7. Coscienza sporca

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Levi osservava il suo ritratto estasiato. Eren si era impegnato molto in quel lavoro, doveva ammetterlo. E anche se non aveva occhio critico sull'arte, il suo ritratto era venuto molto bene. Ricordava che il ragazzo fosse poco brillante a scuola, almeno era quello che gli aveva riferito sua cugina. Ma come molti bambini e adolescenti, doveva cercare solo la sua strada, quella che avrebbe portato fuori le sue doti. Difatti, il liceo artistico era stata un'ottima scelta.
«Adesso che ne farai del quadro?»
«Lo appenderò» rispose Levi.
Eren lo fissò increspando la fronte. «Sul serio?» chiese senza celare il suo scetticismo.
«Scherzavo, magari lo terrò in camera nel mio armadio e lo farò vedere a tutti i miei amici e familiari» ammise infine con un sorriso divertito.
«Sarebbe un po' strano vedere il proprio ritratto appeso in salotto come se fossi un conte.»
«Hai ragione, chissà cosa penserebbe la gente se lo facessi.»
«Direbbe che sei un vanitoso con manie di protagonismo» disse a bruciapelo.
Levi lo guardò accigliato.
«Nel senso... non che tu lo sia davvero.»
«Sì, ho capito cosa intendi.»
Calò il silenzio. Eren aveva sempre un modo sfrontato nel dire le cose e non pensava che le persone intorno a lui potessero rimanerci male. Era un difetto su cui doveva lavorarci.
«Tanto ormai che me ne frega del giudizio della gente. Non che io sia senza peccato, ma davvero, non ce ne facciamo nulla.»
«Ammetti che hai la coscienza sporca?» sorrise Eren, ma Levi scosse la testa.
«Chi non ce l'ha?»
Eren restò zitto. Guardò il ritratto e poi lo coprì di nuovo con il nylon. Quel quadro era il suo ultimo capolavoro e sarebbe stato felice vederlo esposto in una galleria d'arte insieme ai suoi altri lavori. Una volta per gioco lo aveva fatto per davvero.
Sua madre, Jean, Mikasa e Armin si erano divertiti a fare i critici d'arte. Da piccolo era stato un suo sogno esporre le sue opere, mettere davanti agli altri la propria visione del mondo. Era cruda, malevola, ma pur sempre affascinante. Persino sul ritratto di Levi aveva usato dei colori molto cupi. Questo perché nelle persone vedeva un'aura malinconica, che nolenti o volenti è sempre presente in loro, persino nascosto dietro a un sorriso.
Si era chiesto che cosa celasse Levi dietro quello sguardo, che cosa avessero visto i suoi occhi in tutti quegli anni di vita. Era bello fantasticare e immaginare ogni tipo di scenario possibile.
«Andiamo di là? Ti do qualcosa» disse Eren accompagnandolo in cucina. Offrì solo del tè caldo, perché di cibo senza glutine non ne aveva neanche mezzo nella dispensa.
«Quand'è che hai scoperta la celiachia?» chiese. Eren portò le tazze fumanti in tavola. Si sedette con una gamba piegata al petto e agitò la bustina di tè dentro l'acqua bollente.
«A sedici anni.» Levi osservava Eren che in confronto a lui, era un ragazzino. Non ricordava minimamente che alla sua età apparisse così piccolo e acerbo, nonostante Eren fosse più alto di lui. Ma era magro, con degli occhi grandi che gli ricordavano un cucciolo di cervo. Sapeva però che non era così innocente come sembrava.
«Oh, non troppo tempo fa.»
«In verità sì, quattordici anni fa» ridacchiò Levi, notando come le guance di Eren di fossero colorate per l'imbarazzo.
«Mio dio... quindi quanti anni hai?»
«Trenta, anzi, quasi trentuno. A natale.»
Giusto, si ricordava quel particolare. Era nato proprio il giorno di natale, un giorno del cazzo per nascere, pensò Eren.
«Qual è la cosa più brutta? Nascere il venticinque oppure la celiachia?»
«Oh, non posso scegliere. Fanno schifo entrambe le cose.»
Si misero a ridere. Eren provò ad assaggiare il tè pronto, ma fece una smorfia disgustata appurando fosse ancora troppo amaro. Ci mise dell'altro zucchero.
«A parte gli scherzi» riprese Levi, «la celiachia ormai non mi pesa più come i primi anni. Non esagero se ti dico che è stata dura. Non c'era un cazzo di locale che facesse roba per me, e con gli amici uscivo di rado perché avevo paura anche solo delle contaminazioni.»
Levi bevve dei piccoli sorsi. Eren rimase in silenzio ad ascoltarlo.
«Poi appena ho preso bene la mia indipendenza, ho iniziato a informarmi molto meglio. Non sono più rimasto nella mia bolla. Ho iniziato a uscire tranquillamente, andando anche nei locali e dicendo di essere celiaco ho potuto mangiare con amici e colleghi dove volevo. Certo, magari loro ordinavano pizza, pasta o quello che vuoi e io una semplice tagliata di carne, il pollo o verdure. Ma sempre meglio che declinare un invito fuori a cena.»
«Ora ce ne sono ristoranti o bar apposta per te?»
«Sì, molti di più di qualche anno fa. E fanno anche un sacco di buoni piatti.»
«Oh, meno male.» Eren non poteva realmente immaginare cosa potesse significare essere nelle condizioni di Levi. Dalle sue parole riusciva a evincere pura serenità e presa di coscienza. Si era accettato.
«Ormai ci ho fatto l'abitudine. E poi ci sono alimenti naturalmente senza glutine, come il tè, il caffè o l'alcol.»
Eren ridacchiò. Era grato del fatto che Levi si fosse aperto a lui in maniera tanto spontanea. Non capitava con tutti quelli che conosceva da poco tempo.
«Hai un account su Instagram in cui posti i disegni?»
«Mh... ne avevo aperto uno tempo fa. Ma avevo postato solo tre disegni. Perché?»
«Be', potresti ricominciare. Hai uno stile molto bello.»
«Tanto chi mi seguirà?» scrollò le spalle. «In quell'account avrò venti follower e due like. Non ne vale la pena.»
«Che pessimismo.» Levi sorrise e prese il cellulare. «Dai, dimmi com'è il nome del tuo account.»
«Il mio personale o quello dove postavo disegni?» chiese perplesso.
«Mmh, tutti e due.»
Iniziarono a seguire i loro rispettivi account. Levi guardò prima quello dei disegni. Erano solo tre post, con dieci like a testa. Non erano per niente male.
«Sei migliorato molto, si vede.» Levi posò il cellulare. Finì di bere il tè.
Eren non era abituato a tutti quei complimenti. Persino Jean certe volte non si sprecava a dirgli che cosa ci fosse di interessante nei suoi disegni e dipinti.
«Questi li ho fatti in seconda o terza liceo» confermò. I primi anni erano stati più complicati, ma era riuscito a trovare il proprio stile di disegno e da lì non l'aveva mai più abbandonato. Cercava sempre di migliorarlo.
«E perché scegliere un altro percorso di studi?» chiese Levi, ricordandosi che facesse la facoltà di comunicazione.
Eren alzò le spalle. «Non so cosa avrei potuto fare all'Accademia.»
«No? Ti sei informato almeno?» Levi lo osservò incerto.
«Non proprio... Sai, mio padre non era molto d'accordo quando mi sono iscritto al liceo artistico. Pensa se mi fossi iscritto all'Accademia.»
«Eren,» inizio Levi, con tono serio, «tuo padre non può influire sulle tue scelte di vita. Se non ti piace quello che stai facendo, sprechi tempo prezioso.»
Eren abbassò lo sguardo sulle sue mani, togliendosi in malo modo le pellicine. Rimase in silenzio, perché non seppe cosa dire. Finora nessuno gli aveva detto una cosa simile e lui come un idiota si era fatto influenzare.
«Perdonami, non avrei dovuto...»
«Tranquillo, in verità ci hai preso» sorrise mesto senza alzare la testa. «Io avrei voluto iniziare a lavorare, ma mio padre ha insistito a iscrivermi all'università. E io l'ho fatto, ma per avere un po' più di tempo libero per me e per poter vedere il mio ragazzo.» Confessò con ansia. «Anche se alla fine l'ho visto una volta da quando è partito per Bologna.»
«Non dovresti pensarla in questo modo, mi dispiace, ma mi sembri piuttosto infelice, o sbaglio?»
Eren non rispose, sentiva un nodo in gola, ma riuscì a cacciarlo via. «Be', sì. Chi non lo sarebbe se il proprio ragazzo andasse in un'altra città?»
«Non hai tutti i torti» sorrise comprensivo. «Solo una volta l'hai visto finora?»
«Già. Prima non poteva. Dovrebbe comunque salire per le vacanze di Natale.»
Realizzò che aveva fatto coming out senza rendersene conto. E Levi non aveva battuto ciglio, parlandone con tranquillità. Si sentì rincuorato, non era da tutti mantenere un comportamento educato.
«Te lo godrai allora per quei giorni. Bisogna trovare un giusto equilibrio quando si tratta di relazioni a distanza. Io ne so qualcosa.»
«Davvero?»
«Sì, qualche anno fa stavo con una ragazza del sud, del paese dei miei genitori. Eravamo amici e siamo stati insieme per circa quattro anni. Ma aveva iniziato a pesarmi da quando lei non poteva salire a causa del lavoro. Non riuscivamo proprio a trovare un compromesso e lei insisteva che dovevo per forza scendere io. Alla fine mi sono stancato.»
«Mi dispiace... Deve essere stata dura.»
«In realtà è stata quasi una liberazione. Non per essere cattivo.»
«Hai più avuto qualcuno?»
«Solo occasionalmente.»
Quattro anni di relazione sono tanti, pensò Eren. Se mai si lasciasse con Jean, non troverebbe nessun altro come lui, di questo ne è certo. Il primo amore non si riesce a cancellare e credeva che Levi la pensasse così.
Appena Levi se ne fu andato con il suo ritratto, Eren tornò in camera buttandosi sul proprio letto. Tre anni a Bologna erano un sacco di tempo, come sarebbero riusciti lui e Jean a mandare avanti la loro relazione? Temeva che anche Jean si stufasse di lui, e se prima erano paranoie sottili, adesso si erano ingigantite in misura spropositata.
Se l'essenza di un rapporto a distanza duraturo era la pazienza e la determinazione, Eren non ne possedeva. Sospettava che un giorno all'altro si sarebbero stufati tutti e due.
Si raggomitolò sotto le coperte in un bozzolo protettivo, dal quale non avrebbe mai più voluto uscirne.

Mondo Marcio | Erejean/EreriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora