come on baby, come

1.7K 151 103
                                    

L'intera classe è entusiasta per la gita del quarto anno che si terrà a Praga. Manuel però è forse il più emozionato, dato che Dante ha appena letto loro la disposizione delle camere e lui e Simone sono stati casualmente assegnati alla stessa stanza, da soli.

Sta letteralmente contando i giorni che lo separano dalla partenza perché quella gita gli fornirà una scusa per stare appiccicato a Simone ventiquattr'ore su ventiquattro.

Dall'inizio del quarto anno infatti, il più piccolo si è significativamente allontanato da lui, giustificando il suo comportamento dicendo che passare troppo tempo con la persona di cui è innamorato lo stava distruggendo, ma il problema di Manuel è che circa una settimana dopo, aveva capito di essere lui quello innamorato, ormai.

L'aveva capito a causa delle notti insonni, dei pomeriggi senza Simone che sembravano improvvisamente vuoti e privi di senso, e dal fastidio all'altezza dello stomaco che avvertiva ogniqualvolta l'amico si trovava nei suoi paraggi, sorridendo.

Ovviamente non ha mai avuto il coraggio di dichiararsi, né tantomeno di semplicemente parlargli, esprimere i suoi dubbi, per cui quella gita rappresenta per lui un'opportunità di cambiare le cose tra loro.

Dante raccomanda a tutti di comportarsi responsabilmente prima di partire, persino in aeroporto continua a ripetere all'intera classe una sfilza di raccomandazioni che è quasi certo nessuno seguirà, ma Manuel è troppo impegnato a guardare suo figlio che gioca con la spallina dello zaino, per poterlo ascoltare.

In aereo gli stringe la mano, ché ha paura e Simone è l'unica persona in grado di fargli dimenticare ogni brutto pensiero, e sorprendentemente l'altro ricambia la stretta.

«Hai paura?» gli chiede anche e lui, di fronte a qualsiasi altra persona, avrebbe negato, ma al fianco di Simone semplicemente poggia la testa sulla sua spalla, annuendo.

Le loro mani si separano solo quando, una volta in piedi, devono scendere dall'aereo, giunti finalmente nella capitale ceca.

Però poi gliel'afferra di nuovo, quando scendono dal bus e devono camminare fino all'albergo, perché dell'aereo ha avuto paura Manuel, ma di stare senza Simone ne ha ancora di più.

Si guadagna un'occhiata perplessa.

«Manuel.»
«Dimme.»
«Lo sai che mi stai tenendo la mano?»

Il viso di Simone è rosso di imbarazzo.

«Sì.»
«E lo sai che potrebbero pensare che...»

Che stiamo insieme. Vorrebbe dire Simone. Non ha il coraggio.

«Non me frega niente de quello che pensano gli altri Simò.» chiarisce allora Manuel.

E quando raggiungono la loro stanza sono incredibilmente vicini, tanto che lui riesce a sentire il respiro di Simone, alle sue spalle, sul suo collo.

Il suo, di respiro, gli si mozza in gola, ché vorrebbe prenderlo e baciarlo e non lasciarlo mai più andare proprio in quel momento, sbattendolo anche con poca grazia alla porta di quella camera della quale non ha assimilato neppure il più eclatante dettaglio, tanto impegnato è a scrutare i lineamenti dell'altro.

Glielo direbbe che è bellissimo e che non solo gli ha stravolto ogni certezza riguardo la sua identità, gli ha stravolto tutta la vita e lui non potrebbe esserne più felice, però gli manca ancora il coraggio.

Lo costruisce pian piano, in quei cinque giorni.

Lo scorge nelle loro mani unite in una salda stretta ogni volta che escono dall'albergo. Lo scorge negli occhioni di Simone che lo guardano come fosse pazzo e al contempo la cosa più preziosa della terra quando gli bacia una guancia di fronte ad un'opera di Van Gogh alla Galleria Nazionale sussurrando un timido «te sei più bello.» che lo fa arrossire violentemente.

Love me in CzechDove le storie prendono vita. Scoprilo ora