REGINA - Passione tossica

1 0 0
                                    

No, non di qua. Ci sono troppi uomini, rischierebbero di vedermi.
No, qui nemmeno...soldati. Altri soldati. Troppi soldati...a volte dimentico di essere su un campo di battaglia.

Faceva un freddo tremendo. Odio le montagne di Blodfjell, subiscono costantemente tempeste di neve e di pioggia insopportabili. Eppure, questo è il luogo dove il mio caro nemico ha deciso di mettere le tende.

Il mio campo era lontano. Il mio esercito era lontano. La mia famiglia era a kilometri di distanza da me, ad aspettare l'ordine di attaccare, che non avrebbero ricevuto dalla loro regina per ancora qualche ora.

Mentre correvo, sentivo il vento gelido correre su per il mio cappotto, raggiungendo il mio corpo, ma non potevo fare altro che sopportare. Se in quel momento avessi rallentato, mi avrebbero di sicuro visto.

Era facile per lui, ogni volta. Volava abbastanza in alto per non essere visto, e poi si fiondava giù in picchiata sul terreno. Come un'aquila. È una cosa curiosa da dire, siccome non ha nemmeno le ali piumate, ma solo lunghe membra spaventosamente appuntite.

Terribile. Terribile freddo. Detestavo il freddo, l'avevo sempre odiato. Stringevo le braccia sul mio forte petto, fragile d'aspetto, ma di diamante in battaglia.

L'aria calda usciva dalla mia bocca, mentre cercavo di controllare la velocità dei respiri. Dovevo aumentare il passo.
Tra il vento e i soldati, non sapevo cosa mi terrorizzasse di più. Se rimanere congelata in un qualsiasi angolo della montagna, o avere la mia testa impalata su un bastone dai soldati di mio marito.

Marito...già. Sarebbe stato bello.
Un sogno irrealizzabile.

"Se è irrealizzabile, perché continuiamo a vederci, nonostante tutto?"

Lui me lo ripeteva sempre...eppure non ero io ad organizzare questi incontri così rischiosi.

Il solo pensiero di lui mi faceva staccare dalla realtà, portandomi ad una dimensione di piacere e lussuria. Un amore più grande del normale, più di semplice affetto, un legame che ci avrebbe tenuti incatenati l'uno all'altro per sempre.

Adora sempre appoggiare le mani sulle mie spalle, per poi spostarle verso il collo. Non lo chiede mai...batte le dita due volte sulla pelle, per chiedermi il permesso. Chi sono io, per non darglielo?

Si preoccupa sempre di includermi nei suoi pasti. Non fa come quella sua cameriera a castello, che usa per qualche ora e poi lascia da sola a letto. No.
Io sono il piatto principale, ma sono anche la commensale che lo gusta insieme a lui. Un po' come se condividessimo un bicchiere di vino, ma passando prima dalla mia bocca, va poi alla sua.

Si dice che l'attesa del piacere, sia il piacere stesso. Quell'uomo era la reincarnazione del sentimento ed emozione più pura, profonda e scura dell'umanità intera. Un qualcosa di così sconosciuto, che io ancora non ero riuscita a scoprire.

La parte che preferivo di lui erano gli occhi. Tenebrosi e abissali. Non riuscivo mai a fissarlo per più di qualche secondo; il suo ghignetto maligno e
occhiata focosa mi facevano voltare lo sguardo, in completa soggezione.

Lui era un uomo potente che capiva il suo valore, il suo potere e le sue virtù, e le utilizzava per ottenere tutto ciò che voleva...e tutto questo ero io.

Non ho mai capito perché avesse voluto me. Tra tutte le donne del continente, ha scelto la donna che avrebbe dovuto uccidere a sangue freddo. La sua nemesi, appartenente alla famiglia nemica alla propria da millenni. Eppure ero io.

Lui voleva me.

Solo pensare a lui, il tempo passava molto in fretta. Il freddo era più sopportabile, e il mio cuore palpitava all'idea di poterlo sfamare di nuovo.

100 e più novelle di LUACVDove le storie prendono vita. Scoprilo ora