Nota D'autore: La Storia è già stata completata, verrà pubblicata in capitoli a cadenza settimanale (salvo imprevisti). Ringrazio in anticipo chiunque la leggerà e lascerà una recensione. Buona lettura!
Introduzione.
La depressione assume svariate forme, c'è chi la descrive come un'elegante signora simile alla morte, che ti desta dalla tua vita semplice e ti conduce in un sonno tormentato. C'è chi la descrive come una bestia, che stà presente ogni giorno e si poggia sul tuo petto, allungando le sue mani al tuo collo e soffocandoti. Le descrizioni variano di forma e colore, sensazioni e percezioni, la mia si riduce a un bambino troppo piccolo, i pantaloni del pigiama zuppi di urina, le ginocchie magre che tremano e sbattono tra di loro, le mani poggiate sulla superficie della porta ruvida, gli occhi spalancati ad osservare dalla fessura il grosso e baffuto mostro che lo afferra per i capelli e lo alza da terra. Le piccole dita dei piedi che sfiorano il pavimento freddo, il corpo rigido e tremante, il volto un passo dal grosso grasso uomo. L'alito del mostro sempre pesante, la bocca grande che come fauci di una belva affamata si spalanca davanti a quel bambino che cerca di guardare altrove, pensare ad altrove. Un mondo diverso, un mondo privo di grida, un mondo dove può stare bene e non piangere. La mia depressione è un bambino che ancora non sa cosa significa essere amato, com'è il volto dell'amata madre, non ha neanche un ricordo di lei e ne un racconto sincero su di lei. Privato della sua identità e della sua stessa esistenza.
Il grande mostro urla sempre al bambino: "Ricorda, il patto è che tu non esisti". E il bambino annuisce, il naso gocciolante di muco, gli occhi gonfi e doloranti e la vista annebbiata dal pianto. Un sibilo di fiato gli è concesso, oltre significherebbe essere divorati. Vorrei che il bambino non esistesse più, che riesca a crescere e rialzarsi, che riesca a stare bene o che almeno muoia rannicchiato su quel letto sudaticcio e grigio, in quella piccola e stretta stanza angusta che sa di stantio. Che cessi di esistere, così che il mio petto smetta di pesare, che l'aria non inizi a mancare. Sembra sempre che non basti, come se non fosse sufficiente, quel bambino me ne priva ogni giorno.
Ho cercato di tenerlo nascosto anche da più piccolo mettendo la facciata da ragazzo coraggioso, compiendo azioni anche sconsiderate ma la guerra aveva fatto tornare quel bambino a essere più rumoroso, quel mostro bussava ogni sera alla mia porta e sembrava non smettere. Le grosse mani battevano sul telaio, la voce rauca rimbombava per la piccola stanza e il corpicino del bambino era stretto intorno alle grigie lenzuola e tremava, la voce sempre come un sibilo invocava la mamma. La mamma, una figura a lui sconosciuta e priva di volto. Allora invocava il papà, ma anche lui non esisteva e non aveva idea di come fosse fatto. E allora invocava la morte, sperando che almeno lei lo ascoltasse. Invocava qualsiasi cosa potesse cessare tutto questo ed io avrei voluto dare ascolto a quel bambino, avrei preso piacevolmente il suo collo e stretto tra le mani. Eppure sembrava continuare a vivere, nonostante tutto, nonostante la persona che conobbi sembrò placare il suo pianto.
…
Capitolo 1
La mia vita dopo la guerra non era migliorata, dopo aver affrontato svariati lutti dovetti sopportare anche il divorzio. Ginny sembrava sempre stanca, ormai non sapeva come comportarsi con me, poggiava la testa tra le mani lasciando scorrere le dita lungo i capelli ramati tirandoli appena, e dopo un lungo sospiro: "Che cosa dovrei fare Harry? Cosa posso fare?". E i suoi occhi castani sì puntavano su di me, cercando una risposta che non sapevo dare e così risposi semplicemente: "divorziamo". Era l'unica soluzione, per amore non potevo pretendere di meglio per lei che starmi lontana ed essere felice. E così per un breve periodo di tempo, mentre ero rinchiuso in casa piangendo per la separazione, si alternavano Hermione e Ron, e così di nuovo la scena si ripeté. Ron e Hermione seduti intorno al tavolo della cucina, un volto stanco e ormai emaciato, gli occhi spenti e puntati su di me, la stessa domanda posta dopo un lungo sospiro: "Che cosa dovremmo fare Harry? Cosa possiamo fare?" e di nuovo li guardavo, non conoscendo la risposta che non sapevo neanche dare a me stesso, rispondendo loro allora con un sorriso: "forse dovrei andare da un professionista". Un sorriso apparve sul loro viso, sgargiante e speranzoso. Eppure ve lo giuro, le gambe tremavano e il bambino scalpitava e prendeva a calci quella porta, ma la porta non si apriva, la porta non andava minimamente giù. Era troppo piccolo, le sue piccole mani non riuscivano neanche a fare abbastanza rumore per farsi sentire e farsi aprire.
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Il lento decadimento dei sentimenti - Drarry
FanfictionNon avevamo molto da dirci, passeggiavamo in silenzio e se solo qualcuno mi avesse detto che in futuro mi sarei ritrovato a passeggiare lungo le vie babbane con Malfoy, gli avrei consigliato di farsi ricoverare al San Mungo. Eppure eccoci qui, nonos...