2. Châteauneuf-du- pape ² ⁄ ₂

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Betato da MC_Peregrine

CHÂTEAUNEUF-DU-PAPE

La pineta era una bocca, una bocca grande che inghiottiva e ingeriva chi ne varcava le labbra - oltre i confini dentali, a sopravvivere erano coloro che i sentieri conoscevano a memoria

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La pineta era una bocca, una bocca grande che inghiottiva e ingeriva chi ne varcava le labbra - oltre i confini dentali, a sopravvivere erano coloro che i sentieri conoscevano a memoria. Entrambi, Christian e Una, erano nati vicino a quelle guance piene e avevano iniziato il loro percorso di scoperta anni addietro. Erano stati catturati, masticati e ingoiati, e ora si trovavano nello stomaco. Vittime in attesa, vittime di un'attesa lunga, di una digestione lenta, che li avrebbe dovuti preparare alla vita vera. Sottostare al bruciore degli acidi era una tortura, resistere alle ingiustizie del fato un tormento, e a Una il futuro faceva paura.

Sì, il futuro era lì, a qualche organo di distanza, ma colon dopo colon il timore di ritrovarsi nella merda aumentava. La paura di non riuscire a trovare il coraggio di tapparsi il naso e di voltarsi e andare via era una paura reale, se il coraggio le fosse mancato, la merda l'avrebbe presa e appiccicata al suolo, diventando un tutt'uno col terreno, con la pineta, con quella gente, con quella città. Brutalità, attesa, torpore, rilascio, allontanamento. Era un ciclo letale che doveva essere interrotto. Non avrebbe fatto la fine dei suoi genitori, non avrebbe annaspato tra la puzza di merda finché non avrebbe smesso di puzzare, non si sarebbe arresa. Un giorno, Una e Christian, mano nella mano, avrebbero lasciato quella pineta, senza guardarsi più indietro.

In quel momento, invece, ci entravano a passo svelto, un po' ubriachi e lievemente barcollanti. Gli alberi parvero sorridere d'orgoglio al loro ingresso, gonfiando le chiome tanto quanto il petto di Una, che rispecchiava il ritmo dei suoi polmoni affannati.

Il sole era in punta di piedi, quasi pronto a tuffarsi dietro la linea degli alberi, dritto nel blu della notte. I rami sembravano inseguirlo, non volevano dire addio alle sfumature rossastre del cielo nuvoloso, non volevano concedersi al freddo delle ombre solitarie. La venuta del buio non le dispiaceva, con esso era più facile ignorare l'esistenza di una miriade di insetti che l'avrebbero terrorizzata al minimo movimento.

Gli alberi li squadravano da capo a piedi. "Benvenuti nel labirinto," frusciavano le foglie, e ogni folata di vento le faceva girare la testa. Qualche ora prima aveva iniziato a piovere e per poco non avevano dovuto annullare la festa. L'odore di pioggia aleggiava ancora nell'aria e l'umidità le stava facendo rimpiangere di non aver indossato un cappotto più pesante invece del giubbotto di pelle.

"Perché mi hai messa in questa situazione?" chiese Una, rompendo il silenzio.

"Zitta e tira..."

"Ti odio, ti detesto, ti vorrei-"

"Che sfaccimm!" sbottò Christian, lasciando cadere la carriola che stavano trasportando.

Una lo guardò a bocca aperta, allibita, mentre cercava di trascinare la carriola da sola, ma ebbe difficoltà a tenerla in equilibrio e dopo qualche secondo anche lei lasciò andare i manubri in un moto di stizza.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 05, 2022 ⏰

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