III

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Venerdì 8 maggio 2020, ore 20:15, Londra.

"Buongiorno amore. Ti chiedo scusa, ma oggi sarò assente per diverse ore. Ho bisogno di concentrarmi, di riflettere, di provare a scrivere. Non lo faccio da molto tempo. So che capirai. Mi farò sentire presto, promesso. Ti amo, passa una bella giornata."

Aveva inviato quel testo appena dopo il sorgere dell'alba, prima della partenza. Non avrebbe saputo giustificare in altro modo la propria mancanza per un numero cospicuo di ore, pari a quelle del volo che aveva affrontato per raggiungere Louis.

Ma Louis era ancora ignaro di tutto.

Harry si trovava davanti al maestoso cancello della sua abitazione, nel nord di Londra, chiuso nell'abitacolo di una limousine con una telefonata in corso.

«Sono arrivato. Ti dispiacerebbe lasciarmi passare?»

«Ed io cosa ci guadagno?»

«Eleanor, ti prego, eravamo d'accordo» s'irritò, tamburellando le dita su una coscia.

«Dio, rilassati! Tu non sai proprio riconoscerlo il senso dell'umorismo, eh?»

«Non dopo undici ore e mezza di volo, no» sbottò, rigettando aria dalle narici allargate.

«Ecco, ho fatto. Sei contento adesso?» domandò la ragazza, nel momento in cui vide schiudersi l'entrata.

«Grazie» replicò con tono sarcastico, prima di terminare la conversazione.

Una volta fuori dall'automobile, Harry accettò il proprio bagaglio dalle mani dell'autista e lo ringraziò, sfrecciando verso la porta con il trolley al seguito. Aveva atteso quel momento per così tanto da non poter più trattenere l'entusiasmo.

Pressò il dito contro il bottoncino del campanello e aspettò, mentre il torace veniva bombardato dai battiti.

Trascorse un minuto, all'incirca. Considerò l'ipotesi di tentare ancora, quando udì finalmente la voce di Louis: «Tocca fare tutto a me in questa casa?»

«Sto mettendo lo smalto!» sentì urlare da Eleanor.

«Stai mettendo lo smalto da un'ora! Forse dovresti cominciare a pensare di essere negata, che ne dici?»

In seguito a quell'ultimo latrare, il divisorio fu separato dalla serratura.

Louis rimase pietrificato.

Impiegò molti secondi per realizzare quanto stesse avvenendo. Aveva tra le dita una sigaretta accesa, indossava una tuta sgualcita, e i capelli erano schierati all'indietro sotto il governo di un cerchietto.

«Tu non sei il fattorino» constatò con sguardo stordito.

Harry sorrise. Percepì le fossette bucargli le guance. «No, non lo sono».

«Oh mio... dio...» esalò, portandosi le mani al petto. «Oh Dio» ripeté, lanciandoglisi addosso.

Le quattro labbra divennero un tutt'uno, le punte dei nasi incocciarono, i palmi del ragazzo costruirono uno scudo sul suo viso.

«Lou, la sigare....» biascicò. Ma non gli fu concesso di concludere la sentenza.

«Sei qui! Sei veramente qui!» esclamò l'altro con voce fine e squillante, guardandolo dritto negli occhi. «Come puoi essere qui?»

«Sorpresa» sussurrò, abbassandosi a cercare ancora i suoi baci, quei baci che aveva potuto soltanto immaginare e che conservava sempre nello scrigno del cuore.

«Hai usufruito del nostro jet?»

«Sì, certo» confermò, accarezzandogli le braccia. «Non potevo permettere a uno stupido virus di sbriciolare la nostra regola delle due settimane».

I broke the quarantine for you [Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora