Capitolo 1

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-Già te ne vai?
-Sì. Il lavoro mi chiama, mi sono assentato fin troppo.
-Resta ancora un po', per favore...
-Sai quanto mi piacerebbe restare, ma non posso. Mi dispiace, Nico.

Nico, un esile ragazzo di sedici anni se ne stava sdraiato su un letto matrimoniale, rannicchiato sotto le coperte, ma lo sguardo fisso sulla figura che si stava vestendo davanti a lui.

Un ragazzo dal fisico marmoreo si stava annodando la cravatta, gli occhi verdi come il mare erano concentrati, mentre un ciuffo ribelle di capelli neri gli ricadeva continuamente sul volto.

-Sei bello quando sei concentrato, Percy.
-Io sono sempre bello.- rispose Percy, ammiccando al suo amante.

-Sai, Percy... Stavo pensando a quanto sarebbe bello poter vivere tutto questo alla luce del sole.
-Ci penso spesso anche io, ma sappiamo entrambi che non è possibile.

Nico si mise seduto, il volto scavato, gli occhi neri come la notte segnati dalle occhiaie scure, i capelli rasati. Aveva lo sguardo spento, di chi ne aveva passate tante e aveva ormai perso la speranza.

-Nico, copriti. Siamo in pieno inverno e non hai il fisico abbastanza forte per poterti permettere di restare a torso nudo.
-Va bene, generale Jackson.
-Sai quanto odio sentirmi chiamare così...
-Sai quanto odio sentirmi fare le raccomandazioni...

Percy fu quasi pronto: i pantaloni beige perfettamente stirati, la camicia bianca con una cravatta nera e un paio di scarpe lucide ai piedi. Aveva rinunciato a sistemarsi quel ciuffo continuamente cadente, non sarebbe mai riuscito a domarlo.

Aprì l'armadio e ne tirò fuori un maglione verde di lana, si avvicinò al letto e lo porse a Nico, che tra un brivido e l'altro lo indossò volentieri.

-Curiosa come cosa... Il verde è il colore della speranza...- disse Nico con l'accenno di un sorriso sulle labbra.
-É ciò di cui abbiamo bisogno, no? La speranza è l'ultima a morire...
-Ma io non resisterò tanto a lungo se continuo di questo passo... Perché non possiamo andarcene semplicemente?

Percy prese la giacca dello stesso colore dei pantaloni, la indossò e indicò un simbolo: una croce greca nera con i bracci piegati ad angoli retti in un cerchio bianco, il tutto all'interno di un quadrato rosso. Una svastica.

-Per questa! Io sono un generale nazista e per quanto potere io possa avere, non posso sparire ed andarmene da un giorno all'altro. Inoltre, la mia e la tua scomparsa desterebbero dei sospetti e se ci scoprissero...
-Generale Jackson, non si preoccupi. Chi vuoi che si accorga della mia assenza? Sono solo un numero, giusto?- chiese il ragazzino, alzandosi la manica e mostrando un numero di sei cifre marchiato sul braccio.
-Non meriti di stare lì... Non sei come loro...
-Nessuno merita di stare lì... Non abbiamo fatto niente di male! Siamo semplicemente nati diversi e il vostro Führer non lo accetta. Lui predilige solo la razza ariana...
-Anche io sono diverso come te, Nico!
-Sì, ma tu sei tedesco, Percival Johannes Jackson Schwarz, ed eri già arruolato nell'esercito tedesco. Inoltre, nessuno ha fatto una soffiata alle SS sul tuo orientamento sessuale! A nessuno importa delle origini americane di tua madre, conta solo il cognome di tuo padre, no? Io invece sono un povero ragazzino italiano che è stato strappato alla sua famiglia dalle grinfie di voi generali nazisti!
-Nico...
-Non dire niente, Percy. Vai pure a lavorare, vai pure a cercare, catturare e uccidere degli innocenti!
-Non ne vado fiero... Ma è l'unico modo per sopravvivere...
-Sopravvivere... tu non sai cosa significhi sopravvivere! Hai una bella casa, una famiglia che ti adora, un lavoro ben pagato... Cosa ne sai della sopravvivenza?

Percy guardò l'orologio e si accorse di essere in ritardo. Si guardò un'ultima volta allo specchio e si fermò sulla soglia della porta, le spalle rivolte a Nico, inerme e con il volto rigato dalle lacrime. Non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi. Fece un respiro profondo.

-Sarò di ritorno tra un'ora e mezza, circa. Ti consiglio di vestirti, sistemare la camera e di fare qualche faccenda, in caso mia moglie torni prima.
-Ma certo, generale.

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