Chapter 1•

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Era il giorno del mio diciassettesimo compleanno quando per la prima volta, dopo un lungo periodo di tempo, il telefono squillò per me.
<<Kristal, tesoro scendi, cè una persona che desidera parlarti>>.
Mi strofinai gli occhi e sbadigliando mi alzai dal letto , infilando i piedi in un paio di pantofole pelose, che avrebbero dovuto proteggermi dall'aria fredda che regnava in quella casa.
Mi trascinai in salotto scendendo ogni gradino a passo lento, e a malavoglia raggiunsi nonna Meredith.
<<Buon giorno cara>>disse con un filo di voce rauca <<Questo è per te>> mi pose il telefono tra le mani e allungandomi una carezza si dileguò in cucina.
<<pronto?>> <<Kristal!>>urlò la voce proveniente dall'altra parte della cornetta.
<<papà!>>gridai entusiasta. Erano mesi che non si faceva sentire, e la sua voce cominciava a mancarmi. Qualche volta accogliendo i miei pensieri più profondi, mi domandavo se mio padre mi avesse voluto bene davvero.
<<auguri tesoro, sei una donna ormai!>> affermò ridacchiando. <<Grazie papà!>> La conversazione si dilungò ed intraprendemmo discorsi più seri.
Dopo una lunga mezzora di comunicazione, tornò a far visita alla mia mente quella domanda che ogni volta metteva a disagio mio padre.
Mi feci coraggio e tutto d'un fiato chiesi quando sarebbe giunta l'ora di tornare a vivere con lui.
Erano passati cinque anni da quando vidi per l'ultima volta il suo volto. La sua voce si faceva sentire di rado insieme a quella di Pattie e Justin. I primi mesi passati qui, a casa di nonna Meredith, furono decisamente terrificanti. Non passava giorno in cui io non versassi lacrime amare sulla fodera del mio cuscino. Ero sola, neanche le parole del mio amato fratellastro potevano consolarmi poiché lui era distante centinaia di kilometri. Chiesi più e più volte alla nonna il permesso di poter utilizzare il suo telefono, ma mi fu proibito aver contatti con ciò che lei definiva 'il mio passato'.
Dicevano tutti che era per il mio bene, ma mi domandavo come potesse essere bene piangere ogni giorno per il grosso dolore. Avevo appena compiuto 12 anni quando mio padre in un certo senso mi abbandonò. Da quel momento nacque dentro di me una domanda che ancora oggi confonde i miei pensieri. 'perché?' Avevo perso quella donna che per nove mesi mi aveva tenuta in grembo , ero stata costretta a condividere la casa con degli sconosciuti quando avevo solo tre anni, e una volta cresciuta ,i compagni di scuola mi deridevano per ciò che mi era capitato. Io ero colei che era diversa. Non era già abbastanza? Perché mio padre consapevole della mia storia decise di causarmi altro dolore separandomi dalla mia famiglia? Qual era il senso? Perché non potevo tornare?
Era forse infastidito dalla mia presenza?
Dovevo ammettere che questi cinque anni, esclusi i primi mesi, erano stati piuttosto tranquilli, e al contrario delle mie aspettative, vivere con la nonna materna non si era rivelato poi così male. Quella donna dai capelli bianchi e dal viso asciutto, era stata in grado di donarmi tutto quell'amore che mi era stato strappato dalle mani di Dio quando ero solo una bambina.
Mi ero creata nuove amicizie e all' 'High School' di Stratford nessuno aveva mai osato giudicarmi per il mio passato.
Non ostante questo, il desiderio più intenso che avevo era quello di poter riabbracciare mio padre , di poter correre tra le braccia di Justin e raccontargli l'esperienza vissuta, quello di poter trascorrere nuovamente ogni giorno della mia vita insieme a quella famigliola stramba. Amavo la nonna, ma non potevo dimenticare ciò che era saputo essere il mio destino. Se pur triste era con esso che ero cresciuta.
<<presto>>affermò deciso mio padre <<questa volta è una promessa>>.
In pochi istanti tutto ciò che mi circondava si fece sfocato a causa delle lacrime che prendevano vita dai miei occhi verdi. Mi sentivo felice e per la prima volta potevo affermare di esserlo davvero.

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