capitolo uno - Ciao piccola Lee.

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È un'officina di sensi di colpa che lavora a pieno ritmo.

(Fabio volo)


La punta dello spillo rubato a sua madre bucò la pelle candida del dito della bambina. Non un gemito, non un lamento di dolore. Alzò lo sguardo in quello speciale della ragazzina che sedeva di fronte a lui, che porgeva fiduciosa la sua manina. Lo sguardo di Lee l'aveva sempre ammaliato. Due piccoli occhi. Uno azzurro, l'altro verde. Uno sguardo che raramente trovi in giro, ma lei era unica ed era sua. La sua sorellina, la sua amica, la sua dolce metà. Si, era sicuro già da così piccolo che quella bambina sarebbe stata la sua sposa, un giorno. Lee lo guardò in modo divertito ma al tempo stesso dolce, prese lo spillo tra le sue mani, la sua mano e gli bucò il dito facendo uscire una goccia di sangue. 

«Muoviti, sennò si asciuga!» esclamò la bambina, porgendo il suo dito appena punto. Harry mise il suo sopra, stringendo il ditino di Lee con il pollice, bloccando così il loro patto. 

«Patto congelato! Siamo fratelli di sangue, Lee!» esclamò il piccolo Harry, con un sorriso dolce disegnato sulle labbra perfette. 

«Non mi fai paura, bamboccio!» Bamboccio, era l'unica che poteva chiamarlo così. Con gli altri si arrabbiava, ma lei lo diceva con un tono di voce così dolce che si capiva lontano un miglio che non era detto in modo offensivo. Si tolsero dalla presa delle due dita, poi Harry le tirò una treccia.

«La smetti? Mi innervosisci, stupido!» sbottò la bionda, guardandolo male. 

«Continuo perché ora sei mia sorella. E io a mia sorella tiro i capelli, e non si è mai lamentata!» sussurrò, alzando il nasino con fare saccente. Lee lo guardò male, per poi saltargli addosso, per picchiarlo. La risata dolce di Harry invase il parco innevato, mentre si rotolava nella neve con la sua nuova sorella. Quando finirono di rotolarsi giù dalla discesa, rimasero abbracciati in quell'abbraccio fraterno. Harry prese a giocare con i capelli biondi della sua amica, che si accoccolò tra le sue braccia. 

«Non mi lascerai mai, vero Lee?» 

«Mai.» 

Si svegliò grondando di sudore, sentiva la gabbia toracica troppo stretta tanto da non farlo respirare, e gli occhi pieni di lacrime che raramente versava. Ansimando si asciugò la fronte con la mano, guardandosi intorno e cercando di calmare il suo respiro, per tornare a respirare in modo normale. Louis, seduto sul letto al suo fianco lo guardava tra il preoccupato e l'incredulo. Si rispecchiò nello sguardo azzurro del suo migliore amico, e capì perché di quella reazione. Stava piangendo in modo silenzioso. 

«Harry?» Annuì, asciugandosi gli occhi azzurri con le mani, poi si ributtò tra i cuscini. Louis si girò a guardarlo. «Che giorno è oggi, Louis?»domandò, poco dopo. 

«Il 13 settembre, perché?» chiese di rimando, cercando di capire il perché di quella domanda così poco ovvia, in un momento come quello. Perché? Perché ogni volta che era il 13 settembre lui sognava sempre quella scena? Perché? Perché non riusciva a dimenticare? Il 13 settembre di dieci anni prima. Erano già passati dieci anni, incredibile. E lui ancora piangeva quando quel sogno, ogni notte del tra il 12 e il 13 di settembre, tornava a popolare i suoi incubi.

«Niente. Va tutto bene Lou, torna a dormire!» cercò di sorridere, ma con ben poco successo. «Harry... Sai che se hai bisogno io ci sono, vero?» annuì, guardando il suo migliore amico con una dolcezza impressionante. 

«Si, lo so! E ti ringrazio...» lo vide guardarlo, per poi annuire, spegnere la luce sul comodino e tornare a stendersi. Harry si abituò presto al buio che poco prima aveva invaso la stanza, e riuscì addirittura a guardare il soffitto della sua stanza. Sua.. Ancora per poco, almeno.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 10, 2015 ⏰

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