Fermami.

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Capitolo 4

"Fermami."




Depistato.


Ecco cosa gli hanno fatto. Lo hanno depistato. Gli hanno fatto il lavaggio del cervello a suon di veleno di aghi inseguitori.

Lo guardo attraverso il vetro della sua camera d'ospedale. Non posso avvicinarmi a lui, almeno per ora.

Quando mi guarda non mi vede realmente. Vede un ibrido e una minaccia.


Che cosa mi aspettavo? Di dirgli che lo amavo non appena fosse tornato e di ricominciare come nulla fosse?

Beh, non sarà così. Non sappiamo nemmeno se tornerà il Peeta di sempre, tanto meno se potrà di nuovo ricambiarmi come un tempo.


Stupida. Stupida.


Non riesco a rimanere lì un secondo di più, così mi incammino tra i corridoi del Distretto 13, in cerca di distrazione, di pace, di... non so nemmeno io di cosa.

Passo per la sala da pranzo, e noto Finnick e Annie seduti uno affianco all'altra. Si tengono per mano e parlano. Si guardano con un'intensità tale da farmi ribollire il sangue nelle vene.

Non riesco a guardare nemmeno quella di scena, così faccio per andarmene, ma mentre lo faccio Finnick mi vede e rivolge il suo sguardo verso di me.

Ci osserviamo per pochi secondi, ma poi interrompo il contatto e proseguo per la mia strada.


Due volte stupida.


Arrivo nella mia camera e mi ci chiudo dentro. Ora posso maledirmi per quanto tempo voglio senza che nessuno interrompa il mio flusso di pensieri.

Ancora non riesco a comprendere le emozioni che mi stanno attanagliando... so solo che ancora mi torna alla mente il bacio con Finnick. A volte mi convinco che non ha significato nulla né per me né per lui... ma se così non fosse?

Lui ha Annie. Io, al momento, non ho nessuno.

Si... ho Prim e mia madre. Ma non mi basta più.


Non conto più quanti giorni passano.

Due. Forse tre.

Peeta è ancora chiuso in ospedale. Le mani ammanettate al letto. Tutti i giorni si tenta di guarirlo, di risanare la sua mente. Ma la strada è lunga.

Mangio. Bevo. Cammino. Sono un automa. Apatica fino al midollo.

La notte arriva prima che io me ne riesca ad accorgere.

Come di solito, tutti dormono tranne me. Cos'ho di sbagliato per essere l'unica a non prendere mai sonno?

Pazza. Ecco cosa sono. Completamente pazza.


Mi alzo anche stanotte, e mi dirigo verso il corridoio.

Non lo troverai stanotte. Annie è tornata. Non ha più bisogno di fare nodi.

Vorrà dire che siederò sul pavimento da sola, oggi. E invece mi sbaglio. Finnick è seduto al solito posto, niente corde tra le mani stavolta.

Mi vede e mi esorta a sedermi accanto a lui.

"Cosa fai ancora qui? Annie è tornata, sta bene!" gli dico.

"Già." Mi risponde secco.

"Che succede, Finnick?"

Gira il viso verso il mio. Gli occhi leggermente lucidi.


"Katniss, io amo Annie." Mi dice. Perché me lo sta dicendo?

"S-si, questo lo so..."

"Ma ho una maledetta voglia di rifare ciò che ho fatto l'altro giorno." Ammette, senza smettere di guardarmi fisso negli occhi.

Capisco appena cosa mi sta dicendo. Vuole... baciarmi di nuovo? Cosa?!

"Aspetta... cosa? Finnick, stai delirando..." sussurro.

"L'ho pensato anch'io. Ho pensato di essere diventato completamente matto. Aspettare il ritorno di una persona per così tanto tempo e poi riuscire a pensare ad un'altra? Come posso fare una cosa simile?"


Si ferma. Distoglie lo sguardo e lo punta verso le sue mani appoggiate alle ginocchia. Riprende fiato.

Inspira ed espira a lungo, riconciliando i pensieri.

Poi, riporta i suoi occhi ad incastrarsi coi miei, e mi dice: "Come posso voler stringere la tua di mano?".

Ed è quello che fa in quell'istante. Mi stringe una mano tra le sue delicatamente ma con presa salda.


"Come posso voler sentire il tuo di profumo?" dice, mentre avvicina il viso ai miei capelli.

"E voler... " accosta il suo volto a pochi centimetri dal mio. "Voler... "


Che tortura infinita! Avere le sue labbra a un passo dalle mie e rimanere impietrita ad aspettare un suo movimento.


"Katniss... se sto per fare qualcosa che tu non vuoi... fermami."

"Non ho intenzione di fermarti." Rispondo pronta, per poi eliminare la distanza tra le nostre bocche.


Lo bacio con tutta l'intensità che ho dentro, con tutta la frustrazione, la preoccupazione, la voglia di farlo, l'incertezza e la sicurezza insieme.

E a contatto con le sue labbra, sento un pezzo di me che torna a vivere.

Porto una mano sulla sua guancia sinistra, e lui mi stringe in un abbraccio.

Pian piano le sue labbra si dischiudono e intrecciamo le nostre lingue con foga.


Mi tornano in mente i baci con Peeta. Ma non sono nulla a confronto con questo.

Si stacca da me di colpo, tenendo la mia mano salda sulla sua guancia.

Chiudo gli occhi, e mi faccio coraggio per chiedergli: "Cosa facciamo ora?"

"Non ne ho idea." È la sua risposta.





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