Il ladro di tramezzini

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«Ti porti anche quella?»

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«Ti porti anche quella?».

La domanda viene fuori racchiusa in un tono flebile e rassegnato da parte di Simone. Indica con un cenno del capo la macchinetta del caffè bianca e nera, con la scritta Lavazza in bella vista.

La sua attenzione, tuttavia, non è focalizzata su quell'arnese, piuttosto sulla figura del ragazzo dai ricci biondi e gli occhi azzurri che si affanna per raccattare quanta più roba può per ficcarla dentro un borsone marrone di finta pelle, che ha appoggiato sui cuscini del divano a due posti nel salotto dell'appartamento che condividono.

O meglio, che avrebbero condiviso.

Simone conosce Tommaso da due anni. Stanno insieme - stavano insieme - e per questo, quell'anno, dopo la maturità conseguita in un liceo scientifico di Roma, hanno deciso di trasferirsi insieme a Firenze, affittare un appartamento con due stanze (anche se ne avrebbero usata solo una) e, insomma, iniziare una nuova vita lì.

Il punto è che, prima, non hanno mai condiviso gli spazi per più di quarantotto ore. Superato quel limite, i primi problemi sono venuti a galla, quindi...

Eccoli, dopo tre settimane di convivenza: Tommaso che sbatte porte ed ante degli armadi, che utilizza addirittura delle buste di plastica per portare via più roba possibile - e Simone che lo sta a guardare inerme, con le braccia abbandonate lungo i fianchi e una serie di sospiri sommessi ed infastiditi che fuoriescono dalla sua bocca.

«Beh, l'ha pagata mia madre» esclama Tommaso, sgranando gli occhi e riponendo la macchinetta del caffè dentro un sacchetto dell'Eurospin. «Quindi, tecnicamente è mia».

«Non era per quello, non...». Simone vorrebbe chiedergli di fermarsi, di ragionare, di parlare con lui.

Okay, hanno già parlato, l'altro ragazzo ha esposto i problemi e i disagi che ha trovato nel loro vivere insieme, ma lui non ha capito dove effettivamente ha sbagliato.

Non crede di averlo fatto.

«Non possiamo provare a— Sistemarla questa cosa? Possiamo ripartire da zero, possiamo...».

Sono tali parole a bloccare Tommaso, il quale si ferma, con le mani sui fianchi e un'ulteriore busta di plastica vuota in mano. «Piuttosto che ripartire da zero con te, Simone, mi butterei nell'Arno».

Colpito e affondato. Non è nemmeno la prima volta che sente simili frasi provenire dalla sua bocca, ragion per cui Simone non ne è sorpreso e nemmeno ferito.

Non troppo, perlomeno.

Negli ultimi tempi ha imparato a incassare colpi senza battere ciglio, solo per starci male dopo, da solo, al buio nella propria stanza.

Un po' triste, a dirla tutta.

«Puoi almeno dirmi perché?» tenta di nuovo, anche se il motivo lo conosce benissimo: glielo ha già detto e ripetuto più volte. È un atteggiamento un briciolo masochista, ne è consapevole.

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