i.

28 2 0
                                    

Quando fuggirò lontano dal mondo e mi rifugerò ai piedi di un'abbazia abbandonata, nel mezzo di boschi di paesi desolati di cui s'ignora il nome, mi lascerò baciare il viso dalle gocce di pioggia, i piedi dalla limpida rugiada mattutina, e danzerò al suono di tuoni in lontananza che cantano il lutto presso chi non sa dove io sia, né che fine mi abbia accolta.
Parlerò allo spettrale disco argenteo che, nelle notti di novilunio, ci resta oscuro pur osservandoci, che ascolta i nostri pianti e ci consola con presagi gentili; il vento cullerà le mie parole e, piano, le porterà fino a te, al tuo orecchio che per tanto tempo si è finto sordo: ti racconteranno di paesaggi che non sai e udirai suoni che mai più ascolterai, ti reciteranno tutte le dolci e velate poesie che avrei voluto consegnarti, tutto il mio amore impregnato di dolore, e ti sarà atroce non potergli sfuggire. Chinerai il capo alla vista dei sentieri luminosi che ti indicano come arrivare a me, ma tu – codardo – preferirai mascherare la mia mancanza con una falsa indifferenza.
Credi d'aver vinto il ricordo di me ma quando tornerai, solo, al lago d'infanzia, i salici piangeranno il mio nome e ondeggeranno per additarti e spingerti lontano, verso il riflesso d'acqua che specchia la tua crudeltà, dove non potrai che inginocchiarti e supplicare che il mio cuore ti perdoni.
Ti apparirò in sogno: vedrai la cascata e la mia nuda schiena graffiata dalle belve, sopravvissuta alle lacerazioni di una notte interminabile che – stanca e arresa – chiederà asilo tra le tue braccia, implorerà carezze delicate e soffici baci; i miei occhi si fisseranno nei tuoi, opachi, e non aleggerà altro nell'aria che la pesantezza del tuo respiro, unito il frastuono dei miei indicibili desideri. La mia voce, unita alla tua attenzione, litania della disperazione, il mio sacro cuore si è lasciato dilaniare prima dal tuo sprezzante silenzio, poi dalle tue affilate parole, e sanguinavo. La meschinità del sangue opera in me come il sapore del Sacro presso gli antichi, reca in sé i segni del paradosso, poiché paradossale è la sua stessa realtà. Repulsione ridicola e fatale attrazione: infila la lama dentro di me, ancora, ma non troppo; ghigna pure alla vista delle purpuree gocce che macchiano la candida veste, ma lambiscile – appartengono a te solo.

martyr amorisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora