Capitolo 3

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Mi avvicinai subito alla piscina rivolgendomi ai ragazzi.
<<Ma che cazzo fate, siete forse impazziti?!>> loro non risposero, e mi andava bene così, avevano paura di me -cosa che odiavo- ma anche su questo non potevo farci niente.

Mi avvicinai al bordo della piscina, il ragazzo non riemergeva. Sapeva nuotare giusto?

<<Ylenia mantienimi lo zaino>>
<<Cosa hai intenzione di fare?>> gli passai lo zaino e senza neanche rispondere alla sua domanda mi tuffai con i vestiti addosso, in acqua.

Non ero la migliore a nuotare anzi, tutto il contrario, ma nessuno si era tuffato per salvarlo e io non avrei voluto avere un altro senso di colpa.

Quindi le opzioni erano tre
1 affogo insieme a lui
2 una volta afferrato provo a salire e
3 qualcuno si accorge che stiamo annegando e ci salva, ma l'ultima opzione ha lo 0,01% che riesca.

Afferrai il ragazzo in questione, non aveva ancora perso i sensi, aveva il suo zaino in mano.

Cercai di salire ma mi mancava l'aria, tra un po' avrei perso io i sensi.
Stavo annegando, iniziai a vedere tutto nero. Non arrivava aria nei polmoni.

Stavo morendo? Mi mancava così poco per poter uscire, non potevo arrendermi ora.

Sentii delle labbra morbide sulle mie, era lui. Ed eravamo ancora sott'acqua,
Stava cercando di farmi prendere aria con il suo respiro o cosa?

Si era proprio quello che voleva fare,mi schiuse le labbra e respirai quel poco che mi bastava per aprire gli occhi e uscimmo da quell'inferno.

Tossii, eravamo ancora in acqua a bordo piscina. E ci stavano guardando tutti, notai il preside e il professore di nuoto correre verso di noi.

Sul serio avevano chiamato loro invece che aiutarci?!.

<<Grazie per aver provato ad aiutarmi Ariel>> mi disse lui.
<<Come scusa?>> dissi, cercando di respirare più che potevo.

<<Ho detto grazie, ci senti o l'acqua ti è entrata anche nelle orecchie?>> mi chiese preoccupato, era davvero buffo.

<<No, intendo... Come mi hai chiamata?>> mi davano fastidio i nomignoli, soprattutto da chi non sapeva niente di me, -quasi tutto mi dava fastidio ecco, non potevo biasimare gli altri se non mi sopportavano-

<<Ariel, ehi. La sirenetta che salva... lasciamo stare, riesci ad uscire?>>
non aveva paura di me? Ero stanca e avevo i vestiti pesanti addosso, ma uscii senza il suo aiuto e lui fece lo stesso.

<<Non chiamarmi più così>>
<<Allora come ti chiami?>>
<<Non sono in vena di fare conoscenze>>. Dissi, ma lui non si arrese.

<<Piacere io mi chiamo Alexander, secondo anno di università e sono nuovo a New York>>> era nuovo eh.
Per questo stava parlando con me e sempre per questo lo avevano preso di mira.

Guardai la mano che mi porse e poi lo guardai negli occhi. Vidi la tempesta, erano grigi, e nei suoi occhi mi ci potevo specchiare. Non ricambiai la stretta ma decisi di rispondergli prima che arrivassero gli altri.

<<Io mi chiamo Alessia, Alessia Ackerman e anche io sono al secondo anno>>.

<<Stanno parlando davvero>>, <<quel ragazzo è pazzo>> sentii gli altri ragazzi che ci stavano guardando, ma li lasciai fare. Avevo freddo.

Subito dopo successe qualcosa di totalmente inaspettato.

Alexander si tolse il dolcevita rimanendo solo con i pantaloni e mi abbracciò.

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