Capitolo 3

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Ruben ci era rimasto davvero male. Dopo dieci minuti buoni dal disastro era ancora lì, congelato nell'ingresso, e continuava a fissare la porta da dove era uscito Damiano. Possibile che quel ragazzo non lo sopportasse fino a quel punto? Che provasse addirittura disgusto? Oppure era solo arrabbiato perché Irina gli aveva detto che non sarebbe mai stata sua? Era solo odio derivato dall'alcol?

Ancora tanti dubbi gli affollavano la mente quando una voce cristallina lo riportò alla realtà. «Ruben?»

Lentamente girò la testa di lato, vedendo che Irina si stava timidamente avvicinando con un bicchiere in mano.

«Ti ho cercato per tutta casa. Mi è dispiaciuto lasciarti da solo a occuparti di Damiano. Ero così spaventata che non ci ho riflettuto... ma va tutto bene?» gli chiese lei infine, mettendogli una mano sulla spalla e notando la sua faccia bianca.

Il castano non se la sentì di mentirle, quindi scosse appena la testa abbassando lo sguardo. «Io e Damiano abbiamo avuto una discussione.»

La ragazza sospirò sconsolata. «Ti ha detto qualcosa di cattivo?» Gli accarezzò la schiena per confortarlo.

Fece spallucce. «Abbastanza cattivo da farmi stare male.» La testa gli girava vorticosamente e avvertiva crescere dentro di sé la nausea. Davvero Damiano l'aveva insultato? Era una realtà che ancora non riusciva ad accettare appieno.

«Quando è ubriaco fa sempre così. Non credere a ciò che ti dice, non lo pensa davvero.»

«E se invece lo pensasse sul serio?» La sua voce era leggermente incrinata. Di solito, Ruben non si lasciava coinvolgere emotivamente dagli eventi che lo circondavano; e se qualcuno lo insultava, lui si limitava a ignorarlo e a voltare le spalle. Ma con Damiano sembrava proprio non riuscirgli. Gli importava terribilmente del giudizio che aveva su di lui.

Irina rimase in silenzio ma negò con la testa, poi gli domandò: «Dov'è ora Damiano? Non è tornato a casa da solo, vero? È troppo sbronzo per guidare».

Fu come se la ragazza gli avesse buttato addosso una secchiata d'acqua gelida.

La pelle di Ruben si costellò di brividi quando si ricordò che, prima di uscire di casa, il ragazzo si era infilato il casco.

«Ruben? Dov'è Damiano?» Il tono di Irina si era fatto più fermo, assillante, probabilmente pensando anche lei al peggio, visto che l'amico non le rispondeva.

"È colpa mia", si accusò Ruben. Avrebbe dovuto bloccare Damiano e portarlo a casa nonostante la cattiveria che gli aveva rifilato. Colpito dai suoi insulti non era riuscito a svegliarsi in tempo e a fermarlo. «È fuori,» le mentì cercando di essere convincente, «non stava in piedi e gli ho suggerito di aspettarmi in auto. Anche se si è comportato male non possiamo farlo tornare a casa da solo, no? Prima di andarcene volevo salutarti... e scusarmi anche da parte sua.» Con uno sforzo riuscì addirittura a sorridere e a sostenere lo sguardo della bionda. Intanto l'ansia lo stava attanagliando, e per questo aveva le unghie delle mani chiuse a pugno, conficcate nei palmi.

«Oh... bene. Avevo cominciato a pensare che se ne fosse andato in moto!» Irina rise, ignara che la verità fosse di fatto quella. «Allora non ti trattengo oltre. È meglio se lo riporti subito a casa, quando è su di giri è davvero un problema tenerlo a freno. Grazie del disturbo, Ruben.»

Si sporse e abbracciò il castano, che tentava di apparire più calmo possibile. Sperò che lei non si accorgesse di come fosse accelerato il suo battito e di quanto fosse impallidito.

«Grazie di essere venuto alla festa», gli disse Irina mentre si staccava dall'abbraccio.

«Non c'è di che. Ci vediamo lunedì?»

Il mezzosangue - vol 1 Saga Dying to live - ESTRATTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora