Normalità.

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Capitolo 5

Normalità.

Peeta si dimena con forza sul lettino d'ospedale.

I polsi tenuti fermi da cinghie di pelle marroni. Ora sono loro a prendere il posto delle manette.

La sua bocca è chiusa in una smorfia, e ogni tanto svela i denti digrignati.

I suoi occhi sono due sfere vuote.

Sono giorni che lo guardo, anzi, lo contemplo, dal vetro della sua stanza.

Non posso avvicinarmi, mai. Almeno per ora.

Non riesce ancora a guardarmi senza provare ad uccidermi.

Dicono che sta migliorando, ma non verso i miei confronti.

Eppure, anche se non mi riconosce più, penso che potrei amarlo anche se rimanesse così, depistato.

Amarlo.

È davvero questo che sento? Lo amo davvero?

Se è così, perché ho baciato di nuovo Finnick, allora?

Già, Finnick. Non abbiamo più parlato dopo quella notte.

Sono passati già alcuni giorni... non so che cosa sto aspettando. Che sia lui a venire a parlare con me? A dirmi che ha deciso cosa fare? Che vuole stare con me?

Forse sì.

E quando Annie verrà a scoprire tutto? Lo farà? E Peeta, e Gale? Dovremmo dirglielo?

Basta.

Non posso più stare qui imbambolata, usando l'immagine sofferente di Peeta come scacciapensieri.

Decido di lasciare a malincuore questo corridoio senza vita e di recarmi in sala pranzo. Saluto con gli occhi il ragazzo del pane e mi incammino.

Non ho assolutamente intenzione di mangiare nulla di quello che mi propineranno oggi, ma almeno vedrò Finnick.

Appena entro nella mensa, lo scorgo seduto ad un tavolo all'angolo, solo.

Lo vedo mentre rimugina sul piatto, con il cucchiaio in mano che gira a vuoto. Mi faccio coraggio e mi avvicino.

Mi siedo accanto a lui lentamente, come se nulla fosse.

Lui non mi guarda.

Rimane impassibile, con lo sguardo perso.

Non so se proferire parola o meno, ma mentre ragiono sulla prossima mossa, apro bocca e faccio uscire la voce.

"Ciao." sospiro, quasi impercettibilmente.

Lui volta per pochi secondi lo sguardo su di me e mi sorride appena per contraccambiare. Il suo è un sorriso spento, pensieroso.

Io non so se continuare a parlare o se –

"Katniss." Interrompe i miei pensieri. "Ho cambiato idea."

Ecco, l'ha detto.

"Quello che è successo tra di noi... l'altra volta... non può accadere di nuovo."

Lo lascio parlare, mentre mi si gela il sangue.

"Ho sbagliato a dirti quelle cose, a baciarti di nuovo l'altra notte. Non possiamo continuare, Annie ne soffrirebbe troppo. Io ho lei, lei ha me. E' stato un mio errore imperdonabile. E non posso continuare ad illuderti di qualcosa che non può esistere."

Sento qualcosa spezzarsi dentro.

"E tu hai Peeta."

Peeta. Adesso è l'ultima cosa a cui riesco a pensare.

"Mi capisci, vero?" mi chiede, cercando una conferma al suo ragionamento.

"S-si... certo. La penso come te." Mento. Mento spudoratamente. Mento così bene da sembrare sincera.

Eppure dentro mi sto logorando poco a poco. Ma dovevo aspettarmelo.

"Sono contento." Mi sorride rassicurato.

Gli rispondo con il più finto dei 'sorrisi sinceri' che posso fare.

"Scusami per tutto, Katniss. Davvero." Finisce, stringendomi la mano sul tavolo, per poi alzarsi e correre incontro ad Annie, appena arrivata sulla soglia della sala.

Io li osservo abbracciarsi e baciarsi con dolcezza,  e non posso pensare a quelle sue labbra morbide, che pochi giorni fa posavano sulle mie.

Avanti Katniss, doveva andare così! Sarà meglio per entrambi!

Cerco di convincermi, e forse per poco ci riesco.

Vedo Gale entrare dalla porta, e puntare verso il posto accanto al mio.

Devo allontanare tutti i miei pensieri  su Finnick, almeno per la durata del pranzo.

Dopo aver tentato di mangiare almeno un millesimo del cibo servito, decido di tornare a trovare Peeta.

Lo trovo sempre legato al letto, mentre Boggs e Plutarch, aiutati da alcuni medici, stanno continuando il processo di guarigione.

Li sento pronunciare il mio nome, rievocare i precedenti Hunger Games, parlare di Snow...

Ma sento anche Peeta urlare, negare ogni parola che gli viene detta, accusarmi di essere un mostro, un ibrido da uccidere.

Sentirglielo dire con così tanta cattiveria mi uccide. E mi fa pensare.

Forse sono davvero un mostro... ho tradito Peeta. Gale. Annie. Tutti.

Mi sento uno schifo.

Vedo i medici iniettare un liquido trasparente nella flebo attaccata al braccio di Peeta.

Non voglio sapere cos'è, spero solo che lo faccia stare meglio.

Passano i giorni, ed io continuo a fargli visita senza mai mancare un appuntamento.

Pian piano vedo alcuni piccoli miglioramenti. Inizia a ricordare alcuni spiragli della sua vecchia vita, anche se per poco tempo.

La mia vita qui la 13 continua monotona: faccio visita a Peeta, passo il tempo in camera, mangio, dormo, ogni tanto vado a caccia con Gale, non parlo con Finnick.

A volte mi capita di incrociare gli occhi coi suoi, ma subito dopo il contatto visivo si interrompe come nulla fosse. Tutto normale.

Comincio a chiedermi se tutta questa normalità mi piaccia davvero. Oppure no.


La rovina più dolce.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora