CAPITOLO XII

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Mentre l'ascensore raggiungeva il piano dove era situata la mia stanza pensai a lui, e mi maledii per questo; non volevo pensare a lui dopo ciò che era successo e non mi andava nemmeno di vederlo, anche se sotto sotto non mi dispiaceva averlo sempre tra i piedi con quel suo sorriso smagliante, gli occhi penetranti e quei capelli morbidissimi. Dannazione gli sto dando troppo peso, basta pensarci!
Uscii dall'ascensore schiaffeggiandomi e promettendomi di non fare più apprezzamenti su quel bel, brutto, volevo dire brutto ragazzo.
Lungo il corridoio si sentivano delle voci, una femminile e una maschile, probabilmente una coppia; man mano che mi avvicinavo udivo risate e sospiri, di quelli pesanti ma carichi di lussuria; beati loro! Non volendo interrompere il momento mi fermai a riflettere qualche istante dietro l'angolo, origliando; la ragazza aveva una voce calda e sorrideva invitando il compagno a continuare: stavano flirtando, forse non erano una coppia a tutti gli effetti. Ormai stufa di aspettare decisi di raggiungere la porta della mia stanza, rimanendo però folgorata da coloro che amoreggiavano nel corridoio di un hotel: Arthur e una ragazza, molto giovane, anche più di me; aveva dei lunghi capelli castani, gli occhi grandi e verdi, il naso piccolo e all'insù, la bocca carnosa e la pelle chiara. Non appena si accorse di me, Arthur non smise di guardarmi e io cominciai ad agitarmi, non riuscendo ad aprire la porta che sembrava bloccata
<Arthur> mormorò lei, ma il biondino la ignorò
<Arthur, dai andiamo> continuò e lui quando finalmente la porta si aprì la prese per mano e le baciò la guancia, poi l'orecchio e infine il collo, facendola gemere di piacere, orrido! Mi chiusi violentemente la porta alle spalle e sospirando rumorosamente mi spogliai e andai a dormire, consapevole che il giorno dopo sarebbe stato pesante

Alle sette e un quarto di mattina un forte tamburellare sulla porta mi svegliò, costringendomi ad alzarmi e interrompere i miei bei sogni
<Lewis, ma che ore sono?> gli chiesi esausta stropicciandomi gli occhi e tornando a stendermi
<Non è rilevante, El aveva fame così le ho dato un po' di latte con i biscotti ma si è sbrodolata tutto addosso; ha seriamente bisogno di un bagno!> esclamò dirigendosi a riempire la vasca, così lo seguii sciacquandomi il viso e aiutandolo
<No Lewis stai facendo cadere un sacco d'acqua, aspetta, lascia fare a me> avvolsi la piccola in un asciugamano bianco e la portai sul letto, vestendola con una tuta grigia, una felpa blu e legandole i capelli in due codine; la lasciai poi giocare sotto l'occhio attento del suo padrino mentre anch'io mi facevo un bagno, indossando poi una tuta a zampa nera e una maglia a righe bianca e rossa con le maniche lunghe, raccogliendo i capelli in una coda alta; finii di preparare la valigia con l'aiuto del pilota e insieme scendemmo nella hall dell'albergo
<Queste cose le porto io tranquilla> disse Lewis prendendo la valigia e il passeggino mentre io caricai in spalla la borsa della bambina
<Sei sicuro?> annuì, così io raggiunsi mio padre lasciandogli un bacio sulla guancia, attirando l'attenzione degli altri piloti lì presenti; c'era anche Arthur, ma feci finta di niente
<Mama> mi tirò leggermente la coda El
<Si si ti faccio scendere> la lasciai scorrazzare un po' per la hall senza perderla di vista mentre io e papà ci gustavamo un caffè scambiando due chiacchiere
<Allora, com'è andata ieri sera?>
<Molto bene, ci siamo divertiti> sorrisi posando il cucchiaino e portando la tazzina alla bocca
<Senti Bella, c'è una cosa di cui dovremmo discutere> disse con cautela mentre io cercavo con lo sguardo mia figlia
<Hai visto El?> chiesi agitandomi
<È importante> annuii correndo fuori dalle porte scorrevoli in vetro dell'hotel, guardando di qua e di la ma della bambina nessuna traccia
<Lewis! Lewis! Dov'è Eleonor?> gli domandai
<Un attimo fa era qui, vicino a Max> si guardò intorno anche lui non sapendo che dire e io spalancai gli occhi, non poteva essere

Dieci minuti dopo, che passai con il cuore in gola e le gambe molli e tremolanti a cercare la piccola interpellando ogni singolo addetto alle pulizie dell'albergo, quasi mi venne un colpo nel vederla con lui, proprio lui
<È sicuro di non averla vista? Andiamo è una bambina piccola così, con gli occhi grigi e i capelli castani, come ha fatto a non vederla!> il pover'uomo voleva solo tornare al suo lavoro, non sapendo più che dire; stavo quasi per mettermi a piangere quando la voce squillante di Pierre esclamò "ECCOLA!", così forte da far girare tutti. Eleonor era mano nella mano con l'unica persona che non volevo le stesse accanto, e anche se aveva fatto si che mi tranquillizzassi, nel profondo sapevo che la farsa non poteva andare ancora per le lunghe
<Eleonor> sussurrai con gli occhi lucidi, evitando i suoi, così belli ma proibiti
<In braccio, in braccio> lui rimase interdetto per un istante, poi esaudì la sua richiesta con un enorme sorriso dopo che lei gli buttò le braccia al collo; proseguirono nella nostra direzione per un tempo che mi sembrò lunghissimo, fino a fermarsi esattamente difronte a me, così che potessi prenderla e stingerla più forte che mai
<Scorrazzava intorno alla piscina e avevo paura che cadesse, così l'ho presa e l'ho riportata qui> si mise le mani in tasca allargando le labbra in un lieve sorriso, accentuando le sue meravigliose fossette
<Grazie Arthur, davvero> le mie parole erano sincere, davvero sincere; lui aveva protetto l'unica cosa a me cara, una parte di me, la più importante, e per questo gli sarò sempre grata; lui si limitò ad annuire grattandosi imbarazzato la nuca, perdendosi negli occhi della piccola che gli sorrideva e mi stringeva le spalle, così pregai che non notasse nulla di strano, nulla di simile a lui e fortunatamente mio padre intervenne
<Tutto è bene quel che finisce bene, ma adesso andiamo, abbiamo un volo da prendere> si avvicinò a noi posando una mano sulla spalla di Arthur e ringraziandolo sinceramente
<Grazie ragazzo mio, senza di te probabilmente saremo impazziti> rise alla sua stessa battuta coinvolgendo un po' tutti, poi gli passò una mano fra i capelli e insieme ci dirigemmo nel parcheggio, diretti all'aeroporto per tornare a casa, finalmente

SEI SEMPRE STATA TU || Arthur Leclerc  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora