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Erano passati dieci giorni dal mio primo giorno di scuola e più passavo il tempo con loro, più mi rendevo conto di quello di cui mi ero privata in tutti questi anni. Mio padre era felice del suo lavoro e di come si trovasse con i suoi colleghi, tanto che spesso la sera si fermavano in qualche bar. Non credo di averlo mai visto appagato come lo era adesso.
Sospirai appoggiando la testa sul banco mentre rivolgevo il mio sguardo fuori: eravamo ancora immersi nel rosa dei fiori di ciliegio che rendevano i paesaggi e le giornate a scuola meno cupe.
In questi giorni avevamo creato un piccolo gruppo di studio in classe che mi agevolava parecchio, essendo comunque non completamente al passo con loro e, invece, con il club di recitazione passavamo il pomeriggio a leggere i vari canti e preparare con molta calma i costumi di quelli che sarebbero stati i personaggi principali.
"Santoro-chan, andiamo a pranzare?" mi chiese Hashimoto non appena suonò la campanella.
"Sì, devo andare prima al bagno. Ci troviamo lì?"
Lei annuì.
Mi incamminai verso il bagno, che si trovava sempre al secondo piano, quando mi imbattei in Nakagawa.
"Santoro-san, finalmente riesco a trovarti senza qualcuno che ti ronza intorno. Ti va di pranzare insieme?" mi chiese aprendomi il suo solito sorriso.
"Pranzo con la mia classe, mi dispiace. Ci vediamo dopo al club."
Stavo per superarlo quando mi bloccò mettendomi una mano sulla spalla.
"Se non fosse stato per te, non avremmo mai avuto un'idea così rivoluzionaria. Grazie davvero."
Sentii le guance scaldarsi nel vedere Nakagawa così serio, ma al contempo grato. Di solito era un tipo sempre così esuberante e la serietà non sembrava far parte del suo carattere, ma in quel momento sembrò quasi un uomo con quell'espressione in volto.
Gli sorrisi sinceramente e ripresi il mio cammino.
Il bagno delle ragazze si trovava alla fine dell'immenso corridoio girando a destra.
Effettivamente poteva sembrare un po' isolato, ma in realtà c'erano delle classi là vicino, da cui tre ragazzi di media altezza sostavano sullo stipite di una delle varie porte squadrandomi.
Non me ne curai lì sul momento. Era una cosa che facevano tutti in quella scuola, come se non potessero mai abituarsi alla mia visione.
Entrai nel bagno per sciacquarmi il viso, dato che mi sentivo parecchio stanca, ma quando uscii ritrovai i tre ragazzi di prima proprio di fronte, poggiati sulle finestre alle loro spalle.
"Nova Santoro, giusto?" chiese quello più piazzato dei tre, facendo un passo in avanti. Sentii un brivido percorrermi la spina dorsale e d'istinto presi a camminare verso sinistra per andarmene.
"Ehi, ehi, aspetta" parlò sempre lo stesso parandosi di fronte. In pochi secondi mi ritrovai circondata da tutti e tre che mi guardavano con occhi languidi, proprio come un predatore guarda la sua preda.
Nella mia testa stavano girando mille modi per saltargli addosso o per tirargli un calcio nelle parti intime, ma erano tre e nemmeno se avessi voluto sarei riuscita a difendermi.
Fu nel momento in cui alzai lo sguardo su quello più piazzato che iniziarono.
"Abbiamo sentito tante storie sulle ragazze italiane."
"Sappiamo che vi piacciono un certo tipo di cose, no?"
Mentre parlavano continuavo a indietreggiare sempre di più, fino a quando non mi ritrovai con le spalle al muro. Quello di mezzo continuava a giocare con i miei capelli e cercava di toccarmi il viso e il corpo, ma continuavo a scostarmi.
"Perché non metterle in atto? Possiamo divertirci tutti e tre."
A quella frase stavo per iniziare a urlare quando sentii la sua voce.
"Ragazzi, andiamo, davvero volete cadere così in basso per una come lei?"
Quando le mie orecchie sentirono quelle parole, una parte di me voleva lasciarsi cadere a terra e spezzarsi, alimentata poi da quello che ne seguii.
"Insomma, l'avete vista? Capelli che tendono quasi al rosso e chissà cosa nasconde sotto quei vestiti per come si mangia in Italia.".
Mentre i ragazzi si allontanavano, la figura di Tanaka era sempre più nitida: rimaneva lì, a distanza, con le mani infilate nelle tasche come se stesse parlando con dei semplici amici.
"Ha ragione, inutile perdere tempo" disse uno di loro, che fu seguito dagli altri due andandosene.
Mi morsi così forte l'interno della guancia per non scoppiare in lacrime di fronte a lui e per non lasciar davvero cedere le mie gambe. Non lì, non in quel momento.
"Potresti ringraziarmi" disse.
"Ringraziarti? Mi hai appena definito una merce scadente, anzi no, una vera e propria spazzatura" sibilai e senza dargli il tempo di rispondermi mi fiondai di nuovo nel bagno.
Mi tremava tutto il corpo dalla rabbia per essermi sentita così impotente e violata, nonché umiliata da una persona che stavo iniziando a considerare un amico.
Iniziai a respirare affannosamente sentendo ancora le loro mani toccarmi e decisi di lavarmi e sfregarmi con il sapone le mani e il viso, volendo cancellare quelle scene dalla mia testa. Non pensavo che qualcuno si sarebbe spinto a tanto a scuola, discriminandomi come se fossi davvero squallida.
Cacciai un grido di frustrazione, cercando vivamente di non tirare pugni e calci a tutte le porte presenti in quel bagno.
Le parole di Tanaka ancora risuonavano nella mia testa in un loop continuo. Immaginavo come veramente mi vedesse e quanto in fondo potesse inorridirlo la mia vista. Sentii gli occhi inumidirsi e mi tirai uno schiaffo sulla guancia per riprendermi. Quando uscii dal bagno Tanaka era ancora lì.
Inspirai profondamente e gli passai accanto senza degnarlo di uno sguardo, accelerando i miei passi per allontanarmi il prima possibile.
"Santoro-san, fermati" mi richiamò, mentre il rumore dei suoi passi si univano ai miei come sottofondo.
"Santoro-san."
Il suo tono, la seconda volta, mi sembrò più duro.
Girai alla mia destra iniziando a scendere le scale sperando che la smettesse di seguirmi. Volevo arrivare il prima possibile alla mensa e cancellare tutto quello che era successo.
"Nova Santoro!" urlò e mi ritrovai di nuovo contro un muro, stavolta con le sue mani a tenermi ferma dalle spalle. Avevo il suo viso a due palmi dal mio, gli occhi erano completamente aperti e respirava affannosamente.
"Credi davvero che pensassi quelle cose?"
, avrei voluto rispondere, ma rimasi impietrita.
Un sospiro lieve lasciò le sue labbra, così flebile che pensai di essermelo immaginato e, nello stesso tempo, anche le sue mani scivolarono sulle mie braccia fino a cadere. Eravamo ancora vicini, ma lui non accennava a parlare.
"Forse è meglio che io vada" dissi, non sopportando il disagio che si stava creando.
"Ho dovuto dirle. Ho dovuto, capisci?" riprese e poggiò le mani sul muro, proprio ai lati del mio viso.
"Non avrebbero perso interesse nei tuoi confronti e sarebbe potuto accadere di nuovo. E se non ci fossi stato io una prossima volta come avresti fatto?"
Sbarrai gli occhi a quelle parole e in un millesimo di secondo mi ritrovai a versare tutte le lacrime che avevo tenuto fino a quel momento.
Tanaka sospirò ancora e mi chiuse fra le sue braccia accarezzandomi con una dolcezza che non pensavo potesse appartenergli.
"Mi dispiace. Ti assicuro che ne risentiranno delle loro azioni."
Decisi di lasciarmi andare e aggrapparmi completamente a lui per questa volta, sentendo il peso sul petto abbandonarmi lentamente.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 15, 2022 ⏰

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