Non so che scrivere, all'inizio volevo fare la solita storia d'amore con il ragazzo complicato e con tanti problemi e la ragazza che lo salverà.
Ma è una storia che ho letto e riletto.
Sono nel buio più totale, al freddo. Le lacrime continuano a scendere senza contegno, senza controllo, ma io sono tranquillo, non ho paura. Sono distrutto, vuoto. Guardo davanti a me con la schiena appoggiata alla porta di metallo ad aspettare che lui si riprenda, torni in se, e mi faccia uscire. Mi aveva chiuso lì dentro lui, durante uno dei suoi attacchi di rabbia, come faceva sempre. Gli attacchi erano peggiorati da quando mia madre era scappata lasciandomi lì con lui a soli 4 anni a subire tutte le sue ire. Se ne è andata e ora lei ha una vita stupenda, vive in un enorme villa, sposata con uno ricco di nome George e con 2 figlie. So tutto questo perché prima di chiudermi nella stanza e picchiarmi mio padre mi ha mandato lì al posto suo per riunire mia mamma e lui in un posto migliore, così mi aveva detto. Mi ha dato una grande scatola marrone con il nastro adesivo nero, sulla scatola c'erano scritte testuali parole "per Drusilla, il mio più grande amore, oggi ci rincontreremo in un luogo lontano così potremo stare per sempre insieme. Ti amo, tuo Federik". Drusilla è mia madre. Quello che lui mi aveva detto di fare era semplice, dovevo solo consegnare il pacco. Però io sapevo cosa c'era lì dentro perché un giorno lo avevo sorpreso mentre con degli attrezzi, da vero esperto maneggiava una bomba ad orologeria. Da quel giorno fatico a dormire per il pensiero che la bomba possa esplodere da un momento all'altro.
Mi ricordo il giorno in cui dovetti compiere l'atto come se fosse ieri. La mattina mi sveglio nel mio letto sentendomi osservato. Quando apro completamente gli occhi vedo mio padre che mi sorride ma non in modo carino, in modo inquietante. Ci fissiamo a lungo poi lui d'improvviso mi stritola il braccio destro e mi trascina giù dal letto portandomi in cucina. Sul tavolo c'è il pacco. Rimango qualche istante lì in piedi ad osservarlo ipnotizzato, poi mi riprendo. Dopo avermi preparato la colazione mi spiega il suo piano, devo andare alla villa di George e consegnare di persona il pacco poi correre a casa senza voltarmi. Dopo la spiegazione del piano mi disse di attuarlo così mi preparo ed esco di casa. Cammino per 1 km con il pacco in mano e arrivo alla villa. La bomba nel pacco era stata progettata da lui poiché si attivasse ed esplodesse 20 minuti dopo il mio arrivo alla villa così da lasciarmi il tempo di scappare e mettermi in salvo. Arrivo alla villa e la ammiro, era enorme. Il giardino era curato alla perfezione come le rose
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Avanzai verso limpetuoso cancello, suonai il citofono e aspettai che arrivasse qualcuno ad aprirmi, come pianificato. Dopo pochi secondi vidi una bambina uscire dalla porta e dirigersi verso di me saltellando, aveva all'incirca 8 anni, i capelli mori le ricadevano mossi sulle spalle, gli occhi di un blu oceano meraviglioso mi guardarono indagatori dall'alto verso il basso soffermandosi sul pacco che tenevo ancora tra le mani, i lineamenti del suo viso erano delicati, infantili ma perfetti come se fossero stati disegnati da un prestigioso artista. Arrivò dinanzi a me e ci fissammo per un po'. "Hai bisogno di qualcosa?" mi chiese lei con fare impacciato fissando ancora la scatola marrone, la sua meravigliosa e timida voce mi fece percorrere un brivido lungo tutta la schiena e andai in tilt, non ragionai più. La guardai spaventato, terrorizzato e il mio unico desiderio fu quello di chiedere aiuto, ma ovviamente non lo feci. Le mani iniziarono a tremare mentre lei preoccupata tentò di abbracciarmi attraverso il cancello, ma io mi scansai per paura di ferirla con i miei modi di fare. Era troppo fragile per potermi sfiorare, il mio corpo era ricoperto di affilate lame, un modo per proteggermi dagli altri. Ma lei non volevo ferirla e sapevo che se sarei rimasto quello che non volevo sarebbe accaduto. Tutta colpa sua. Tutta colpa di mio padre. Tutta colpa di quella sua maledetta bomba. La guardai un ultima volta per imprimermi nella mente i ritratti del suo volto. E poi corsi via, nel bosco lì vicino senza mai voltarmi, udii sempre più lontano la sua melodica voce parlarmi e poi essa come la villa divenne solo un ricordo.