Dolore.

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La sua forma è incerta, contorni astratti.

Ognuno di noi lo disegna per come lo vede;

io lo percepisco distorto, meschino.

Lo vedo in agguato dietro gli alberi di casa mia,

in attesa dietro le persiane,

persino dietro lo specchio la mattina.

Lui sta solo lì, e aspetta.

Trascorriamo una vita intera a sfuggirgli, 

proviamo a correre sempre più veloce di lui,

ci buttiamo all'impazzata verso quella luce bianca:

la Felicità.

Ma quanto dura la felicità?

Il tempo di un sorriso, di uno scatto di fotografia.

E' solo la brevissima pausa tra un dolore e l'altro.

E allora perché non impariamo ad accettarlo se ci passiamo così tanto tempo insieme?

Perché non lasciamo che ci consumi lentamente?

Tanto non saremmo felici lo stesso,

rincorriamo una meta utopica.

Quella dannata felicità così dannatamente breve, che condiziona una vita intera.

Ma il dolore fa paura,

il dolore è paralizzante,

ti entra nella testa e si sparge come nuvole di fumo,

sei incapace di fronte a lui.

Ma non puoi controllarlo,

lui arriverà quando meno te lo aspetti, con quel suo sorrisetto beffardo.

Adesso mi sta guardando e con un filo di voce mi sussurra:

-Sono tornato. 

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