Trovai impiego appena divenuto maggiorenne, in un ristorante abbastanza facoltoso in centro Tokyo. Lavoravo come cameriere, avevo il compito di portare le ordinazioni in cucina. Il primo giorno, arrivando in ritardo, venni sgridato dallo Chef.
Fu così che nelle prime settimane il personale mi lanciò occhiatacce.
Feci finta di non farci caso e continuai a lavorare con dedizione.
Un giorno entrò una ragazza. Nonostante la tarda ora, il locale era affollato e pochi erano i tavoli liberi. Fuori una pesante pioggia scrosciava sulle vetrate del ristorante, simile ad una nenia ovattata. La ragazza restò in piedi per un quarto d'ora vicino all'ingresso, spostandosi e inchinandosi per rispetto quando qualcuno doveva aprire l'ombrello sulla soglia.
Dopo un po' mi accorsi che era me che guardava. Il mio compito però non era accogliere i clienti all'entrata e dare loro sistemazione. Chiesi in cucina cosa fare. Lo Chef in persona disse che mi pagavano per quello. Ringraziai in una riverenza e andai ad accogliere la ragazza.
«mi segua» dissi in un inchino, subito ricambiato e ringraziato da una voce intasata dal freddo quanto gradevole.
Le detti sistemazione nella zona più riscaldata del ristorante. Lei parve accorgersene. Starnutì e da sotto una sciarpa di lana blu esibì un sorriso. Nuovamente un grazie.
«desidera?»
Annotai la risposta mormorata dirigendomi successivamente in cucina. Una volta attaccato il biglietto con la mia scrittura sul tabellone magnetico delle ordinazioni, ritornai in salone per continuare a svolgere il mio incarico. Però lo Chef si era dimenticato di guardarmi male. Tornando indietro, decisi di menzionare la dimenticanza della prassi.
Rise.
Mi diede una pacca sulla spalla. Non ho capito ma ho riso anch'io.
Le ordinazioni della ragazza arrivarono al tavolo dopo una certa. Ella finì di cenare che era quasi mezzanotte, e il mio turno stava per finire. La vidi uscire dal locale. Senza ombrello, senza una giacca, senza un impermeabile. Ebbi l'impulso di fermarla per prestargli il mio, di ombrello, ragionando tuttavia sull'inutilità del gesto. Era pieno di buchi e toppe.
Non le sarebbe servito.
La ragazza uscì. Io terminai le ultime ordinazioni, i pensieri come l'acqua che colpiva il vetro del ristorante. Pulii il pavimento dopo averlo spazzato con cura. Uscirono gli ultimi clienti, quindi si congedò il resto del personale. lo Chef si offrì di aiutarmi. Lo ringraziai negando fermamente con il viso chino. Spensi le luci della cucina e dell'intero salone principale, oramai solo.
Intorno alle due di notte chiusi l'entrata del ristorante. Dovevo andare a mangiare. Poi dovevo andare a dormire.
Uscii. La ragazza era rannicchiata vicino all'uscita, appoggiata con la schiena sulla vetrata principale del locale. Davanti a me, i grattacieli di Tokyo e la luce colorata dei LED. L'odore umido di pioggia, diverso da quello usuale perché notturno, permeava l'aria gelida. Osservai la ragazza, il viso nascosto dalla sciarpa blu e dalla posizione, dirigendomi infine verso un bar, lo stomaco che brontolava.
Ritornai pochi muniti dopo, con in mano una tazza Starbucks di cartone, fumante. La ragazza trasaliva ad ogni minimo rumore del traffico. Le poggiai una mano sui capelli marroni e la esortai a svegliarsi. I passanti mi passavano vicino lanciando occhiate da sotto cappotti e mantelle. Io, non essendomi cambiato, avevo ancora la divisa da cameriere sotto una giacca anti vento. Lei tremava di freddo, ed ogni suo esile sospiro creava una nuvoletta di condensa calda.
Decisi di poggiarle una mano sul viso. La mie dita quasi bollenti, il suo naso rosso a causa dalle rigide temperature.
«prenderà freddo, signorina» dissi «si alzi dal marciapiede»
Due occhi di un glaciale azzurro si dischiusero timidi da sotto la sciarpa, accarezzando il paesaggio circostante con sguardi oscillanti e incorniciati da due guance di un colorito acceso. Uno starnuto non trattenuto in tempo. Occhi appena svegli e imbarazzati. Le offrii un fazzoletto.
«grazie» fu la risposta. La ragazza si pulì il naso e mi chiese in un bisbiglio le ore. Risposi solo dopo averla aiutata ad alzarsi, offrendole infine la cioccolata calda appena comprata. Decidemmo di prendere lo Shinkansen, attraversando stazioni e gallerie semideserte. Non ricordo di averle parlato, durante il tragitto, non una sola parola. Qualche volta esitava la mano verso la mia giacca, e allora capivo di dovergli dare i fazzoletti. Non altro.
Il treno viaggiò veloce. Io contavo i suoi starnuti. Lei era in una strana fase di dormiveglia nella quale ogni minimo suono pareva svegliarla. E quando si svegliava all'improvviso, in quel modo, starnutiva.
Arrivato alla fermata più vicino a casa mi alzai e la guardai negli occhi, semichiusi e coperti dalla sciarpa blu.
Dodici starnuti.
Le offrii ospitalità per la notte.
Non sapevo che i sorrisi potessero scaldare le persone. In quel momento Tokyo divenne meno fredda. Più accogliente per chi cercava calore e non era a conoscenza dell'intimità che si può guadagnare con una semplice, ma dolce, increspatura delle labbra.
Quella notte ci amammo.
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‖ One-(S)hot ‖ANIME XREADER_NLA :3
Teenfikce[Anime Xreader...sono chiuse richieste Ⅰ] ----Qualunque anime, Qualunque genere--- ◁ BNHA, DEMON SLAYER, JUJUTSU KAISEN...▷ ◀ cOnTiEnE HuMoUr, LoVe, YaOi, YuRi, LeMoN▶ :3 by NLA_ =✪ ᆺ ✪= #1 in LIght Novel 2/02/2022 #1 in Humour 9/02/20...