Un raggio di sole ferì le palpebre della ragazza, che una volta aperti gli occhi si portó con un mugugno infastidito una mano a coprirli.
La giornata precedente la passò stesa a letto, con le cuffiette alle orecchie e il viso colmo di lacrime, si sentiva talmente esausta che si addormentò senza neanche aver toccato cibo.
Alzò lo sguardo sull'orologio da polso poggiato sul comodino, segnava le 7:23.
Sbuffò e si stropicciò gli occhi, sentendoli appiccicosi e tremendamente pesanti per il pianto che non sembrava aver fine il giorno prima.
Si alzò dal letto, sicura che ormai non sarebbe più riuscita a dormire, ed aprì le finestre illuminando la stanza.
D'un tratto sentì grattare alla porta chiusa della propria camera e sospirò leggermente.
Si avvicinò ad essa e la aprì. In un istante un tenero cucciolo varcò la soglia, cominciando a farle le feste e a leccarle le caviglie scoperte dalle pantofole che indossava come a darle il buongiorno.
— Ciao piccolo... — sussurrò la ragazza chinandosi per prenderlo in braccio e sedersi sul letto con il piccolo cane poggiato sulle gambe. Lo guardò con un sorriso mentre questo scodinzolava felice nel sentire le carezze che Allison gli dedicava sul capo.
Era un incrocio tra un Golden Retriever e un cane da caccia, o almeno così gli avevano spiegato al canile nel quale l'avevano preso qualche giorno prima. La sua particolarità era una grossa macchia nera che gli copriva l'occhio sinistro e metà del muso, cosa che Allison trovava incredibilmente dolce.
D'un tratto una lacrima le solcò il viso, e con forza si morse l'interno della guancia nel tentativo di trattenere l'ennesima crisi di pianto.
«Se mia madre non ti avesse portato a casa a quest'ora sarebbe ancora viva» pensó.
Ma poi il piccolo la guardò con i suoi grandi occhi marroni e, sembrò accorgersi della sua tristezza. Si alzò sulle zampe posteriori, poggiando quelle anteriori sul petto della ragazza e iniziò a leccarle la gote bagnata, quasi a consolarla.
— Hai ragione, non è colpa tua, scusami Macchia... — esclamò la ragazza con voce rotta, stringendo con maggiore forza il cucciolo che, sentendosi abbracciare, inizió ad agitarsi desideroso di giocare con lei.
Questo bastò a strapparle una risata, la prima risata sincera dopo giorni.
— Basta Macchia, dai! Adesso ti porto fuori e giochiamo, ok? —
Il cucciolo sembrò comprendere le sue parole e con un balzò scese dalle sue gambe iniziando a gironzolare esaltato per la stanza.
La ragazza si cambiò indossando una semplice t-shirt un po' stropicciata che prendeva posto da chissà quanto tempo, sulla sedia della scrivania; una felpa grigia con la cerniera, dei jeans neri e delle sneakers ingiallite e lievemente usurate dal tempo.
— Andiamo forza. —
Prese il guinzaglio e la pettorina e con leggera impacciatezza la infiló al cucciolo che non ne voleva sapere di stare fermo. Indossò una giacca a vento sperando che almeno quell'oggi le temperature fossero più calde ed uscì con il cucciolo che scondinzolava contento.
Si tirò sù il cappuccio della felpa volendosi nascondere, non aveva grande voglia di incontrare qualcuno, specialmente passeggiare, ma doveva prendersi le sue responsabilità e curarsi del proprio cane.
Decise per questo motivo di percorrere strade poco trafficate, avendo la certezza di non poter incontrare nessuno. Si accorse allora che la strada che stava prendendo era in direzione del cimitero visitato la mattina precedente e, con un sospiro, si fece forza e decise di entrare per dedicare un saluto alla madre.Era seduta a gambe incrociate davanti a lei e con occhi vacui guardava il sorriso della donna raffigurata in foto.
Non riusciva a spiccicare parola, sapeva che se anche solo ci avesse provato, sarebbe scoppiata nuovamente in lacrime ed era stanca di piangere, ne era esausta.
Distolse all'improvviso lo sguardo nel tentativo di cacciare indietro le lacrime e incroció così gli occhi dello stesso ragazzo che aveva intravisto il giorno prima. Era vestito allo stesso identico modo, con la stessa sciarpa rossa annodata al collo.
D'un tratto sentì il guinzaglio tirare e abbassó lo sguardo sul cucciolo.
— Che cazzo Macchia! — Imprecó Allison nel vederlo iniziare a mordicchiare i fiori poggiati sulla tomba della madre.
— Smettila, non si mangiano questi! — Lo tiró a sé, aprendo delicatamente il muso del cane per estrarre i petali e le foglie che stava masticando con gusto.
Una calda risata si sentì da lontano ed Allison alzó nuovamente lo sguardo sul ragazzo, sorridendogli spontaneamente quando vide che quest'ultimo le stava rivolgendo uno sguardo divertito. Fu allora che il riccioluto si avvicinó fino a mettersi a pochi metri da lei.
— Il tuo cucciolo è bello pestifero. — esclamó quest'ultimo limitandosi a guardarlo dall'alto con il medesimo sorriso divertito sulle labbra.
Il ciuffo riccioluto gli copriva leggermente le iridi verdi scuro, ma ció che attiró l'attenzione della ragazza fu una grossa cicatrice che gli segnava il viso, partendo dall'occhio sinistro per finire fin sopra il labbro superiore.
— Sto ancora imparando ad educarlo, ma è molto dolce. — rispose la ragazza abbassando lo sguardo sul cane che nel mentre si godeva le coccole sulla testa che la padrona gli stava dedicando.
Allison guardó nuovamente il ragazzo rivolgere tristemente i propri occhi al cane, desiderando di accarezzarlo.
— Guarda che non morde, anzi ama le coccole e i giochi. —
— N-Non posso. — esclamó a malincuore il ragazzo.
— Come mai? Sei allergico al pelo? — Chiese innocentemente Allison, curiosa.
Il ragazzo strinse leggermente la mascella e le rivolse uno sguardo duro.
— Non sono affari tuoi —
La freddezza con cui rispose, stupì Allison a tal punto da ferirla. Gli occhi le iniziarono a diventare involontariamente lucidi e strinse con più forza il cucciolo a sé, quasi per proteggerlo.
— C-Che problemi hai? V-Volevo solo essere gentile. — esclamó la ragazza con rabbia, mentre la voce iniziava piano piano ad incrinarsi. Odiava ammetterlo ma si sentiva tremendamente fragile in quei giorni. Non era la prima volta che al minimo rimprovero o errore rischiasse di scoppiare in lacrime come un bambina.
Il ragazzo sembró accorgersene e un senso di colpa lo invase dalla testa ai piedi.
— Mi chiamo Thomas — esclamó all'improvviso quest'ultimo deglutendo, quasi a voler rimediare all'atteggiamento precedente.
Allison lo guardó perplessa, con le labbra socchiuse in un misto di stupore e confusione, e le lacrime che minacciavano ancora scendere. Non sapeva come comportarsi con quel ragazzo, sembrava cambiare umore con una tale facilità, da lasciarla senza parole.
— T-Tu come ti chiami? — continuó il più grande portandosi le mani nelle tasche del piumino che indossava, quasi a voler nascondere il proprio disagio causato dalla situazione.
— A-Allison... — sussurró confusa per poi alzarsi in piedi con il cagnolino ancora tra le braccia. Si guardarono negli occhi per qualche istante, restando entrambi in silenzio.
— Ciao... — mormoró improvvisamente la ragazza desiderando solo di tornare a casa. Si allontanó da lui, dandogli le spalle e lasciandolo lì, in piedi e in silenzio.
Uscì dal cimitero con la rabbia che ardeva dentro di sé.
— Che cazzo di problemi ha la gente? Perché li incontro tutti io mi chiedo...— disse ad alta voce tra sé e sé. Ma per quale motivo la prendeva così a cuore quella situazione, cominció a domandarsi. Infondo era solo un ragazzo piuttosto immaturo, con cui non avrebbe avuto più nulla a che fare.
Si chinó per permettere al cucciolo di scendere dalle proprie braccia e continuare la passeggiata verso casa, mentre le domande continuavano a fare strada nella sua testa.Spazio autrice:
Buon pomeriggio a tutti quanti. Chiedo immensamente perdono per non aver più continuato questa storia. So che sono passati anni e non voglio affatto giustificarmi dicendo che con la scuola, l'università e la vita stessa non sia più riuscita ad andare avanti. Ho perso semplicemente interesse oltre al fatto che crescendo sono aumentate le responsabilità e di conseguenza ho dovuto scegliere con maggiore pignoleria dove spendere il mio tempo libero.
Ma oggi eccomi qui!
Mi sono sempre detta che avrei voluto terminare questa storia e spero che possa farvi piacere saperlo.
Vi chiedo scusa per l'immensa attesa e spero che questo capitolo possa piacervi tanto quanto i precedenti. Accetto come sempre consigli e commenti, quindi non siate timidi.
Alla prossima!
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Annegando negli Incubi
Fantasy«Vuoto. Il suo cuore ormai era una città appena andata distrutta. Era un cumulo di macerie, di morte e disperazione. Ma non erano quelle sensazioni a spaventarla, se non altro il silenzio che viveva in lei, come se il vento si fosse portato via l'un...