Nurse Ann

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La nebbia circondava la strada. Non era una di quelle nebbie d'autunno che scompaiono ancor prima di cominciare; no, era fitta e non se ne sarebbe andata per chissà quanto tempo, e quando se ne sarebbe andata, tutto sarebbe tornato visibile.

In quella nebbia, una donna stava guidando. Era una donna di trent'anni, di bell'aspetto e con un bel fisico. Stava guidando perché doveva andare a lavoro, ovvero all'ospedale. "Dannazione", disse la donna.

Non si vedeva niente, anche con i fari accesi, il che era molto strano.

"Dove sono finita? Non sembra la strada per l'ospedale!"

La donna mise il freno e scese dalla machina, intenta a capire dove fosse finita, ma non ci riuscì.

Una macchina di colore rosso si avvicinava a lei. Il conducente non aveva idea che la donna fosse lì, per via della nebbia. La donna non capì chi le stava venendo incontro, finché non le sembrò di vedere una luce. Una piccola luce nella nebbia, accompagnata da un rumore di ruote. La donna, una volta capito il pericolo, provò a mettersi in salvo, ma era troppo tardi.

La macchina colpì così forte la donna che svariate parti del suo corpo volarono in aria - il braccio destro, una gamba, parte della pancia e la testa, che finì in un cespuglio di rose lì vicino, facendolo diventare più rosso di quanto lo fosse prima.

Richard si svegliò, pieno di sudore.

"Un altro incubo" disse tra sé e sé.

Erano passate due settimane da quando Ann, sua moglie, era morta, e ancora era tormentato dagli incubi. Ma era naturale; lui e Ann erano insieme da circa dieci anni, e quel colpo lo aveva certamente scombussolato.

Con passo lento scese le scale e arrivò in cucina, pronto per mettere il pollo dell'altra sera nel microonde. "Che vita di merda" disse accendendo la televisione.

Mentre ascoltava le ultime notizie afferrò una birra e la bevve in un sorso. Si ricordò delle parole del medico: "Lei sta messo male, e l'alcool peggiora la situazione. Mi dia retta: smetta di bere".

Ma a Richard non importava. Da quando Ann era morta non gli importava più di nulla: del lavoro, dei soldi e delle sue conoscenze. La cosa che gli importava era una fino a morire, e niente di più.

Sbuffando, prese il cappotto e uscì di casa per andare a lavoro. Quel lavoro un tempo tanto amato ora era diventato solo una terribile agonia. Quando arrivò al posto di lavoro, vide il suo capo avvicinarsi a lui.

"Signor Emilton?"

"Si, capo?"

"Deve seguirmi."

"E perché?"

"Perché si."

Richard seguì il campo tra i corridoi dell'edificio, fino ad arrivare all'ufficio del capo. "Si sieda." gli disse il capo, indicando una sedia. Richard si sedette,senza protestare.

"Allora? Che succede?"

"Primo, non si rivolga così al suo capo. Sarò un essere umano come lei, ma sono quello che le dà i soldi per mantenersi il culo. Secondo, ho visto che lei non sta più lavorando come prima. Come mai?"

In quel momento, Richard avrebbe voluto urlare in faccia al capo. Avrebbe voluto dirgli che era perché Ann era morta ,perché lui era un normale essere umano e che la persona che aveva davanti altro non era che un idiota. Ma non lo fece.

"Quindi?"

"È per mia moglie?"

"Sua moglie?"

"Si. Forse lei non lo sa ,ma è morta due settimane fa."

𝗖𝗿𝗲𝗲𝗽𝘆𝗽𝗮𝘀𝘁𝗮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora