Christian era in ogni fottuto posto.
Lui era lì a flirtare con i clienti attraverso i bicchieri di carta al bar del campus quando stava prendendo la sua tanto necessaria dose di caffeina prima della sua prima lezione,
lui era lì che inciampava fuori da uno dei bagni con un ragazzo a caso mentre si lavava le mani prima di pranzo, lui era lì a sollevare pesi e mostrare i suoi muscoli alla palestra del college quando lui svolgeva i suoi quaranta minuti obbligatori al giorno due volte alla settimana.
Non era così narcisista da pensare che lo stesse seguendo, ma sicuramente il ragazzo sperava che continuando a farsi vedere da lui si sarebbe arreso per puro fastidio.
C'era sempre una strizzatina d'occhio veloce, o una lenta occhiata mentre masticava pigramente la sua gomma, un commento su quanto fosse "calda" la stanza con lui dentro. Francamente, gli dava sui nervi.La prima volta che lo aveva incontrato, ad un'altra festa - la prima a scuola - a cui Cosmary l'aveva trascinato, sembrava essersi fatto un'idea sbagliata.
Che in qualche modo era come un indovinello, e se lui avesse detto o fatto la cosa giusta avrebbe aperto le gambe.
Era appoggiato al muro, e arrotolava una ciocca dei suoi capelli biondi attorno al dito.
"Ho appena rinnovato il mio abbonamento a Netflix, se vuoi venire. Potremmo guardare quello che vuoi.
"No grazie," aveva insistito Mattia, ancora educato, fissando dritto davanti a sé la pista da ballo e sperando disperatamente di cogliere un segno della sua amica, che l'aveva lasciato solo per portargli da bere più di quindici minuti prima.
Pensava che la sua reputazione fosse il motivo per cui il moro non lo mollasse.
Non voleva ballare con Carola, e ignorava gli occhi da cucciolo che il suo compagno di laboratorio Sergio continuava a lanciargli, e si rifiutava di andare a casa con lui.
Gli piaceva che fosse una sfida, che non si stesse dando a nessuno, ancora da rivendicare."Potrei farti divertire", disse strascicando, la mano cadde sulla sua spalla ed era ovviamente mezzo ubriaco, gli occhi un po' vitrei mentre si concentravano - o almeno cercavano - sulla pelle nuda del suo collo.
Lo stava accarezzando. Il suo tocco era caldo e prepotente. Voleva che se ne andasse e lo voleva più vicino.
Lo scrollò di dosso, la testa china di lato e un sopracciglio incrinato, impassibile: "Sì, non accadrà mai".
In qualche modo, lo aveva acceso ancora di più, un sorriso pigro che gli giocava sulle labbra. "È una sfida?"
"No", sottolineò, cercando di non sorprendersi per quanto si fosse avvicinato senza che se ne accorgesse. Così vicino che poteva contare tutte le sue lentiggini.
"Ti sto dicendo di andare a quel paese." Christian si era spostato indietro a una distanza più appropriata, premendo scherzosamente una mano sul suo petto.
Ad essere onesti, gli era piaciuta la scintilla maliziosa nei suoi occhi, ma pensava di aver fatto un buon lavoro nel nascondergliela.
"Mi ferisci."
Sergio intanto si era avvicinato a loro, le sopracciglia aggrottate. "Amico, i segnali non sono abbastanza evidenti? Non vuole parlare con te". Se c'era una cosa che lo infastidiva di più dei ragazzi che non potevano cogliere un chiaro segnale, erano i ragazzi che fingevano che fosse una specie di damigella in pericolo. Erano ad una festa, cazzo. Cosa avrebbe fatto Christian? Toccarlo davanti a tutti? "Fatti gli affari tuoi, DePalo," l'aveva deriso con disinvoltura, tenendo gli occhi puntati su di lui. Sergio aveva un'espressione di disprezzo su tutto il viso, guardando Christian dall'alto in basso come se potesse prenderlo in una rissa, "Il ragazzo vuole che te ne vada. Non è un idiota."
"Il ragazzo–" Alla fine si era staccato dal muro per fissare l'altro, "--può parlare da solo." Mattia aveva alzato gli occhi al soffitto al volume crescente delle loro voci, individuando finalmente Cosmary tra la folla di corpi. Spinse il suo drink nella mano di Sergio mentre si spingeva dal muro, informandoli: "Siete entrambi degli stronzi", prima di scomparire nel mare di gente e allontanarsi dalla festa del testosterone.Non è che pensasse di essere troppo buono per chiunque. Carola con i suoi lunghi capelli setosi e le dita delicate era carina, e Sergio con il suo sorriso sbilenco lo era pure, e Christian con i suoi riccioli disordinati e le sue lentiggini era qualcosa, ma quando si era trasferito qui, aveva fatto una promessa a se stesso, che si sarebbe concentrato solo su ciò che contava davvero.
La sua scuola precedente era più vicina a casa, ma dopo che suo padre era morto e lui e sua madre avevano litigato,non voleva altro che scomparire dall'altra parte del mondo.
E così era finito a Bergamo.
L'anno scorso aveva fatto una cazzata. Aveva incontrato Francesco e non solo era entrato nella sua testa, ma anche nel suo cuore e persino con la mano nelle mutande alcune volte prima che tutto andasse a rotoli, e il suo lavoro e la sua vita ne avevano sofferto.
Non poteva più permettersi di dipendere da sua madre, non quando si sentiva male anche solo a guardarla.
E se non voleva essere dipendente, doveva lavorare, laurearsi e trovare un altro lavoro. Inoltre, era importante per lui, fare il meglio che poteva, essere il migliore in assoluto rispetto a tutti gli altri.
Un attacco di panico indotto dalla paura del fallimento non sarebbe stato il primo e a Mattia piaceva avere successo.
Gli erano piaciute le lodi e l'orgoglio che lo avevano fatto brillare, e quanto si era sentito soddisfatto di ricevere il voto più alto.
Se mai fosse diventato un dottore, sarebbe stato bravo, il migliore, e non poteva permettersi di commettere errori perché aveva saltato quella lezione solo per qualcosa stupido e infantile, come una sbornia.
Pensava che sarebbe andata così: che Christian avrebbe trovato un'altra ragazza o ragazzo da portare a casa e si sarebbe dimenticato tutto di lui. Non era stato così."Non dovresti lavorare?" disse semplicemente, senza nemmeno preoccuparsi di alzare lo sguardo dal suo laptop mentre continuava a digitare, Christian scivolò sulla sedia di fronte alla sua, ancora indossando il suo grembiule viola. "Sono in pausa."
"Non hai qualcosa di meglio da fare che molestare i tuoi clienti?" Il divertimento coprì la sua voce: "Non quando sono carini come te".
Alla fine gli fece alzare la testa per fissare il suo ghigno di merda da sopra il suo laptop, ed in quel momento notò la tazza di caffè calda sul tavolo, accanto ad uno dei suoi libri.
"Non l'ho ordinato."
"È offerto dalla casa," insistette, sorridendo come un gatto che aveva rubato la crema.
"Non lo voglio," disse lui, socchiudendo gli occhi mentre lo rifiutava spingendolo verso di lui.
Sembrava più stupido quel giorno, i suoi capelli erano più disordinati del solito e aveva la pelle arrossata dallo sforzo dato dall'ora di punta.
C'era un pennarello dietro l'orecchio che usava per scrivere i suoi stupidi messaggini sulle tazze di caffè delle vittime inconsapevoli.
Le sue mani grandi poggiavano l'una sull'altra sul tavolo, non che fosse solo una cosa di "oggi", ma valeva la pena ricordare che sono ridicolmente grandi.
Si piegò in avanti sui gomiti, ovviamente divertito, facendolo scivolare di nuovo al suo fianco. "Si che lo vuoi." Mattia sfogliò il raccoglitore, fingendo di essere occupato, cosa vera, ma non poteva concentrarsi con il riccio seduto di fronte a lui a distrarlo.
"Devi seriamente smetterla di confondere 'no' con 'sì' o sarò obbligato a iscriverti a un corso di aggiornamento sull'italiano 101."
Arrogante come sempre, lo osserva con nonchalance: "Lo farò quando lo farai tu".
I suoi occhi si alzarono di scatto per incontrare i suoi, scintillanti. Il suo fianco era premuto contro la sedia, il palmo appoggiato su una delle orecchie, e si chiese chi fosse riuscito a convincere questo ragazzo di essere l'essere perfetto e l'ultimo della specie maschile.
Il disgusto contaminò la sua voce mentre sputava un: "Non ti voglio".
"Divertente come la tua mente continui ad andare lì", lo prese in giro, gli occhi che si trascinavano lentamente lungo le spalle lasciate scoperte dalla canotta, prima di tornare ai suoi occhi. "Ora che l'hai tirato fuori--"
"Sto studiando," lo interruppe scontroso, le dita strette intorno all'evidenziatore rosa.
"Dovresti davvero alimentare quella tua dipendenza dal fumo prima che le tue mani inizino a tremare."
Aveva detto la cosa sbagliata, ovviamente, perché ora Christian sorrideva come un idiota. "Non sapevo che mi prestassi così tanta attenzione, principino."
"Non è difficile da notare", ribattè Mattia, bruscamente, e poi non potè fare a meno di aggiungere "Lo sai che ti fa male, vero?"
L'altro gli lanciò una lunga occhiata, abbastanza a lungo da farlo contorcere sul sedile, prima di inclinare semplicemente la testa.
"Carino da parte tua interessarti a me." Mattia ridacchiò, scuotendo la testa, incredulo, prima di insistere: "Non lo faccio".Christian mantenne il suo sguardo, e l'unico motivo per cui non lo distolse era perché non voleva sembrare debole.
Un lento sorriso si allargò sulle sue labbra, "Qualunque cosa tu dica, piccolo." Non arrossì al soprannome."Stefanelli!" uno dei baristi, con aria seccata, gridò: "Abbiamo bisogno di te nel retrobottega".
"Salvato dal richiamo incombente del capitalismo", disse con una cadenza melodiosa, sfiorando il suo piede sotto il tavolo, picchiettando sul legno con la mano, una, due volte, prima di alzarsi.
Mattia lo ignorò, trascinando di proposito l'evidenziatore su una frase del suo taccuino mentre teneva gli occhi puntati lì.
Lo sentì ridere, come se si rifiutasse di prenderlo sul serio, il suono echeggiava tra la folla indaffarata mentre tornava al bancone.
Lasciò che il caffè si raffreddasse. Ma il moro non sembrò cogliere l'indizio.
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Non hai mai visto un principe così?
FanficMattia vuole solo impegnarsi per raggiungere il successo accademico. Christian è uno stronzo. Non potrebbero essere più diversi. E' un egoista sicuro di sé e non si presenta mai a nessuna lezione, inoltre è sempre a qualche festa. La cosa peggiore è...