Capitolo 6

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Quella mattinata, per i gusti di Lily Evans, era decisamente sbagliata. Prima di tutto si era svegliata in palese ritardo e nessuna delle sue amiche si era degnata di strapparla da Morfeo. Si era vestita in fretta e furia, abbandonando il dormitorio.  Attraversò di corsa la Sala Comune vuota e inciampò, rotolando a terra. Si alzò, ringraziando Merlino che nessuno l'avesse vista. Superò il ritratto della Signora Grassa e corse, ignorando il dolore alla caviglia, verso l'aula di Pozioni, pronta a vedere la delusione negli occhi di Lumacorno. Spalancò la porta, con il fiatone, era sicura di avere le guance rosse e la treccia disordinata. Horace Lumacorno la osservava, con le braccia incrociate. Lily spostò nervosamente il peso del corpo da un piede all'altro, stringendo i pugni quando una fitta alla caviglia la attraversò. Aspettò che il professore le dicesse qualcosa, qualunque cosa. Nel frattempo lanciò uno sguardo alla classe. Tutti i ragazzi del suo anno di Grifondoro erano sistemati nei banchi. Alice e Emmeline le sillabavano scusa con la bocca e avevano uno sguardo colpevole. Dietro di loro Sirius Black e Peter Minus la guardavano con un ghigno divertito. Remus sembrava veramente dispiaciuto e le lanciò un accenno di sorriso. Infine vide lui. James Potter faceva scorrere gli occhi su di lei, studiandola attentamente. Quando incrociò il suo sguardo, il ragazzo esplose in un sorriso e Lily si sentì invadere da uno strano senso di serenità. Sbigottita, ritornò a concentrarsi su Lumacorno proprio quando lui decise di parlare.

-Signorina Evans, a cosa devo questo suo insolito ritardo?-

Lily fece un passo avanti, ma, per qualche strana ragione, non si ricordò del gradino che stava sotto i suoi piedi e si ritrovò di nuovo a terra, portandosi una pugno in bocca per non urlare quando tutto il suo peso si ritrovò sulla caviglia malandata.

-Lily è caduta!- esordì James, come se avesse avuto un'idea.

-Osservazione brillante, signor Potter!- commentò sarcasticamente Lumacorno.

-No, professore. Intendevo che è caduta ieri durante la ronda! L'abbiamo pregata di restare nel dormitorio stamattina- disse indicando se stesso, Alice e Emmeline -ma lei, a quanto pare, non sa proprio ascoltare i buoni consigli!-

Lily sentì un senso di gratitudine impossessarsi di lei. James Potter la stava salvando da una punizione. Il culmine di tutte le cose assurde.

-È vero, signorina Evans?- la interrogò il professore. Lei annuì, senza riuscire a parlare. Se avesse aperto la bocca avrebbe urlato per il dolore.

-Oh mia cara, dovrebbe avere un po di cura per se stessa. Bene, Potter potrebbe portarla in infermeria?-

James si illuminò e si avvicinò alla ragazza.

-Ce la fai a camminare?- domandò,  seriamente preoccupato. Lily fece segno di no, sconsolata. Giurò di aver visto un sorriso accennarsi sulle sue labbra, quando le passò un braccio sotto le gambe e la tirò su, stringendola. Lei stava rigida, tra le braccia di James Potter, tentando di controllare i battiti. Uscì dalla classe, abbandonata al suo petto. James profumava di vento. Vento? Sto delirando. Ma più ci pensava, più era quello che le ricordava. Emanava un profumo fresco, lo stesso che senti quando respiri a pieni polmoni su una scopa. Sentiva i muscoli sotto le sue esili mani, e il braccio forte che la reggeva. Anche il cuore di James batteva velocemente e lei si lasciò cullare, ascoltando il suo respiro.

-Evans, non è che ti addormenti?- sussurrò. Lei alzò lo sguardo, sorridente.

-Grazie, Potter.- In risposta lui la strinse. Lily alzò un sopracciglio. -Non farti strane idee!- Sentì il suono della sua risata vibrarle attraverso la schiena, e un calore attraversarle il corpo. Entrò in infermeria e le fece distendere su un letto vuoto.  Madama Chips arrivò subito.

-Che succede?-

-È caduta.-

Lanciò uno sguardo alla caviglia e poi invitò James ad uscire.

-Devo proprio?- fece una faccia da cerbiatto.

-Si, Potter!- rispose Madama Chips. Lui lanciò una lunga occhiata a Lily, che arrossì sotto il suo sguardo, e uscì.

***

Albus Silente si aggirava per le strade, passando la mano sulla lunga barba bianca. Il sole era tramontato da un pezzo, quando finalmente arrivò. Diagon Alley brillava sotto la luce delle stelle e le ombre si allungavano attorno ai pali della luce. Silente prese dalla tasca un oggetto simile ad un accendino, lo fece scattare e immediatamente tutte le lanterne si spensero. Il buio aveva inghiottito tutto, ma il preside era come una stella che brillava di luce propria, irradiando potere. Sentì dei passi alle sue spalle e sorrise, tristemente.

-Pensavo che non saresti venuto.- disse. L'uomo alle sue spalle restò impassibile.

-Mi hai convocato, Albus. Non ho molto tempo.- Il preside finalmente si voltò, osservando il volto dell'uomo. Aveva ancora gli stessi occhi luminosi e indecifrabili. Non aveva mai trovato altro aggettivo per definirli, se non fieri. Guardò l'uomo che un tempo era stato suo amico, suo alleato e infine suo nemico.

-Non sei veramente qui, non puoi lasciare la tua prigione da quando ti ho battuto.- concluse. Lui annuì.

-Ci sei arrivato, alla fine. Come posso aiutarti?-

Silente ignorò il tono beffardo.

-Ho bisogno di sapere se c'è un modo per ucciderlo.- sibilò.

L'uomo rise. -Lo sai già, Albus. Lui è invulnerabile. Ucciderà tutti. Anche te, alla fine.-

-Tutti hanno un punto debole!- rispose Silente.

-È il Mago Oscuro più potente di tutti i tempi. Non ha niente da perdere e tu non hai niente da offrirgli.-

Stavolta fu Silente a ridere.

-Eppure io ti ho battuto.-

L'uomo assunse un'espressione dura e studiata.

-Ma non puoi battere lui. Non è la tua battaglia! E chissà per quale motivo, tu lo sapevi già.-

-Posso rallentarlo.-

-Cosa ti fa pensare di essere migliore di lui? Anche tu, un tempo, avresti ucciso tutti per il potere. E magari, lo faresti ancora. Sei come me.- L'uomo aveva un tono freddo, come se stesse calcolando il modo migliore per infliggere dolore con le parole. Però era esattamente quello che Silente si aspettava. Sorrise.

-Ti sbagli. Su una cosa eravamo uguali: avevamo la possibilità di scegliere. Ma per la stessa ragione eravamo diversi. Io ho scelto la luce, tu hai scelto le tenebre.-

Neanche l'uomo sembrava sorpreso.

-Perché mi hai convocato, Albus?-

-Per chiederti di scegliere quello che non hai scelto anni fa.-

L'uomo si voltò, nascondendosi nell'ombra. -Chi ha vissuto per tanto tempo nelle tenebre, non ha nulla a che fare con la luce.-

-Ti sto chiedendo di aiutarmi. Me lo devi.-

Lui lo guardò. Gli anni che erano passati si annullarono, ritornarono per un attimo ad essere due ragazzi pieni di sogni. Due amici. Poi l'uomo chiuse gli occhi.

-Addio, Albus.- Disse, svanendo in una nube dorata. Silente chiuse gli occhi, ignorando il dolore che non provava da anni. Sentì la risata di una bambina, nei suoi ricordi più remoti. Una bambina debole, innocente. E poi, per la seconda volta in una vita, il suo cuore venne deluso, dalla stessa persona. Aprì gli occhi, così come aveva fatto un tempo. E ripeté le stesse parole allo stesso vuoto.

-Arrivederci, Gellert.-

Solemnly SwearDove le storie prendono vita. Scoprilo ora