"I wish you could be honest,
I wish you could be honest with me"
(Honest - The Neighbourhood)«Alzati e prendi tutto» tuonò una voce nella stanza. Milena schiuse gli occhi mugolando, i raggi ancora dolci e tenui scivolavano attraverso la finestra, depositandosi a terra e tracciando piccole scie di luce accompagnate dalla febbrile danza di migliaia di granelli di polvere. Iris, tutt'altro che assopita, scattava da un capo all'altro della camera racimolando borse, vestiti e oggetti di prima necessità che il giorno precedente il papà aveva portato all'infortunata. Sembrava agitata. Milena si sistemò a sedere sul letto, strofinandosi gli occhi. La guardò stranita.
«È questo l'effetto che ti fa il caffé di prima mattina?» cercò di sdrammatizzare accennando un risolino sarcastico. Iris la fulminò. Il suo sguardo gelido tagliò in due la loro distanza e con forza ficcò l'ultima maglia nel borsone. Le sue narici si allargavano ad ogni secondo, segno che si stesse spazientendo. Milena puntò gli occhi altrove, a disagio.
«Non ho tempo da perdere e nemmeno tu. Tuo padre tornerà a casa all'ora di pranzo, quindi ti conviene muoverti» asserì con fare perentorio, avvicinandosi al letto e strattonando via le coperte come una madre alle prese con un poppante di prima mattina.«Vuoi andare a scuola? Ho passato tutta la notte all'ospedale, sei impazzita?!» sbraitò Lena scendendo dal materasso e strappando la borsa dalle mani della giovane donna per tirare fuori qualcosa da mettersi addosso prima di uscire. Iris, tanto in sovrappensiero, aveva già organizzato tutto senza essersi minimamente resa conto che Milena girava ancora con il pigiama addosso. A brandelli tra l'altro. Quando notò il proprio tessuto a penzoloni, s'irrigidì.
Che cavolo era successo? Milena si avvicinò allo specchio, incontrando la sua schiena scoperta e la tinta assurda di capelli che aveva spazzato via il suo caro e vecchio bruno rossiccio a cui era tanto affezionata. Era una caratteristica che aveva ereditato da sua nonna e la faceva sentire più vicina a lei, come se una sua parte esistesse ancora, come se Lena potesse averla sempre con sé, indipendentemente da dove la morte conducesse i suoi nuovi amici una volta strappati via con forza da quelli terreni. Iris deglutì amaramente il groppo che da quella notte portava in gola con angoscia.
«Tu...» ringhiò Milena linciandola con lo sguardo poco prima di avanzarlesi precipitosamente contro. Ma Iris non si scompose, riprese la borsa in pelle della ragazzina e le lanciò un paio di pantaloni accompagnati dalla prima maglia trovata in quel confusionario malloppo di abiti e cartacce varie: «Dobbiamo battezzarti».
In un contesto differente probabilmente Milena sarebbe scoppiata a ridere. Quanto assurda e seria quell'affermazione uscì dalle labbra della bionda che da un momento all'altro, da bagaglio umano di ansiolitici, era tornata ad essere la solita statua imperturbabile e indistruttibile che aveva conosciuto il giorno precedente nell'edificio scolastico. Milena ricordava a stento cosa fosse successo, ma degli enormi vortici di vuoto totale risucchiavano via anche la sicurezza di ciò che vagamente rimembrava essere accaduto. Tutto veniva messo in discussione, e lei non riusciva a non cedere l'intera colpa a quella sconosciuta che da un momento all'altro non la lasciava stare neanche un secondo in totale solitudine. Era crollata a terra con lei e si era risvegliata con la sua voce. Non poteva essere un caso.
Vedendola immobile sul posto con gli occhi immersi nel vuoto e la testa altrove, Iris sbuffò rumorosamente e afferrò il bordo della maglietta di Milena per aiutarla a sfilarsela di dosso. La ragazza si ritrasse all'improvviso. Iris le lanciò un'occhiata confusa. Lena assottigliò lo sguardo. Fu un secondo, i loro occhi si scontrarono. Una pesante aria di imbarazzo e incomprensibilità esplose nell'aria delle loro due spesse bolle entrate in collisione.
«Levami le mani di dosso» sussurrò infine Milena indietreggiando con vergogna e voltandosi per svestirsi. Iris vacillò sul posto, inumidendosi le labbra e ispezionando la camera un'ultima volta prima di dirigersi verso l'uscita.
«Ti aspetto fuori» disse, abbandando poi la stanza.
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THE LAST ONE | Sanguemisto
Fantasy"Un filosofo dice che l'uomo tiene della bestia e dell'angelo; questo significa che l'uomo non è né bestia né angelo, ma una creatura degenere, un esperimento fallito." (Angelo Fiore, Il lavoratore) Se trovate degli errori di battitura, segnalatemel...