<<Thalia Notti presumo?>> domanda un uomo sui sessant'anni porgendomi la mano che afferro e stringo con garbo, <<Presume correttamente>> rispondo <<Lei è?>> chiedo facendo apparire un ghigno di stupore sul suo volto.
<<Gael Norris e lui è mio figlio Brian il..>>
<<Il fratello di Adak>> termino per lui riportando lo sguardo sul letto dove è sdraiato l'uomo che amo ancora, e non uscirebbe dalla mia testa manco se lo pagassi a peso d'oro. <<Quindi lei è suo padre...avrei voluto conoscerla in altre circostanze>> sussurro con lo sguardo rivolto sul volto di Adak che è pallido come l'alabastro, fatta eccezione per alcune macchie riconducibili ad ematomi sul volto che si espandono a macchia di leopardo su tutto il corpo da quanto posso dedurre.
Dalla sua bocca esce un tubo che lo collega ad un respiratore, le sue mani sono incerottate a sensori per il monitoraggio della saturazione e le sue braccia sono bucate da aghi collegati alle flebo.La stanza è silenziosa, solo il bip meccanico del monitor che mostra l'elettrocardiogramma spezza questa quiete tombale.
Riporto il mio sguardo sul viso dell'uomo che ha detto di chiamarsi Gael, noto i suoi tratti somatici così simili a quelli del figlio, fatta eccezione degli occhi, che hanno un taglio meno profondo, più vivace rispetto a quelli di Adak.<<Cosa gli è successo?>> domando a loro, ma forse lo sto chiedendo proprio all'uomo a cui appartiene il capezzale.
<<È in coma>> mi risponde Brian
<<L'ho intuito>> ribatto fredda, mentre per la prima volta dopo anni una lacrima solca il mio viso percorrendolo tutto, prima di giungere al mento e cadere sulla mano di Adak, che stringo sempre di più nella vana speranza di sentirla ricambiare la mia stretta.
<<Vedi lui non voleva andarsene ma...>> spiega Brian
<<...doveva fare una cosa>> aggiunge il padre <<Salvare qualcuno...>
<<Chi?>> chiedo con un velo di sospetto, e curiosità sul volto, dove doveva andare? Chi avrebbe dovuto salvare? Perché non mi ha detto nulla? Ma soprattutto, perché non mi ha detto nulla?
Il silenzio cala nuovamente nella stanza, interrotto solo dal monotono suono del monitor cardiaco. Guardo fisso il volto di Gael, cercando di decifrare ogni minima espressione, ogni segno che possa svelare la verità celata dietro le sue parole enigmatiche.
<<Chi avrebbe dovuto salvare?>> ripeto, insistendo per ottenere una risposta. La tensione nell'aria diventa palpabile, come se il peso delle parole pronunciate fosse troppo grande da sopportare.Gael scuote leggermente la testa, come se volesse respingere il peso delle mie domande.
<<Non posso dirlo,>> mormora infine, la sua voce appena un sussurro nell'aria carica di ansia.La mia mente vaga freneticamente, cercando di collegare i punti, di comprendere il mistero che si cela dietro il volto impassibile di Adak e le parole evasive di Gael.
Chi sarebbe stato così importante da spingere Adak a rischiare la propria vita? E perché tutto questo segreto?
Le mie mani stringono convulsamente le lenzuola del letto, come se aggrappandomi ad esse potessi trattenere la verità che si sfugge. Ma è inutile. La verità è un'ombra sfuggente, che si nasconde dietro le maschere e le menzogne.Mi volto nuovamente verso Adak, il mio cuore contrito dalla tristezza e dalla confusione.
<<Perché non mi hai detto nulla?>> sussurro, la voce rotta dall'emozione. Ma Adak giace immobile, come un monolite nel deserto, incapace di rispondere alle mie domande.
E così rimango lì, circondata dal silenzio opprimente della sala d'ospedale, con il peso delle domande senza risposta che mi schiaccia l'anima. E in quel momento capisco che, anche se Adak si risvegliasse da questo coma, ciò che si è frantumato tra di noi non potrà mai essere riparato.Non so quanto tempo stia passando, forse il MET è anche finito, ma ogni respiro, ogni bit, ogni vibrazione del suo corpo mi portano a sperare che spalanchi gli occhi, che possa sentire la sua mano stringere la mia.
Ma non succede mai.E se non si risvegliasse?
E se non potessi mai più sentire la sua voce?
E se le sue mani non stringessero più le mie?
E se quella notte non avessi fatto la stronza?
E se Pope non mi avesse mai distrutta sedici anni fa?
Ci sono così tante domande che ora vorrei fargli, anche stupide, mi rendo addirittura conto di non sapere quale sia il suo colore preferito. Ma ora non ha senso rivangare le lacune dovute agli errori del passato.
All'improvviso il clank della porta della stanza mi fa sobbalzare sul posto, mi volto e vedo un'infermiera stringere un fagotto tra le mani, che Adak non abbia dovuto...no è impossibile...
Se lui fosse stato padre me lo avrebbe detto...
...A meno che nemmeno lui lo sapesse?
Impossibile.
<<Signora Norris il bambino è febbricitante, ma sta bene pensiamo che in poche ore si rimetta completamente>> esordisce la donna passandomi il bambino tra le braccia. Somiglia ad Adak, è la sua fottuta fotocopia.
Non reagisco nemmeno annuisco in silenzio e stringo il fagotto tremolante.
<<Perché non mi hai detto nulla Adak?>> sussurro al mio ex fidanzato, osservando i lineamenti del suo bambino <<Dov'è la tua mamma piccolino? Come ti chiami eh?>> chiedo all'esserino tra le mie braccia.
<<Tutto bene signora Norris forse sarebbe meglio se->> pronuncia preoccupata la donna,
<<Lei se ne andasse>> ordina imperioso Gael, con un tono simile a quello che usava Adak al telefono con i suoi dipendenti.
Ammesso che fossero dipendenti e non scagnozzi, e il che non mi stupirebbe vista la situazione attuale.
La donna esce in silenzio ed io mi accascio sulla sedia con il bambino premuto contro al petto, e man mano lo sento calmarsi, mi ricorda tanto Zaihrah, anche lei era ed è la copia esatta di suo padre.
Mi volto a guardare Adak ed un altra lacrima sfugge dai miei occhi.
Perché?
Ecco cosa vorrei chiedergli, ma non posso, cioè si posso ma non riceverei una risposta.
Vago tra i miei pensieri non curandomi dei due uomini che ora come ora non so come definirli, o come definire il loro ruolo o meglio lavoro.
<<Mio fratello aveva ragione>> dice Brian rompendo il silenzio della stanza
<<Su cosa?>> chiedo cullando il bambino febbricitante tra le mie braccia, certa che la mia fronte sia ormai corrugata in un'espressione dubbiosa.
<<Diceva sempre: "Thalia è bellissima, solo che ha sempre gli occhi spenti">> sussurra ed una lacrima mi bagna il viso. Mi manca come l'ossigeno.
<<Ho avuto poche ragioni nella mia vita per averli accesi>> ammetto forse più a me che a lui.
<<Sai lui ti aveva salvata 'Occhibelli' sul telefono e non ha torto perché nelle foto con lui hai sempre gli occhi belli e accesi>> mi spiega facendomi versare una lacrima sul volto del figlio dell'uomo che amo.
<<Per me Adak è sempre stato il mio peccato ma è il migliore che potessi commettere>> sussurro <<E in questo istante vorrei solo che si svegliasse e che mi dicesse che è tutto uno scherzo che è qui per riconquistarmi ma soprattutto...chi è sto esserino che è la sua dannatissima fotocopia. E vorrei anche chiedergli se gli piace davvero la pasta alla Carbonara o se lo diceva solo per farmi felice, vorrei che mi dicesse qual è il suo colore preferito>> dico in un flusso involontario di coscienza, <<Vorrei dirgli che sono stata una stronza quella mattina e che voglio solo delle risposte per tutte le domande che non gli ho mai fatto! Ma ora è qui e non può rispondermi, e lui mi manca, perché sì sto con Pope lo ammetto e qui negherò se necessario ma non c'è momento in cui io non penso ad Adak!>>
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Sinfully us - Peccaminosamente noi
ChickLitSono passati sedici anni dalla notte che ha stravolto la vita di Thalia. Tutto ora è cambiato: è una ricca e famosa imprenditrice e stilista newyorkese nota in tutto il mondo. La sua vita si divide tra: sua figlia Zaihrah, e la Enlace, la holding ch...