Capitolo 1: Boys don't cry

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I tried to laugh about it
cover it all up with lies.
I tried to laugh about it
hiding the tears in my eyes,
'cause boys don't cry
boys don't cry...

-The Cure, 1979,
Boys don't cry.

Will Byers aveva cinque anni quando vide Mike Wheeler per la prima volta. Ricorda, e probabilmente non dimenticherà mai, quegli occhi impauriti così simili a quelli di un cervo di fronte ai fari di una macchina mentre quel bambino si avvicinava a lui con passo impacciato. Sembrava spaventato eppure sicuro di sé allo stesso tempo.

Will quel lunedì di metà settembre dondolava pigramente sull'altalena, arrendendosi alla noia. Era il suo primo giorno d'asilo ed era in cortile tutto solo, perso nei suoi pensieri infantili. Non era molto bravo a farsi degli amici, essendo già a quell' età un bambino piuttosto insicuro che preferiva restare nascosto in un angolo piuttosto che sconfiggere le sue paure o - dio non voglia- parlare con qualcuno.

Eppure quel bambino di fronte a lui, nonostante sembrasse in conflitto con se stesso proprio in quel preciso momento, gli si era avvicinato. Era un po' più alto di lui, pallido e magrolino, con un lungo naso a punta ricoperto di buffe lentiggini. I suoi capelli neri gli scendevano ondulati fin sopra le orecchie e gli coprivano la fronte. Sembrava avesse un nido in testa, tutto aggrovigliato, e Will ricorda di aver pensato che fosse un po' ridicolo. Quel giorno indossava una maglietta gialla infilata dentro dei pantaloncini bianchi, calzettoni alti fino alla caviglia colorati e delle scarpe rosse. Era così pieno di vita e quei colori su di lui splendevano così tanto che Will si sentì un po' spento nei suoi vestiti marroni di seconda mano.

Quando Will incrociò i suoi occhi per la prima volta, mentre stringeva nervosamente le catene fredde e dure dell'altalena, ricorda di aver provato una strana morsa allo stomaco, qualcosa che lo solleticò dall'interno. Era elettrizzato.

Il bambino ormai a soli pochi passi da lui sollevò un angolo della bocca, un sorriso a labbra strette "Ciao," allungò una mano a Will, "vuoi essere mio amico?"

Will esitò, spostando lo sguardo sul suo palmo aperto con curiosità. Fu tutto così inaspettato. Tutto così...bello. E quella, Will pensa, fu la prima volta che si sentì davvero normale, come se appartenesse a quel mondo. Qualcuno voleva essere suo amico e quel qualcuno non era suo fratello.

Ancora un po' sorpreso, annuì freneticamente con la testa. "Sì." disse e poi gli strinse la mano. Bastò il contatto con il palmo caldo del bambino di fronte a lui per rilassare ogni parte tesa di Will. La sua presa era un po' impacciata, il suo palmo un po' sudato, e questo tirò tutte le corde del suo cuore.

"Io sono Mike."

"Will. I-io sono Will." balbettò lui, facendo scoppiare Mike in un sorriso confuso. Non capì cosa ci trovasse di divertente, ma automaticamente Will sorrise a sua volta. Lo strano nodo dentro al suo stomaco cominciò pian piano a sciogliersi. E anche Mike sembrava d'un tratto molto più rilassato e Will pensò davvero che avrebbe rilasciato un sospiro di sollievo da un momento all'altro.

Quando poi arrivò il momento di lasciare andare la sua mano, Will lo fece. Il suo cuore batteva forte per la contentezza. Fletté le dita, quasi poteva sentire ancora il tocco di Mike.

Mai prima d'allora si era sentito così caldo dentro, prima che arrivasse lui. Perché era così caldo? Perché sei così caldo Mike?
Non lo chiese, ma avrebbe voluto farlo. Quel dubbio lo tormentò fino a molti anni più tardi.

"Allora, Will...hai mai giocato a Dungeons and Dragons?"

In seguito, l'intero mondo di Will sembrò capovolgersi. Tutto cominciò a ruotare intorno a Mike. Sua mamma, Joyce, il secondo giorno lo lasciò davanti al cortile della scuola, ma quel giorno era un sorriso quello che vide sulle labbra di suo figlio mentre scendeva dalla macchina. E così anche il giorno dopo e quello dopo ancora. In effetti Mike, ogni mattina alle 8:30, era sempre lì ad aspettarlo, con quei capelli sempre più lunghi e disordinati e quelle ridicole magliette dai colori sgargianti. Will sorrideva ogni volta che lo vedeva, come se non potesse farne a meno. Era solo...così ridicolo. Era semplicemente felice di avere un amico. Un amico come Mike. Perché Mike, sin da bambino, era capace di migliorare le sue giornate. Sempre. Non importa quanto fossero brutte, spesso a causa di qualche bambino più grande che lo prendeva in giro, perché Mike era sempre lì per lui. Con lui. Spesso diventando lui stesso un bersaglio solo per difenderlo. Questo riscaldava sempre un po' di più il cuore di Will. Mike, però, non si definiva coraggioso, non si definiva un eroe...ma be' per Will lo era. Anche solo esistendo, Mike lo rendeva felice. Era così grato per averlo. Per essere suo amico. Per il fatto che Mike avesse scelto lui, tra tutti gli altri, quel giorno.

I Just Want You To Know Who I Am  /BylerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora