Tsukishima

35 3 0
                                    


«Ehi Quattrocchi!» qualcuno lo aveva disturbato già la prima sera del ritiro, mentre percorreva il viale dietro alle palestre appena rischiarato dalla luna. Lui, che invece desiderava solo una doccia rilassante e una dormita, possibilmente di dodici ore, prima di un'altra replica di quegli allenamenti massacranti che avevano affrontato la mattina, si era sentito chiamare da voci sconosciute. Si era costretto a voltarsi dopo l'ennesimo richiamo, quando era ormai chiaro che "Ehi tu del Karasuno", "Biondino" e "Quattrocchi" non potevano che riferirsi a lui, come era ormai chiaro che quei richiami petulanti non si sarebbero mai fermati da soli. Quindi si era girato, sguardo apatico, verso quei tre ragazzi che insistevano ad infastidirlo, così abbandonati sugli stipiti della porta di una delle palestre. «Vi serve qualcosa?» aveva chiesto cortesemente, cercando al contempo di farcire la domanda con quanto più gelo possibile.

«Ci stiamo allenando nelle schiacciate, vieni a farci un po' di muri?» a chiederglielo con quell'insopportabile sorriso sghembo era stato il capitano della Nekoma, Kuroo.

A niente erano serviti i suoi tentativi di declinare l'offerta, perché poi ci si era messo anche quell'esagitato dell'asso della Fukurodani e, sul serio, Tsukishima non era riuscito a trovare una maniera cortese di spiegare che alcune persone preferivano un bel futon allo sgobbare con dei senpai esaltati.

E poi era successo. «Sei un centrale, ti ho visto stamattina e penso che ti farebbe bene allenarti un po' meglio nei muri, non trovi?»

Quel maledetto gattaccio dalla capigliatura improbabile lo aveva provocato. Lui, che faceva della provocazione e dello scherno sua ragion d'essere e suo marchio di fabbrica. Prima che se ne fosse reso conto era in campo, davanti ad un Bokuto che non vedeva l'ora di perforare il suo muro e ad un alzatore che lo guardava fisso e in silenzio in maniera vagamente inquietante.

Era stato snervante, ora che ci ripensava: il capitano della Fukurodani era maledettamente bravo e lui si era ritrovato a faticare parecchio per seguire la traiettoria della schiacciata, sempre troppo veloce e potente per il suo muro. All'ennesima difesa perforata, Tsukishima si era piegato sulle ginocchia un momento per riprendere fiato, quando un'ombra era comparsa ad un lato del suo campo visivo. «Così è facile, Bokuto! E se fosse un muro a due?» aveva esclamato una ormai nota voce dal tono irritante e canzonatorio. «Copri bene la laterale» gli aveva poi sussurrato Kuroo, voltando appena lo sguardo semicoperto dal ciuffo nella sua direzione, con il sorrisetto strafottente stavolta puntato verso l'avversario.

Quella sera Tsukishima aveva faticato a dormire. Quella finta, la copertura totale della parallela e lo spazio volutamente lasciato allo schiacciatore per invitarlo ad una diagonale, il polso dell'asso che ruotava verso destra finendo nella trappola, le mani di Kuroo che scattavano a sinistra, potenti e precise, l'esaltazione di Bokuto che si smorzava, il tonfo deciso della palla che ricadeva beffarda poco oltre ai piedi dell'asso. Qualcosa aveva provocato una scintilla negli occhi dorati del primino del Karasuno, gli aveva fatto fremere i palmi delle mani. Questa era l'esperienza e la potenza del muro di un capitano del terzo anno? Si era chiesto il biondo, rigirandosi nel futon. Ma forse c'era stato anche dell'altro... durante il resto dell'allenamento la presenza del centrale della Nekoma era come...rassicurante. Non era più alto di lui, ma incuteva una solidità in campo e soprattutto a muro, bastava già solo quella a incrinare la volontà di uno schiacciatore, si diceva. Era affidabile, solido, sicuro. Qualcuno su cui poter contare. Ghigno indisponente e capigliatura inverosimile a parte, ovviamente.

Si era deciso ad osservarlo, a studiarlo, a rubare con l'occhio tutto quello che poteva: dopo la sgridata di Tadashi, anche in lui era nato un flebile desiderio di migliorare. Perché perdere faceva schifo, indubbiamente, ma anche perché non poteva lui essere più sfigato di Yamaguchi! Perciò aveva iniziato a partecipare con più interesse agli allenamenti con la squadra, si allenava nell'attacco sincronizzato con i compagni e tentava di non rimanere indietro nella scalata alla collinetta della penitenza. Ovviamente, esternamente si sforzava di mantenere la consueta freddezza e la sua distintiva aria annoiata, mica voleva essere preso come uno dei suoi compagni esaltati!

Ultimo giorno di ritiroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora