Capitolo 2

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Tre colpi contro la porta. Una voce dall’interno che gli diede il permesso di entrare.

River fece il suo ingresso nella stanza di Hope. Erano passati due giorni dal loro ultimo incontro. Sapevano entrambi che durante quel tempo difficilmente erano riusciti a pensare ad altro.

Hope fu stupita nel vedere l’espressione sul volto di River. Sembrava incredibilmente triste, ma anche molto risoluto. Si avvicinò a lei, che era seduta per terra con Il Grande Gatsby aperto sulle gambe.

“Sono felice che abbia apprezzato il mio regalo” mormorò lui, sedendosi per terra di fronte a lei. Hope trovava sensuale il modo in cui faceva quel genere di cose vestito di tutto punto nel suo completo grigio scuro. Quel giorno aveva un gilet dal cui taschino sbucava un fazzoletto bordeaux, in tinta con la camicia, le cui maniche erano arrotolate all’altezza dei gomiti. Il solito anello in oro bianco luccicava sul suo anulare destro.

“O questo, o il retro del flacone dello shampoo” lo provocò Hope, chiudendo il libro.

Ma River non sorrise. Era venuto con un’idea ben chiara di come dovesse andare la loro conversazione.

"Hope, è arrivato il momento che tu te ne vada da qui. Questa situazione sta diventando ridicola.”

Lei lo fissò, interdetta. “Be’, se ci fosse stato un modo, lo avrei già fatto, no?”

“Se ci fosse, se tu riavessi la tua libertà, noi… Noi potremmo essere felici fuori da qui, no?” River tirò fuori quelle parole, implorando il proprio volto di non arrossire come invece stava facendo.

Hope allungò una mano verso di lui, sfiorandogli una guancia. La pelle del moro bruciò a quel contatto. E il suo cuore impazzì quando, sollevando gli occhi, la vide sorridere.

“Sono contenta che tu abbia deciso di andartene. Certo che saremmo felici, River. Avresti finalmente una vita tutta tua.”

“C’è il modo” riprese River, incoraggiato da quella reazione. “Fino ad ora non hai mai voluto parlare con Damien. Se fossi tu a contattarlo e a chiedergli di venire, lui lo farebbe.”

A Hope gelò il sangue nelle vene.

“No” rispose, senza nemmeno pensarci. “Come puoi chiedermi una cosa simile? Hai detto tu stesso che le pretese della tua famiglia sono assurde. Non gli chiederò di piegarsi a questi giochi di potere e di violenza.”

“Non capisci?” River alzò la voce. “È l’unico modo per tirarti fuori da qui! Digli di accettare le richieste della mia famiglia e loro ti lasceranno andare.”

“No” ripeté Hope. “La mia vita non è in pericolo, nessuno osa farmi del male. Tu non lo permetteresti. Ma se Damien venisse qui a patteggiare, tu non potresti promettermi che nessuno gli farebbe del male.”

L’espressione del viso di River si indurì, come se Hope fosse scomparsa dalla sua vista e adesso davanti a lui ci fosse un muro, o peggio, un nemico. I suoi occhi divennero freddi e non brillavano più di determinazione.

“A così tanto si spinge la tua devozione?” sibilò, con la voce profonda avvelenata dalla rabbia. “Al punto da preferire la libertà di mio fratello alla tua?”

In risposta, anche lo sguardò di Hope si irrigidì e il suo tono divenne irritato. “Non è devozione. È amo-”

“Basta” la interruppe River. “Hai già ferito il mio orgoglio, non ferire anche i miei sentimenti.”

Si sollevò da terra con uno scatto.

“River!” lo richiamò Hope, alzandosi assieme a lui. “Sii ragionevole, ti prego.”

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