II

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Giovedì 7 maggio 2020, ore 19:02, Los Angeles.

Gattonò sul letto tirando un'occhiata all'orologio legato al polso. Era giunto il momento.

Si appropriò del laptop accantonato sulla sponda posteriore, lo poggiò sulle cosce e ne divise le ante per accedere a Skype. Louis non era ancora attivo.

Dovette aspettare due minuti pieni, prima di assistere al mutamento di quel minuscolo bollino posizionato accanto alla sua foto: da rosso divenne verde.

Accettò la richiesta di chiamata senza titubare un istante. Un duplicato virtuale di Louis si palesò nel rettangolo dello schermo, lievemente sgranato e distante. Distante. Quella parola aveva l'abilità di frantumargli il cuore in miliardi di pezzi.

Portava degli occhiali da vista scuri dal carattere geometrico e non indossava una maglia. I capelli rasentavano le spalle, e apparivano sempre più lunghi e spettinati: Harry aveva l'impressione che crescessero durante la notte. Le punte erano chiare e ricciolute, contrariamente al resto della chioma, perfettamente liscia, corredata del familiare biondo sabbia. Avrebbe pagato qualsiasi cifra pur di immergere le dita in quel viluppo morbido e profumato. Non poteva annusarlo, ma lo sapeva. Louis aveva sempre un buonissimo odore, e in quel momento era così bello da somigliare a un dipinto.

«Hai cenato, amore?» domandò premurosamente il suo uomo, tramite una voce contraffatta, quasi robotica.

«Non ancora» rispose. «Sai che preferisco fare l'amore a stomaco vuoto». Pronunciare quella frase scatenò una fitta pungente nello sterno. Tra di loro vivevano migliaia di indistruttibili, malefici chilometri, che rendevano impensabile l'idea di fare l'amore; non il tipo di amore che Harry conosceva, perlomeno.

Ma si trattava sempre di loro. E le barriere, dopotutto, erano la sfida che consegnava valore allo sforzo di trovarsi, anche senza toccarsi. Disintegrare i confini spaziotemporali era un traguardo che riuscivano a conquistare ogni giorno.

«Mi piaci con gli occhiali» mormorò Harry, infilando una mano sotto l'orlo della canotta bianca, dove la pelle era calda e percepiva il rimbombo del cuore.

«Vuoi che li tenga?» sondò l'altro, lasciandoli slittare sul dorso del naso, forse senza rendersene conto.

«Sì» annuì, mordendo con gli incisivi un sorriso involontario. «Preferisci che io tolga questa?» chiese, indicando la molletta che manteneva i capelli ordinati all'indietro.

«No, piccolo, voglio che tu tolga tutti i vestiti» espresse, battendo le mani un paio di volte. «Papino ha una certa fretta».

«Di quale fretta stai parlando?» rise, prodigandosi quindi a rimuovere la maglietta per gettarla accanto a sé sul materasso.

«Non fare finta di non capire, ragazzino» rimproverò Louis, agitandosi sul posto. «Vogliamo parlare di quei video, eh? Mi hai costretto a masturbarmi davanti al mio team, cristo!»

«Io non ti ho costretto a fare niente» obiettò, esiliando il portatile da un lato per levarsi e svestirsi anche degli indumenti inferiori. Si accomodò, poi, con la schiena coricata e il dispositivo bloccato tra le cosce aperte.

«Senti, non farmi innervosire» sgridò l'altro, con lo sguardo inchiodato al suo inguine e i denti conficcati nel labbro inferiore. «Merda...»

Harry serpeggiò a destra e a manca per trovare la posizione ottimale, e si compiacque all'idea che il ragazzo stesse ansimando. «Che cosa vuoi che faccia?»

«Apri bene le gambe e fammi contemplare la tua bellezza» ordinò Louis. La risoluzione era torbida, eppure Harry rilevò la patina fosca di eccitamento stesa sopra le sue iridi blu.

I broke the quarantine for you [Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora