L'incidente

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Ero da poco salita nella macchina di Clarissa, la mia migliore amica ed eravamo pronte a dirigerci verso il lago dove andavamo da sempre. Non vedevamo l'ora di arrivare.  La giornata era perfetta, il sole splendeva, non c'era una nuvola e si sentiva un leggero vento che ci sfiorava la pelle. Insomma, era tutto fantastico. In tutto ciò cantavamo a squarciagola la nostra canzone preferita, ovvero watermelon sugar, di  Harry Stiles, la voce del cantante si sentiva a malapena in confronto alla nostra.

"Forse è il caso che tu metta via quel telefono, sai com'è, stai guidando." le dissi.
"Sta tranquilla Rachel, lo faccio sempre e non è mai successo niente."                        "Sappi che se muoio è colpa tua."
"Che tragica." e poi scoppiammo a ridere entrambe come due sceme, senza accorgerci del camion difronte a noi.

All'improvviso tutto divenne buio. Ogni tanto riuscivo ad aprire un occhio e vedere qualcosa, tipo dottori in preda al panico che correvano da un lato all'altro, Clarissa accanto a me in un lettino d'ospedale con accanto i suoi genitori, avevano gli occhi stracolmi di lacrime. Sembrava in condizioni pessime, non so se era messa peggio di me, ma sicuramente non stava bene.

In ogni caso, al mio risveglio, venni a sapere che Clarissa non ce l'aveva fatta. Era l'ultima cosa che volevo sentirmi dire. Sentii uno strano senso di colpa, sapevo che non centravo nulla, ma avrei potuto convincerla  a mettere via quello stupido telefono, almeno posso dire che l'ultima cosa che ha fatto è stata ridere. Ricordo ancora che da piccole sognavamo di fare tutto insieme, l'università, essere coinquiline, fare da damigella d'onore all'altra nel giorno del nostro matrimonio e un sacco di altre cose. Invece, non siamo riuscite nemmeno a finire l'ultimo anno di università assieme, tutto a causa della sua maledetta testardaggine! Perché non ha messo via quel dannato telefono, perché!     

A quanto pare anche io ero morta, anche se solo per un minuto. Sembrerebbe che in qualche modo strano, che non ho capito, i medici siano riusciti a salvarmi all'ultimo. Ammetto che c'è una piccola parte di me, che crede sarebbe stato meglio se fossi rimasta morta, insomma, per non dover affrontare la perdita della  mia migliore amica, ma so che è sbagliato ciò che penso e che con il passare del tempo andrà meglio.                                                                                             Un'altra cosa che ricordo di quel terribile giorno, è una mano ossuta che mi aiuta ad alzarmi e uno sguardo penetrante di un ragazzo affascinante dalla pelle pallida, i capelli color pece, occhi scuri senz'anima e delle piccole labbra sottili. Non ho raccontato a nessuno quest'ultima cosa, se la dicessi, probabilmente, le persone direbbero che era solo un sogno, o se no, quelli strani, che era la visione della morte o di un angelo.
Durante il mese in cui dovetti stare a letto, continuai a pensare al ragazzo affascinante che mi aveva aiutato ad alzarmi, me lo ero sognata? Era un ricordo? Era un angelo o qualcosa di simile? Non lo avrei mai saputo, quindi l'unica cosa che potevo fare era lasciar perdere e mettermi l'anima in pace.
Ovviamente non fu così semplice dimenticarlo, dato che, un paio di giorni dopo, feci un sogno in cui stavo correndo e all'improvviso inciampai e li pronto ad aiutarmi c'era lui, l'affascinante ragazzo dallo sguardo gelido e le mani ossute.                                                                                  Avevo bisogno di parlarne con qualcuno, ma con chi? Clarissa sarebbe stata perfetta, se solo ci fosse ancora. Sapevo benissimo di avere altri amici, ma non mi sentivo ancora abbastanza pronta a parlare con loro, già mi immaginavo i loro "mi spiace tantissimo per ciò che è successo, sappi che io ci sono se ne hai bisogno". Non avevo per nulla voglia di sentirmelo dire.

Il velo che ci separaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora