Revenge It's a fool's game

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Jordan è un ragazzo tranquillo a cui piace stare per le sue, non il solito ragazzo tranquillo americano che porta gli m16 in classe ma uno di quelli a cui piace leggere durante le lezioni. A scuola, quei pochi che lo conoscono, parlano di lui come un tronco di quercia che rimane immobile per secoli senza parlare. Lui vorrebbe sempre dire qualcosa di più però dopo si ricorda a cosa porterebbe avere un'amico, vorrebbe conoscere i suoi genitori e passare il tempo a casa sua e lui proprio non ne vuole sapere. Ogni volta che si trova in coppia con qualcuno, per un compito di gruppo, recita sempre i primi versi della divina commedia: "lasciate ogni speranza, voi ch'intrate" aggiungendo che c'era troppo caos per poter trovare un posto dove poter studiare e stranamente funzionava sempre. Il segreto stava nel dirlo sorridendo.

Si tratteneva a scuola anche oltre l'orario scolastico per fare qualche corso di studi in più nonostante non ne avesse totalmente bisogno ma si ripeteva che più tempo stava fuori casa meglio era per la sua salute mentale e difatti si era iscritto in palestra da un po' e, senza nemmeno pranzare, si dirigeva in palestra fino alle 19. Però dopo le 19 nessuna attività poteva tenerlo occupato da ciò che lo attendeva, aprendo la porta sentiva già l'angoscia pervadere il suo spirito nel mentre che la fame incominciava ad andarsene. Varcata la soglia sentiva già le sue urla, non per chiedere chi fosse o se stesse bene, ma per imprecare a quei giocatori di basket che non facevano canestro chiamandoli anche "fighette" nonostante lui si alzasse a malapena da quella poltrona. Per evitarlo si diresse in camera sua assicurandosi di non far rumore anche se i rutti del padre e la tv al massimo volume coprivano qualsiasi rumore, metteva le cuffie ed ogni rumore svaniva insieme a tutta quell'angoscia e preoccupazione. Ma il divertimento durò poco visto che, dopo la morte della madre per via di un cancro al seno, era lui a dover cucinare ma di certo non avrebbe cucinato pure per quell'orco in soggiorno ed ogni sera era la stessa storia... Sentiva quei passi, quei dannati passi sonanti che si dirigevano verso camera sua preparandosi con la sua solita risposta che sapeva benissimo dove lo avrebbe portato.

"Jordan!...JORDAN, ESCI! Devi preparare la cena! -disse per poi aggiungere-"Inutile ammasso di carne che poltrisce in quel letto con quella musica di merda"-sussurrò il padre-

Ogni volta la stessa storia. Come se fosse bloccato in un loop eterno, un girone dell'inferno, il suo limbo personale che lo perseguitava per non aver salvato sua madre. Ma una parte di lui sapeva che non era colpa sua e che la colpa fosse solo di una singola persona e questa parte di lui che sapeva ciò era la stessa parte che avrebbe causato la sua discesa nell'oblio.

"Non sai cucinare stronzo? Vedo che l'unica cosa che hai imparato nella vita è tirare pugni che non vanno nemmeno a segno. Sei inutile pure in quello"-disse Jordan-"Ti sto aspettando"-disse sapendo cosa stesse per accadere-

Puntuale come un orologio svizzero si sfilò la cintura e aprii la porta della camera di Jordan, ormai malandata, iniziando a colpire il povero ragazzo che non emetteva nemmeno un gemito di dolore. Tutte le altre notti identiche lo avevano reso impassibile di fronte a tutto, da ciò deriva il suo soprannome "tronco".

quando si rimise la cintura non gli diede la soddisfazione di sembrare dolorante, anzi, gli sorrise in faccia senza vergogna. Ma tutto ciò serviva solo ad allontanarlo di casa e farlo andare nel primo bar a spendere il suo stipendio in alcool e puttane, però almeno non era in casa, in quel lasso di tempo cercava i risparmi del padre sapendo però che non poteva essere tanto astuto da averceli. Coglieva ogni occasione per poter fuggire da quella situazione ma puntualmente c'era sempre qualcosa che andava storto. Una volta, trovando il coraggio di chiamare gli assistenti sociali, suo padre si camuffò da padre modello e per quei 26 minuti di chiacchierata sentí di avere un vero padre, e non un'uomo che lo disprezza e lo incolpa per la morte della madre. Quella notte trovò altro, non i soldi, non i biglietti delle agenzie per escort, non le sue bottiglie di birra sparse ovunque. Al posto di quelle solite cose presenti nella sua camera trovò una pistola, ben nascosta sotto il materasso del padre, la prese e un pensiero fulminante percosse la sua mente alla stessa velocità della luce. Voleva farlo, voleva fare ciò che la parte di lui in cerca di vendetta bramava da anni. Si guardò allo specchio non dicendo nulla per svariati minuti, si fissò per poi puntare la pistola nella sua bocca pensando di meritarlo, in quel momento non sentii altro se non i suoi pensieri, dei pensieri mediocri e di poca rilevanza che però stavano scalfendo la sua armatura colpendo sempre più in profondità. Il suo dito era come congelato sul grilletto e gli diceva di usare quell'arma per il giusto scopo nonostante comportasse grosse conseguenze. La sua testa era colma di pensieri che lo stavano tormentando, non sopportava più quelle voci ed alcune lacrime scesero dai suoi occhi bagnando il suo volto pieno di lividi, pianse fino a tremare fino a quando la porta di casa non si spalancò ed entrò quel vecchio energumeno totalmente sbronzo. Crollò dal suo palazzo dei pensieri ritrovandosi nel mondo reale e appena lo vide rimase immobile mentre l'uomo avanzava togliendosi come prima cosa la cintura, ma stavolta non voleva fargli del male voleva compensare il desiderio di riprodursi dimenticandosi delle leggi di Darwin. Si avvicinò con un sorriso sinistro in volto e non appena lo vide proprio di fronte a lui puntò la pistola nel suo ventre sparando quel colpo fatale, il suo enorme ventre attenuò il rumore, il sangue sgorgava incessantemente come se volesse liberarsi di tutto quel grasso e quella birra accumulati negli anni. Posò la pistola e lascio cadere suo padre al suolo mentre lo implorava di aiutarlo ma rimase indifferente.

"A-aiutami Jordan, sono tuo padre dopotutto. Ti ho sempre voluto bene, lo sai. Chiama il 911, puoi ancora rimediare. Dirò che è stato un'incidente, ti prego figliolo"-Disse piangendo-"In 17 anni non ti ho mai visto piangere"-se la rise Jordan-"ed ora giaci sul pavimento sporco di vomito e birra ferma nel tempo che hai passato a ferire sia me che mamma e pensi che adesso ti aiuterò? non ti credevo così idiota"-Disse facendo per andarsene-"Ho ferito tua madre? Quella puttana non faceva niente in cas-"

Non fece in tempo a finire la frase che il figlio gli si lancio addosso per picchiarlo nonostante fosse già vicino alla morte

"Non te ne andrai sereno da questo mondo"

Gli diede pugni e calci proprio dove gli aveva sparato e le sue urla riecheggiavano nella stanza ma nessuno dei vicini accorse in suo aiuto, erano ormai abituati a ciò che faceva il padre ogni sera. Passarono 3 minuti e 24 secondi e furono i più soddisfacenti della sua vita, purtroppo però queste scelte comportano svariate variabili che bisogna sempre calcolare. Arrivato nel bagno per lavarsi le mani da quello sporco sangue alzando lo sguardo vide il suo volto per metà imbrattato dal sangue del suo sangue, poggiò le mani sul bordo del lavandino e osservando di nuovo cosa fosse diventato disse:

"Mi dispiace mamma"

a murderer or a hero? Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora