Una barchetta ed un ruscello

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Mi sento spaesata, persa e ferma con le vele mogie per l'assenza di vento, galleggiante e nell'ascolto del dondolio della sola acqua che mi tiene sollevata. Fisso il vuoto nebbioso senza sapere cosa fare né dove andare.

Cerco una risposta. Calma -mi ripeto- andrà tutto bene.
La pace esterna contrasta il caos interno dell'anima che vaga imprigionata senza sapere l'itinerario da compiere.
Decido comunque di passare all'azione e di tentare, magari cambiando solo strategia; cerco il vento e tiro le vele della piccola barchetta di soli sedici anni, che ha da poco lasciato il suo porto d'infanzia per vagare alla scoperta di mondi nuovi proprio come aveva sognato.

Lo cerco ma lui non sembra arrivare, vorrei tanto aiuto. Zefiro dove sei?

Fissò il cielo per calmare la gola che pulsa per il grido che vorrebbe emanare. Respira. Mi guardo indietro ricordando ciò che ero e che desideravo essere: una ragazza grande piena di sogni da realizzare, con un camice bianco e una penna nel taschino destro.
Ma ho paura e credo di non farcela. È troppo grande per me. Non è vero ce la fai.
Magari la barca ha un problema: che sia entrata acqua? Che il legno non sia adatto a questo mare? Che le vele non siano abbastanza grandi?
Tutto intorno si fa più scuro e sfocato come fosse un incubo, l'acqua si macchia di nero come il petrolio e tutto vacilla, è instabile. Che fare ora?
Mi sento tremare esalando un sospiro, mi acquatto e chiudo gli occhi ma non vedo nient'altro che scuro. Percepisco di essere una stella che, anziché esplodere nella bellezza della supernova, si lascia morire spegnendosi, a poco a poco...lentamente ma muore.
Vorrei reagire, ma forse è più facile lasciarsi divorare dal mare e dalla tempesta. Potrebbe far male ma sarà solo all'inizio, una volta che si è fatti colpire dal pericolo il dolore fisico passa (appunto...quello fisico).
È la paura che parla e sta prendendo possesso di me, composta da anima, corpo e mente. Che dire della mente? Quell'elemento contorto che non sembra essere in grado di porre una misura in questo mare.

Di soprassalto arriva: Zefiro, così come lo immaginavo, colui che tutto scuote e tutto rasserena. Mi risveglio dal sonno e sento qualcosa che riluce dentro, come una scintilla provocata da uno acciarino nel tentativo di creare quel grande fuoco che avrebbe sfiammato poco tempo dopo. È lì di fronte a me, d'un verde penetrante e misterioso, quasi forte e inquietante, ma basta avere l'occhio attento dell'osservatore per capire che c'è tutt'altro al di là di quella buia foresta di pini.

C'è un prato, affiancato da un ruscello incorniciato da alti alberi che ombreggiano il terreno. L'acqua scorre come pensieri, levigando i sassi spigolosi per non sentire dolore al loro contatto. Il mio vestito bianco inverno tocca dolcemente l'erba, piegandola in un'altra direzione per poi lasciarla andare ritornando verso il cielo coperto da foglie d'un color cangiante. È fresca e morbida sotto il piede tanto da provocare piacere.

Sento il dolce odore della corteccia e del muschio fresco le foglie, colorate d'Autunno, che vegliano sul terreno.
Sento un respiro venire dal petto, un tapiro di mare, e quando riapri gli occhi non ho coscienza di cosa stia facendo o di dove debba andare, ma ciò non mi importa perché ora ho di nuovo la forza di spiegare le vele nella direzione in cui Zefiro ditta sapendo che seguire l'istinto (al momento) è la cosa migliore.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 01, 2022 ⏰

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