren aveva chiuso gli occhi, godendosi le carezze di Jean. Passava le dita sulle spalle e su tutta la schiena, facendogli solletico quando sfiorava i fianchi nudi ed esposti. Ma era bello sentire quella sensazione. Lo faceva rilassare.
«Penso proprio che andrò a studiare a Bologna.»
Eren aprì di colpo gli occhi ma rimase fermo dov'era. Anche la mano di Jean non si muoveva più.
Eren si spostò, poggiando la schiena sulla spalliera del letto. «Quindi è deciso...»
«Andrò a fare il test d'ingresso la prossima settimana.»
«Così presto? Non abbiamo preso nemmeno il diploma.»
«Lo so, ma ci sono già ora i test. Se non lo supero adesso posso comunque rifarlo a settembre.»
«Mh...» Eren aveva la gola secca. Sentì improvvisamente il suo corpo irrigidito dall'ansia, il petto pesante. Non aveva idea di come funzionasse iscriversi all'Università.
Mancava poco più di un mese agli esami di maturità, e tutti i suoi compagni di classe avevano idee per il loro futuro. Eren invece sapeva solo che avrebbe cercato di uscire dalle superiori e poi... poi era tutto un "che cosa farò"?
Aveva molte strade da percorrere, ma il pensiero di doverne scegliere una in così poco tempo gli faceva solo salire l'ansia. Programmare la sua vita in quel modo non era mai stato pane per i suoi denti. E suo padre glielo faceva notare sempre.
«Eren... Che hai?»
Jean lo destò dai suoi pensieri. Si guardarono in viso e fu più che eloquente quello sguardo angosciato. Jean ebbe il sospetto che in fin dei conti Eren aveva paura di come sarebbe stato il loro rapporto una volta partito. Non si sarebbero più visti ogni giorno. Si sarebbero sentiti solo tramite messaggi e chiamate al telefono. Per incontrarsi dovevano spendere molti soldi, per cui non potevano neppure vedersi spesso.
Eren aveva bisogno del contatto fisico, del faccia a faccia. Aveva bisogno di lui.
Per Jean non era stato facile prendere quella decisione, non poteva farci nulla. Avrebbe rinunciato alla sua carriera per lui e non era giusto. Anche Eren pensava che sarebbe stato un atto egoista costringerlo a studiare nella loro città, a Torino. Era un pensiero assurdo, che avrebbe portato solo infelicità nella loro relazione. Avevano deciso insieme che ci avrebbero provato, perché loro si amavano dopotutto. Eren però dubitava della sua pazienza e aveva una visione pessimistica. Tutto dipendeva da lui, e se non ce l'avrebbe fatta, allora tanto valeva lasciarsi.
Jean lo afferrò e lo riportò tra le sue braccia. Lo baciò sulla fronte e sulle labbra. Eren si strinse a lui, senza dire nulla. Quando non aveva voglia di dire cosa passasse per la sua testa, si chiudeva completamente in se stesso.
«Dai, alziamoci. Mi devo lavare e ho una gran fame.»
Jean si alzò, mettendosi un paio di mutande pulite. «Tra un po' non viene tuo padre a prenderti?»
«Sì» rispose Eren, increspando la fronte. Seguì Jean fino in bagno per lavarsi e vestirsi. Appena ebbe finito suo padre gli mandò un messaggio, dicendogli che tra pochi minuti sarebbe arrivato sotto casa di Jean.
Si mise le scarpe e prese la sua roba.
«Vuoi mangiare qualcosa?»
«No, sta' tranquillo.» Gli diede un bacio. Sarebbe tornato a casa perché doveva studiare. Anche se lo scocciava parecchio, preferendo di gran lunga stare insieme al suo ragazzo.
Suo padre gli fece uno squillo al telefono, avvertendolo che era arrivato. Eren salutò Jean l'ultima volta e uscì di casa. Scese velocemente le scale ritrovandosi fuori sul marciapiede. Trovò a pochi metri di distanza la macchina di suo padre, Grisha. Teneva le quattro frecce ed era parcheggiato in seconda fila. In quella zona era sempre difficile trovare posteggio.
«Ciao, pa'.»
Salì in auto, poggiando il suo zaino in mezzo alle gambe.
«Ciao, come stai? Metti la cinghia.» Indicò la cintura ed Eren obbedì, nonostante se la stesse mettendo senza che lui glielo ricordasse come se avesse ancora nove anni.
«Tutto bene, abbiamo studiato un pochetto.»
Grisha mise la freccia e partì guardando dallo specchietto se arrivassero macchine.
«Capito, bravo, manca poco ormai. Vedi di darti tanto da fare in queste ultime settimane. E il tuo amico ha anche la maturità?»
«Sì, certo... Non ricordavi che Jean era della mia classe al biennio?» chiese, senza rivolgergli nessuno sguardo. Dopo tutto quel tempo, Grisha non aveva ancora capito che lui e Jean stessero insieme. Non sapeva nemmeno che fosse omosessuale. Eren riteneva poco importante questo dettaglio, eppure quando si trovava con lui si sentiva come oppresso da quel segreto. Ogni qualvolta parlavano di Jean, diceva che era un suo amico. E questo lo faceva incazzare. Solamente una volta aveva provato a rivelargli il suo orientamento sessuale, e quando Grisha gli aveva mostrato la sua espressione austera era rimasto in silenzio. Avevano poi cambiato argomento.
«Ah sì, che ha scelto un altro indirizzo di studio» si ricordò Grisha. «Lui ha deciso che cosa andrà a fare?»
«Si iscriverà all'università... vorrebbe andare a Bologna, ma è a numero chiuso, perciò dovrà fare il test tra una settimana.»
Grisha annuì. «E tu?»
Eccolo lì, pronto a sapere se finalmente avesse deciso il suo percorso. Si sentì di nuovo andare nel panico.
«Io... credo che inizierò a lavorare.» La sua voce non parve convinta, ma Grisha non se ne rese conto.
«Ho capito, va bene. Anche se è un peccato. Dovresti continuare con gli studi, sai che sono tempi molto difficili.»
Eren non lo stava più ad ascoltare. Quel discorso lo aveva sentito dire da più persone, persino da conoscenti che lo vedeva sì e no due volte l'anno. Anche questo lo faceva incazzare.
Io cosa posso farci se sono tempi difficili? Non l'ho voluto io, pensava ogni volta. Persino adesso che era con suo padre. Non poté fare altro che annuire.
«Sì, lo so bene.»
Ma era già stanco di tutte quelle chiacchiere, di tutto quel pessimismo che non aveva mai cercato. Tutto il mondo sembrava volesse influenzarlo e probabilmente ci stava riuscendo. Se pensava al suo futuro, vedeva solo nero.
Tornato a casa pensava solo di buttarsi a letto, svuotando la mente e rilassando ogni briciolo del suo animo. Ne aveva abbastanza per quel giorno. Tutti che si aspettavano da lui chissà che cosa. E invece dovette subire le noiose critiche di sua madre.
«Come è andata?»
Eren conosceva bene quel tono severo che celava malamente. Ogni scusa era buona per prendersela con lui.
«Prima che tu uscissi e andare da Jean, ti avevo chiesto di mettere a lavare la roba.»
«Scusa, me ne sono dimenticato.»
«Certo, la verità è che non ascolti mai tua madre! Non posso fare tutto io in casa!»
La verità è che quando i suoi genitori si erano separati, sua madre era diventata più isterica del normale. La separazione era stata per lei una fase difficile, Eren ne comprendeva tutte le ragioni. Ma questa non era una buona scusa per prendersela ogni volta con lui. Eren ce la metteva tutta per non farsi urlare addosso, eppure c'era sempre qualcosa che gli sfuggiva ed era la miccia che faceva scatenare l'ira repressa di sua madre.
Carla era una donna forte, che aveva affrontato da sola la separazione da suo marito. Però non era proprio in grado a rendere Eren meno partecipe al suo dolore.
«Ti ricordo che ho lavato i piatti. E devo studiare per prendere questa dannata maturità.» La sua calma glaciale non riuscì a riconoscerla. Non era mai stato così spento di fronte a una discussione. Qualche anno prima le avrebbe risposto a tono, che non doveva permettersi di trattarlo come uno schiavo. Ma a causa dei problemi che affollavano la sua testa, era stanco di tutto quello che gli capitava attorno. Se restava calmo e indifferente di fronte alle inutili accuse di sua madre, allora avrebbe fatto in fretta a calmare le acque.
«Ah, adesso cerchi scuse come faceva tuo padre?! Che non faceva niente dalla mattina alla sera, anche con i suoi giorni liberi.»
Eren roteò gli occhi e si tolse le scarpe. «Tanto non ti va mai bene un cazzo. Le cose le faccio anche io. Assumiti un'addetta alle pulizie e rompi il cazzo a lei.»
Andò a chiudersi a chiave in camera. Sentì sua madre sbraitare, a dirgli che era come Grisha, che se ne fotteva di lei. Non era vero, non era assolutamente vero.
Gli venne un groppo in gola e si mise a piangere sul letto. Non riuscì a studiare quel pomeriggio e saltò persino la cena. Desiderava solamente sparire per essere lasciato in pace una volta per tutte.
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Mondo Marcio | Erejean/Ereri
FanficUna fanfiction de "L'attacco dei giganti". Erejean//Ereri Eren è un ragazzo che si sente solo. I suoi genitori sono separati e ha con loro un discreto rapporto, che porterà loro sempre a fraintendersi. Studia e non ha idee sul futuro. Ha una relazi...