Capitolo 1

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Sai di essere felice quando accanto a te hai persone che ti amano e che ti accettano per quello che sei, quando hai un posto che puoi chiamare casa, quando dopo tanti sacrifici riesci a raggiungere i tuoi obbiettivi. Ma si sa, la felicità non dura per sempre...

Sono passati tre mesi dalla morte di mamma e da quel giorno parecchie cose son cambiate. I miei amici anziché starmi vicino si son allontanati, la nostra casa è stata venduta ad un'altra famiglia costringendo così me e Hailey ad andare a vivere per un po' dalla nostra nonna materna.

Credevo davvero che Portland fosse la città giusta per me, mamma e Hailey, ma a quanto pare mi sbagliavo. Dopo il funerale un avvocato ci si è avvicinato spiegando a me e mia sorella che per il nuovo anno scolastico ci saremmo dovute trasferire ufficialmente a Los Angeles, da nostro padre.

Non abbiamo mai avuto un vero e proprio rapporto con lui, tranne Hailey, lui e mamma hanno divorziato solo quando io avevo tre anni, perciò i miei ricordi che ho di lui son completamente sbiaditi. Col passare degli anni ha provato a chiamare, a mettersi in contatto con me ma io l'ho sempre rifiutato. Hailey, a differenza mia, ci passava anche l'estate insieme e nostra madre era d'accordo.

Come diceva sempre mamma 'Tu sei uguale a me, Hailey è uguale a tuo padre'.

Ed è effettivamente così, non solo per i gusti e la personalità, ma anche per l'aspetto. Hailey ha preso lo stesso color di capelli di nostro padre, mentre io li ho presi da mamma.

Dopo due ore infinite e intense di volo, arriviamo nella così tanta amata Los Angeles. Hailey per l'intero viaggio non ha fatto altro che raccontarmi cose belle sulla città, sulle persone che ci vivono e sulla casa di nostro padre.

Uscite dall'aeroporto ci troviamo davanti a noi un macchinone nero ed un signore in piedi con in mano un cartello con su scritto "Laurel & Hailey Becks". Mia sorella gli corre incontro abbracciandolo subito e sorridendole.

«Oh signor Grant, da quanto tempo!» esclama lei.
«Signorina Becks è un piacere rivederla» le risponde l'uomo ricambiando il saluto e spostando lo sguardo su di me.
«Lei è mia sorella Laurel!» mi indica Hailey invitandomi a raggiungere l'auto, «Non ci far caso Grant, è molto chiusa e riservata» aggiunge.

La fulmino con lo sguardo e in cambio mi fa una pernacchia, proprio come una bambina di cinque anni.

«E' un piacere conoscerla Signorina Laurel, la somiglianza con sua madre è una cosa assurda!» esclama Grant, nonché anche l'autista.

Hailey mi tira per un braccio dentro l'auto, assicurandomi che se ne occuperà Grant a caricare i nostri bagagli.

Durante tutto il tragitto non si è stata nemmeno un minuto zitta, continuando a parlarmi della casa di nostro padre e rassicurandomi che mi piacerà.

Quando l'auto si ferma capisco che siamo arrivate. Hailey si affretta ad uscire dalla macchina, trascinandomi con se e per poco non mi fa inciampare sui miei stessi piedi.

La casa, sempre se si può definire tale dato che sembra un'albergo ed è il quadruplo più grande di quella di Portland, è tutta bianca con gli angoli dei muri fatti in mattoni marroni. Ha un sentiero di pietre che porta direttamente verso l'ingresso ed un giardino immenso, tanto che sono super certa continui anche nel retro della villa.

Una volta raggiunta la porta, con dietro Grant e le nostre valigie, Hailey non suona nemmeno al campanello ma apre la porta sparendo così dalla mia visuale.

Resto immobile dove sono, sperando che mia sorella torni indietro a riprendermi.

«Tutto okay Signorina Becks?» mi domanda Grant alle spalle.
Mi volto verso di lui, poco convinta ed annuisco.

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