Parte 1

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Appena l'aria fredda di Manchester lo colpì fuori dalla stazione, sentì come se tutta la stanchezza di quegli ultimi giorni fosse scemata via.

L'ultimo esame sostenuto appena il giorno prima (come se fosse legale farlo il 23 dicembre) lo aveva stressato all'inverosimile ed era ben visibile attraverso il suo aspetto; delle profonde occhiaie contornavano i suoi occhi blu e la barba era cresciuta più del dovuto, considerando quanto la odiasse, soprattutto quando prudeva a contatto con i suoi immensi sciarponi di lana. Come stava accadendo in quel momento.

Si annotó di radersi non appena fosse arrivato a casa.

Casa.

Gli mancava da morire quella casa grande e rumorosa e tutti i suoi componenti. Sorrise tra sé e sé, pregustandosi già mentalmente quella breve vacanza natalizia, quando scorse l'utilitaria bianca di Mark, fermo dall'altro lato della strada in sua attesa. Affrettó i suoi passi come meglio poté, avendo fretta di riabbracciare suo padre.

Infatti «Ciao papà!» urlò, prima di saltargli letteralmente addosso.

«Louis, ti ricordo che hai 21 anni, hai intenzione di uccidermi?» lo prese in giro l'uomo che lo aveva adottato anni e anni prima, felice di rivedere il suo unico figlio maschio.

«Ma se sono piccolo piccolo!» ribatté, scendendo dalle sue spalle, per poter dirigersi in macchina prima di congelare sul serio. Quella mattina il cielo era abbastanza bianco, ma non aveva ancora nevicato. Il che era stato un bene, perché aveva avuto paura che i trasporti si sarebbero bloccati per via del maltempo e, di conseguenza, anche lui sarebbe rimasto disperso chissà dove.

«Piccolo un accidente! Hai il culo più grande dell'intero Yorkshire, e solo quello è capace di procurarmi diverse ernie, sai? Sono anziano, io.» scherzó ancora il più grande, pizzicando una sua coscia. «Buon compleanno, pulce.» concluse, riservandogli un sorriso carico d'amore.

«Grazie papà.» rispose il più piccolo, felice come una Pasqua. Quella breve vacanza era iniziata nel migliore dei modi.

***

Quella vacanza era iniziata nel peggiore dei modi non appena aveva visto sua sorella Lottie apparecchiare il tavolo del salone per undici persone.

«Lottie, capisco che la matematica non sia il tuo forte, ma, a meno che mamma non mi abbia nascosto altre quattro gravidanze, siamo ancora sette in famiglia.» le fece notare, arricciando il nasino come ogni volta che fosse in disappunto, il volto finalmente liscio e di un colore più roseo, le guance ancora arrossate per via del caldo vapore in cui era avvolto il bagno.

«Abbiamo ospiti, mamma non te l'ha detto?» lo informò sua sorella, scocciata. In realtà era felicissima che Louis fosse riuscito a tornare, non a caso non aveva smesso di sbaciucchiarlo sulle guance per i cinque minuti successivi al suo ingresso in casa. Semplicemente non voleva dare lei la grande notizia a suo fratello. Non voleva subire la sua ira funesta per qualcosa di cui non aveva alcuna colpa. Perciò, quando il liscio scosse la testa per dirle di no, lei alzò le spalle, correndo a nascondersi in cucina.

«Lots, chi abbiamo a cena?» chiese allora, sospettoso, trascinando i suoi piedi stretti in delle ridicole babucce a forma di renna verso la stessa stanza in cui era sparita sua sorella, trovandoci Jay, indaffarata a lavare le tazze usate per il thè di quella stessa mattina. «Mamma, chi abbiamo a cena?» domandò allora, rivolgendosi alla donna che tentennó un attimo, prima di rispondere «Gli Styles.» senza alcun tono in particolare, come se non avesse appena sganciato una bomba a mano.

«Cosa?!» urlò Louis in modo davvero poco virile appena realizzó. Si schiarì la voce davanti lo sguardo poco convinto di sua madre e ripeté «Cosa?!» in un tono più pacato, chiudendo gli occhi in due fessure minacciose. Che poi non facesse paura a nessuno, quella era un'altra storia.

About chocolate, cinnamon and letters to Santa Claus || L.S. Repost Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora